Paul Haggis si aggira per il quartier generale dell'El Gouna Film Festival, il festival egiziano alla seconda edizione nel cuore del Mar Rosso, con un caffè lungo americano in mano. Non ha alcun entourage con sé, viaggia da solo e leggero per un paio di giorni, prima di tornare nella casa di Bolsena. È ospite della manifestazione per raccontare agli studenti dell'università del posto i segreti dello storytelling cinematografico. Lo fa nel suo tipico stile asciutto, con umorismo canadese e pochi fronzoli, anche se non risparmia qualche frecciatina al governo degli Stati Uniti, il paese che l'ha accolto da ragazzo quando ha deciso di dare una svolta alla sua vita.
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Gli esordi
"Tutto è iniziato quasi per scherzo" - ricorda il regista e sceneggiatore Premio Oscar - "quando mio padre, all'epoca proprietario di una piccola compagnia edile, ha realizzato un piccolo spazio teatrale per assecondare la passione di mia sorella, di un anno più giovane di me". In effetti coltivare un talento artistico in una piccola cittadina era tutt'altro che facile. "Non c'erano molti film in giro e quando ho scoperto Antonioni, Pasolini e Truffaut mi si è aperto un mondo: sono stati la mia educazione cinematografica".
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Una lunga gavetta
In effetti la scrittura non ha mai fatto parte dei suoi piani originali: "Volevo diventare pittore" - confessa - "ma ho mollato la scuola d'arte dopo un anno. Poi mi sono buttato sulla fotografia ma un abbassamento della vista mi ha impedito di continuare in modo professionale, allora a 22 anni ho fatto i bagagli e sono volato a Los Angeles. Papà mi ha incoraggiato perché ero pessimo nel settore edile e per un anno mi ha pagato cento dollari a settimana per sfondare a Hollywood. Certo, sarebbe stato più contento se fossi diventato medico, ma si è accontentato".
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I tanti no
Il talento da solo non basta e nell'Olimpo della celluloide a volte servono anche dei colpi di fortuna. Paul Haggis ci ha messo diverso tempo a farsi notare: "Di giorno facevo il falegname" - ricorda - "mentre di notte scrivevo, compatibilmente con il sonno del mio primogenito. Comunque per cinque anni non ho venduto alcun copione. Invece di fissarmi su quei progetti dando la colpa all'ottusità dell'industria ho diversificato e ho migliorato il mio stile".
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L'ispirazione di Crash - Contatto fisico
I fondi canadesi del primo film, Red Hot, sono stati drasticamente tagliati in fase di ripresa e gli ci sono voluti altri dieci anni prima di trovare il progetto "giusto". "L'idea di Crash" - dice - "è arrivata quando due tipi mi hanno puntato una pistola addosso e rubato la macchina. Per un decennio mi sono chiesto chi fossero e allora ho deciso di scrivere la storia dal loro punto di vista in una realtà come Los Angeles dove si vive isolati per paura di proteggersi dagli altri, i diversi. Per questo lavoro ho ipotecato casa e sono finito al verde perché ho sempre rifiutato di vendere il copione. Per fortuna gli sforzi sono stati ripagati".
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Il mio nome è Haggis, Paul Haggis
Il regista non avrebbe mai potuto immaginare che dopo il successo di Million Dollar Baby a qualcuno sarebbe venuto in mente di affidargli il restyling della saga di James Bond. "Eppure è successo" - parole sue - "mentre ero in vacanza in Italia. Il mio agente me lo propone e io chiedo: 'Bond?'. Lui: 'Sì'. E io: 'James Bond?'. E lui: 'Sì'. Ero allibito, forse non avevano visto nessuno dei miei film, e invece no, il produttore è venuto a Bolsena e me ne ha parlato. L'ho amato perché sono stato libero di chiedermi cosa volesse dire uccidere e amare, ma non ne ho fatto un secondo per paura che non fosse altrettanto buono. Se c'è una lezione che ho imparato nello show business è questa: nessuno è indispensabile".
A proposito, se volete rivedere due dei film più belli di Haggis, Nella valle di Elah e The Next Three Days, due lavori da lui scritti e diretti, li trovate in streaming su InfinityTV