A Cannes Pedro Almodovar è di casa. Questa è la quinta volta (la quarta in concorso) che vede il regista impegnato a calpestare il red carpet francese con un suo lavoro. Le visite passate sono risultate piuttosto fruttuose. Dopo aver trionfato nel 1999 col bellissimo Tutto su mia madre, il regista spagnolo ha conquistato il premio per la miglior sceneggiatura nel 2006 per Volver - Tornare. Stavolta il regista torna a collaborare con la star Antonio Banderas in una pellicola decisamente anomala per la sua produzione, un disturbante horror incentrato su un chirurgo plastico che rapisce una giovane donna per sperimentare su di lei una nuova pelle sintetica. Cannes accoglie a braccia aperte uno dei suoi autori preferiti, che se le gode sornione, mentre Banderas, spigliato e sorridente, si diverte a intrattenere i fotografi. Ad affiancare il regista sono presenti anche la diva Marisa Paredes, le giovani Elena Anaya, Blanca Suarez e Jan Cornet.
Pedro, come è stato tornare a lavorare con Antonio Banderas dopo vent'anni?
Pedro Almodovar: Non mi sono accorto del tempo che passa. Questo film è la prosecuzione naturale di Legami!. Antonio è sempre il mio ragazzo, solare, divertente, generoso come attore e con me. Il nostro incontro è stato meraviglioso.
Antonio, anche tu credi che Pedro sia sempre lo stesso?
Pedro, la scelta di richiamare Antonio e Marisa in questo film è indice di una continuità del tuo lavoro?
Pedro Almodovar: Quando giro un film ho bisogno di sentirmi in famiglia, però stavolta ho scelto un registro totalmente nuovo in questa pellicola quindi anche i miei attori si sono trovati di fronte a qualcosa di mai sperimentato prima. Quello che ho fatto con loro stavolta non ha niente a che vedere col nostro passato.
Marisa, cosa c'è di nuovo in La piel que habito?
Marisa Paredes: La forma e il contenuto. In questo film Pedro ha chiesto molto agli attori, ma anche a se stesso. Ci ha chiesto di spogliarci delle nostre sovrastrutture, di dare il massimo.
Elena, quale è stata la tua esperienza sul set?
Nella tua filmografia ci sono pochissimi film tratti da romanzi. Come mai stavolta hai scelto di adattare questo libro?
Pedro Almodovar: Dieci anni fa ho letto il romanzo di Thierry Jonquet. L'ho letto tutto d'un fiato e all'epoca mi aveva colpito molto, soprattutto per la grandiosa follia e della sete di vendetta del medico protagonista della storia, così quando mi hanno proposto di farne un film ho accettato.
Da dove deriva la ferocia della famiglia protagonista della storia?
Pedro Almodovar: La famiglia di cui parlo è originaria del Brasile, paese che ho scoperto avere una lunga tradizione di chirurgia plastica. Marisa Paredes ha generato due figli, uno è diventato chirurgo plastico e l'altro è cresciuto sulla strada, ma entrambi appartengono alla medesima estrazione e condividono gli stessi sentimenti di follia e brutalità. Il personaggio di Antonio ha bisogno di un complice per mantenere il suo segreto e si serve di sua madre e della casa in cui è cresciuto.
Come spieghi questa scelta di dedicarti al genere thriller?
Nella pellicola si sentono anche echi di Frankenstein.
Pedro Almodovar: Sicuramente il tema della creazione si ricollega al mito di Prometeo che è la base di Frankenstein. Non è stata una scelta cosciente, ma quando il film è finito mi sono reso conto che anche questa era ovviamente una forte influenza. Il momento in cui Frankenstein crea il mostro con l'elettricità è l'equivalente dell'ingegneria genetica moderna.
Antonio Banderas: Nel corso del film ho appreso una lezione importante. Per parlare di creazione non servono trucchi, magie o effetti speciali. Per un attore la creazione è qualcosa di più profondo, di estremamente complesso e Pedro ha avuto la capacità di realizzare un'opera che condensi tutti questi temi in modo economico. Quello del mio personaggio è un tormento interiore, è una forma di follia che lo divora, eppure esternamente mantiene una freddezza incredibile. Quando il pubblico vede il film non deve essere spaventato da effetti speciali, ma deve percepire progressivamente la crudeltà e la malattia che affliggono i personaggi.
Il film si apre con delle immagini di Bahia. Quale è il tuo rapporto col Brasile?
Pedro Almodovar: Io adoro Bahia. Sono stato tre o quattro volte ospite a casa di Caetano Veloso e ho scelto di inserire nel film una canzone che amo molto e che simboleggia la mia passione per la musica brasiliana.
Antonio, dopo aver lavorato con registi come Allen e Jordan che cosa si prova a tornare a casa?
Antonio, tu credi che sia più importante salvare l'arte del cinema o la scienza?
Antonio Banderas: Entrambe le cose, no? Il corpo deve essere curato e nutrito nello stesso modo dell'anima. Noi abbiamo bisogno della scienza e degli artisti allo stesso modo.
Pedro Almodovar: Il personaggio di Elena ottiene un grande aiuto da un reportage su un'artista che vede in televisione, in uno dei tre canali che le è permesso vedere. L'arte non solo le fornisce un'ispirazione, ma le dà la forza per resistere, per sopravvivere. Il cammino della scienza è molto diverso. La scienza può trasformare la vita, ci guida alla coperta di ciò che sconosciuto. In futuro le persone forse saranno capaci di trasformare completamente se stesse grazie all'ingegneria genetica.