La quiete del Teatro Romano di Fiesole è infranta dal remix del brano di Raffaella Carrà, A far l'amore comincia tu, suonato a tutto volume che introduce l'arrivo di Paolo Sorrentino. Il regista napoletano, abbronzato e rilassato, si gode il suo giorno di gloria e ritira il Premio Fiesole 2019 assegnato dal Gruppo Toscano del SNCCI in un bagno di folla, esclamando tra il serio e il faceto: "Non sono un maestro, ma meglio darlo a me che a un altro questo premio. Con la gente che c'è in giro..." La popolarità dell'autore Premio Oscar è alle stelle soprattutto ora che il suo cinema, stilizzato e metaforico, ha invaso anche il piccolo schermo con il successo della serie The Young Pope.
Non che Sorrentino abbia cambiato idea riguardo alla qualità della televisione, come ammette lui stesso: "Penso sempre che la tv sia per lo più mediocre, ma con serie come True Detective è avvenuta una rivoluzione. Oggi esistono casi come Escape at Dannemora, in cui la narrazione si interrompe per un intero episodio flashback e poi riprende come se nulla fosse. Questo al cinema non sarebbe possibile, ma in tv si sono creati nuovi spazi di libertà. Al cinema i costi sono più alti, in televisione a volte i produttori si dimenticano di seguirti lasciandoti fare ciò che vuoi. Quando si tratta di scrittura, però, non faccio distinzione tra cinema e tv, scrivo sempre nello stesso modo". Fresco di riprese della seconda stagione di The Young Pope, The New Pope, Sorrentino non si sbilancia sul contenuto dei nuovi episodi e ammette sornione che "saranno ancora più belli".
La grande bellezza in versione integrale: l'opera summa di Paolo Sorrentino
Cosa è reale al cinema?
Vero, falso, reale è il titolo della monografia su Sorrentino realizzata dal SNCCI in occasione del Premio Fiesole. Proprio sul concetto di verità nel cinema viene chiamato a riflettere il regista, che ha sfidato le convenzioni realizzando due biopic su personaggi d'attualità come Andreotti e Berlusconi che più personali di così non potrebbero. "L'essenza del cinema è lo spettacolo. La verità è noiosa, quindi il cinema deve essere falso. Non si può fare un film vero. In realtà si può, molti miei colleghi lo fanno, infatti vedo film noiosissimi. Per una strana alchimia del cinema, pur trattando il falso, si riesce a raggiungere una qualche forma di verità. Ciò che conta, in un film, è la coerenza".
L'esempio più calzante di questa idea di verità e finzione, per Paolo Sorrentino, proviene proprio da Il Divo, la pellicola dedicata a Giulio Andreotti: "Quando lui ha visto il film ha detto ai suoi assistenti 'Tutta la parte pubblica è inventata, mentre su quella privata gli devono avere raccontato qualcosa'. In realtà è accaduto proprio il contrario. Ho ricostruito la presenza pubblica di Andreotti basandomi sulle informazioni e i materiali a disposizione, mentre sul suo privato non esisteva niente. Nessuno dei suoi assistenti ha mai detto niente, così mi sono ricordato di una cosa che lui mi aveva detto, cioè che si ricordava l'esatto importo della bolletta dell'Enel. Il fatto che un uomo così ricco ricordasse perfettamente quanto spendeva mi ha colpito ed è da lì che ho cominciato a costruire la sua figura".
Incontri: da Toni Servillo a Elena Sofia Ricci
A Fiesole, a far compagnia a Paolo Sorrentino c'è Elena Sofia Ricci, fresca di David di Donatello per il ruolo di Veronica Lario in Loro, che racconta la difficoltà di essersi trovata a fare da terza incomoda sul set tra Sorrentino e Toni Servillo. Proprio Servillo, alter ego conclamato di Sorrentino dopo le mimetiche performance che è stato chiamato a sostenere, viene evocato nel corso di una riflessione sull'origine della loro collaborazione: "Io e Toni facevamo parte di un gruppo di artisti partenopei che gravitavano quasi tutti intorno al teatro. Io provavo a fare cinema e per il primo film non ho mai pensato di cercare al di fuori di questo gruppo. Toni Servillo era la persona più adatta per il ruolo de L'uomo in più All'epoca era già famoso, convincerlo non è stato facile. Ci ho messo un bel po', ma ne è valsa la pena. Per me è il più grande attore italiano".
Pur ammettendo di non amare troppo parlare del suo cinema, visto che il suo motto è il lavoro per il lavoro, Paolo Sorrentino snocciola aneddoti su aneddoti e non si sottrae alle domande del pubblico. "Non vi racconterò niente di nuovo, dico sempre le stesse cose", scherza mentre spiega l'origine della curiosa scelta di nomi che popolano il suo cinema "sono tutti compagni di scuola, conoscenti o vicini di casa. Cherubino Gambardella è un mio compagno di scuola, Pagoda un mio parente".
Mentre si avvicina l'ora della proiezione de La grande bellezza, mostrato al pubblico in versione integrale, Sorrentino specifica che il film a cui è più legato, in realtà, è Le conseguenze dell'amore, "girato subito dopo la nascita di mio figlio". Poi conclude: "Quando faccio film non mi preoccupo dell'inizio o della fine, ma della parte centrale. So già dove voglio andare a parare, il problema è cosa raccontare nel mentre. Un critico francese che mi odia ha scritto che io dovrei girare solo scene iniziali invece che fare film completi. Penso che abbia ragione".