Un'uscita in sordina, si parte solo con il cinema Nuovo Aquila di Roma, con la speranza di 'contagiare' altre sale, per un film, Penultimo paesaggio di Fabrizio Ferraro, ambizioso e nettamente diverso dalle proposte cinematografiche correnti, un'opera che rispecchia fedelmente la cifra stilistica di un autore noto per i documentari Je suis Simone (La condition ouvrière) e Malgrado tutto, coraggio Francesco!. Coraggio o incoscienza, il confine è molto sottile, va dunque premiato lo sforzo della Movimento Film nel sostenere questa 'operazione di trincea', come detto dal responsabile, Mario Mazzarotto, frutto degli investimenti, tra gli altri, di Rai Tre - Fuori Orario. E al Nuovo Aquila abbiamo incontrato questa mattina il regista del film e i due interpreti, Luciano Levrone e Simona Rossi, due persone che si incontrano a Parigi, intrecciando una relazione. Chiusi nell'appartamento dell'uomo, i due si trovano a vivere il loro legame in un contesto apparentemente asettico, ma il loro reciproco esplorarsi travalica i confini della casa per estendersi alle strade e alle piazze della Ville Lumière, un città che diventa a sua volta protagonista della pellicola, anche grazie alle splendida colonna sonora che comprende brani di Vivaldi e musiche del trombettista Paolo Fresu.

Come mai hai scelto Parigi come ambientazione del tuo film? Fabrizio Ferraro: In realtà, nonostante l'apparenza internazionale, il film è molto più legato all'Italia di quanto si possa pensare e anche se i protagonisti hanno voglia di dimenticare l'italiano. Ho scelto Parigi perché in un film senza alcun appiglio narrativo, lo sfondo piano piano diventa il contraltare dei personaggi, un protagonista aggiunto. In Parigi lo sviluppo urbanistico della città è legato ai rapporti di classe, alle relazioni interpersonali.

Quanto è stato difficile per voi attori lavorare con un approccio così diverso?
Simona Rossi: Difficilissimo, visto che nessuno dei due è un attore professionista. E' stato come mettersi in gioco, un processo che trasformava tutti e tre. Alla fine siamo noi sulla scena, ma tutti siamo stati coinvolti e se così non fosse stato non ci sarebbe stato quello che si vede.
Luciano Levrone: In questo caso però il merito è tutto del regista.