Mentre si gode il successo ottenuto con The Place, Paolo Genovese è intervenuto al Torino Short Film Market, evento parallelo al Torino Film Festival dedicato al cortometraggio, per raccontare a una platea internazionale il suo passaggio dal corto al lungometraggio. Passaggio avvenuto con Incantesimo napoletano, trampolino di lancio della carriera di Genovese e del collega Luca Miniero. Incantesimo napoletano è stato realizzato nel 1997, alla base un'idea semplice che ha colpito la fantasia del produttore Gianluca Arcopinto spingendolo a dare fiducia alla coppia di registi. "E' una storia rocambolesca" esordisce Genovese. "Abbiamo proposto Incantesimo napoletano a Locarno e ci hanno selezionato. Era il nostro primo festival. Quando, però, hanno mostrato il corto il proiezionista ha sbagliato e il pubblico lo ha visto completamente fuori fuoco. Eravamo affranti, ma il corto è stato premiato e la motivazione era il coraggio per aver raccontato quella storia fuori fuoco. Grazie a quel premio Gianluca Arcopinto ha visto il corto e ha deciso che sarebbe dovuto diventare un film".
Paolo Genovese ci tiene a sottolineare che cortometraggio e lungometraggio sono due forme artistiche ben distinte e quasi mai il passaggio è così fluido: "Non credo che ogni corto possa diventare un lungo. L'anima è diversa, come nel caso del romanzo e del racconto. Incantesimo napoletano per me era un corto, ma Arcopinto voleva farne un film e mi ha chiesto di provare a scrivere una storia lunga un'ora e mezza. Hanno amato la mia versione e l'hanno prodotta con un budget molto basso, circa 200.000 euro".
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Il problema del cinema italiano? La mancanza di storie
Nel ricordare i suoi esordi nel mondo del cinema, Paolo Genovese sottolinea le differenze di tecnologie e possibilità tra passato e presente. "Ho cominciato a fare corti vent'anni fa, ma sembrano cento anni. Non esisteva il digitale, quindi dovevi avere alle spalle una produzione per pagare la pellicola e l'attrezzatura. Dipendevi dagli altri. Serviva un pubblico a cui fare vedere la propria storia, così si partecipata ai festival e se avevi cento persone in sala eri contento. Oggi basta avere un telefono, un pc e mettere il corto su YouTube".
L'arrivo di Paolo Genovese e del collega Luca Miniero (insieme hanno diretto i primi tre film) ha svecchiato il panorama della commedia italiana, ma il regista è consapevole dei problemi che attraversa il genere. "In questo momento la situazione per la commedia non è molto buona in Italia. Dobbiamo guadagnarci il pubblico, lottare con la concorrenza spietata di Netflix e delle altre piattaforme streaming. La commedia italiana è una commedia sociale, ha un punto di vista unico nel mondo. Parla della nostra società in modo profondo, ma con sguardo cinico. Un modo per riguadagnare pubblico sarebbe separare la produzione per cinema e tv così da offrirgli la possibilità di scegliere". Se il pubblico che si reca al cinema sembra scarseggiare, neppure le idee abbondano nel panorama italiano. Genovese, anche produttore, svela che ogni anno ci sarebbe budget per produrre dieci film, ma ne vengono fatti solo quattro o cinque per carenza di storie. "In Italia non abbiamo sceneggiatori. Abbiamo tanti ottimi registi, ma mancano le storie. Questo è il motivo per cui molti film sono remake, adattamenti di libri o teatro. Mancano idee originali, siamo sempre alla ricerca di buoni script. Molti registi scrivono i loro film, ma è più una necessità. Io trovo stimolante misurarmi con storie scritte da altri".
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La solitudine del regista
Se la fantasia degli autori cinematografici sembra scarseggiare, per Paolo Genovese un ottimo stimolo sembra essere il budget ridotto. "A volte lavorare con pochi soldi è un'opportunità" spiega il regista "perché ti costringe a lavorare in modo diverso, superando i limiti in modo creativo. Incantesimo napoletano l'abbiamo girato in tre settimane con pochissimo, ma in questo lavoro c'era della bellezza. Oggi gestisco grandi budget, ma ho girato un film a basso budget, The Place, in due settimane in una location unica, un bar, con undici attori. Credo che sia un prodotto fuori dal comune. Per poterci mettere il cast che avevamo con pochi soldi ci siamo organizzati. Ogni attore ha girato la sua parte in un giorno, ci siamo organizzati con lo schedule. E alla fine ce l'abbiamo fatta. Ho amato un film come Locke, tutto ambientato in un'auto, anch'esso molto creativo".
Paolo Genovese lascia intendere che i soldi, se c'è un solido progetto creativo, non sono mai un problema e invita i creativi a buttarsi: "Se hai un'idea girala, non aspettare di trovare i soldi. Non serve una qualità perfetta, i produttori oggi spesso cercano idee. Se ci sono quelle, il denaro si trova". Prima di accomiatarsi, il regista si sofferma a spiegare le principali problematiche che ha dovuto risolvere nel passaggio dal corto al lungometraggio: "Ci sono due ordini di problemi, a livello di sceneggiatura e di regia. I primi riguardano il tempo, nel corto gestisci le idee in un tempo ridotto, mentre per un lungometraggio devi gestire il ritmo, le svolte narrative dosandole con accuratezza. La regia riguarda, invece, la gestione del set. Quando dirigi un film, hai davanti a te una troupe numerosa e tutti ti chiedono cosa devi fare. Ti senti molto solo. Il corto è un'esperienza corale, che realizzi con un gruppo ristretto di amici".