Per chi, come chi scrive, danza ed è appassionato di danza da tutta la vita, non è semplice approcciarsi a una recensione di Nureyev - The White Crow. Il film diretto da Ralph Fiennes viene inevitabilmente visto attravers il filtro di un amore incondizionato, quello verso l'uomo che cambiò la storia del balletto classico per sempre. Se oggi abbiamo il nostro Roberto Bolle, lo dobbiamo a Nureyev. Se oggi la danza classica è di un virtuosismo che rimane in equilibrio tra leggiadria e virilità, lo dobbiamo a Nureyev. Cresciuto in povertà in un paesino dell'Unione Sovietica, il giovane Rudolf sembrava essere sempre in debito con la sua madre patria. Quasi stesse rubando ciò che gli veniva concesso, ciò che invece si era infinitamente meritato. A ventidue anni, Rudi Nureyev entrò a far parte della compagnia Kirov Ballet. Una veneranda età per chi ha ancora molto da studiare. La compagnia portava la tradizione del balletto russo in tutto il mondo, fuori dall'URSS. A questi giovani danzatori era concesso soggiornare per lunghi periodi a Parigi, sempre sotto il rigido controllo di supervisori.
Rudolph Nureyev fu il primo personaggio di spicco a disertare il proprio paese, a chiedere asilo politico in un paese occidentale. Ciò all'epoca suscitò enorme scalpore. Ma fu la naturale conseguenza di un processo interiore a un giovane uomo affamato di arte e cultura.
Rudolf Nureyev: il danzatore più bravo del mondo diserta il suo paese
Proprio su questo periodo, immediatamente precedente la dolorosa e difficilissima scelta di Rudolf Nureyev, che si concentra il film diretto da Ralph Fiennes. L'attore inglese è alla sua terza regia, dopo Coriolanus e The Invisible Woman. Tutti film sofisticati e densi di sapere, proprio come è Ralph. Da sempre appassionato di cultura russa, il nominato all'Oscar per Schindler's List e per Il paziente inglese parla correntemente russo e viene riconosciuto per le vie di Mosca. Era l'unico occidentale a poter dirigere in modo convincente un film su Nureyev, così in bilico tra l'amore per la sua casa e sua madre e insieme irresitibilmente attratto verso la sua natura di danzatore e il suo destino.
Fiennes ritaglia per sé il ruolo del famoso maestro Alexander Pushkin, forte nell'insegnamento, debole nella vita personale, e restituisce l'immagine di un giovane Rudi tormentato e desideroso di affermarsi, di stravolgere, di rivoluzionare la danza pur affermandone con forza le regole. Dilemmi che si rispecchiano nella vita quotidiana, così diversa quando Nureyev è a Parigi e coltiva la sua amicizia con Clara Saint, colei che lo aiuterà nella richiesta di asilo. Insieme si divertono, bevono e fumano, vanno al cabaret, dove Rudi apprende la presenza scenica, il trucco, l'autoironia. Tutti elementi che lo aiuteranno a rivoluzionare consapevolmente la danza classica maschile.
La danza prima e dopo Nureyev
Si chiamava Vaclav Nijinski il primo rivoluzionario del balletto classico. La sua Sagra della primavera è un capolavoro assoluto e indiscutibile, un mistero di significati e significanti che si studia ancora oggi. Ma il suo percorso era in parte inconsapevole, in parte mirato alla creazione di un'opera conclusa e perfetta. Non concentrava solo su di sé il prodotto delle sue ricerche. Rudolf Nureyev era diverso. Egocentrico, consapevole del suo valore, imperfetto e in certi momenti persino rigido. La sua non era una tecnica perfetta, ma forse per la prima volta si assisteva alle esibizioni di un danzatore maschio che si faceva performer, che arrivava al pubblico. Prima di lui c'erano quelli che portavano la ballerina in braccio e gli altri danzatori che eseguivano passi di base e poi, per lo più, stazionavano in pose molto virili sul palco. Tutte le evoluzioni spettavano alle donne. Con un'elevazione fuori dal comune e una capacità di volteggio assolutamente perfetta, Rudolf Nureyev si portò alla ribalta. Il fondo del palco non era posto per lui.
Nureyev - The White Crow non è (solo) un film sulla danza
Tutto questo è presente nel film di Ralph Fiennes, che procede lento e si avvale della performance dell'esordiente Oleg Ivenko, dalla somiglianza pazzesca con il vero Nureyev. Il film, che procede lento e con dialoghi che suonano un po' alieni rispetto a ciò a cui siamo abituati, non è una sequenza di scene di danza, non è il processo di affermazione di sé, attraverso il talento, del ragazzino di un piccolo paese sperduto dell'Unione Sovietica. Quelli sono i film americani. Nureyev - The White Crow è la storia di un processo creativo, della nascita di una rivoluzione in seno a un solo uomo. Nella danza, è vero, ma anche nel mondo. Con la sua diserzione Nureyev diede una scossa, un segno tangibile, un atto di coraggio su un palcoscenico che era quello della politica mondiale durante la Guerra Fredda. E non importava quanto già fosse famoso: ha rischiato di morire in ogni momento, poiché con certi poteri non si scherza. Il film è la maturazione di questa consapevolezza, del proprio valore. Un film di formazione, forse, ma molto più probabilmente di maturazione di concetti già esistenti e di una presa di coraggio. Sicuramente un atto d'amore del suo autore verso il personaggio raccontato: Rudolf Nureyev, l'uomo. Il danzatore più bravo del mondo.
Conclusioni
In questa recensione di Nureyev - The White Crow abbiamo maturato la consapevolezza di quanto un racconto di vita come questo sia oggi più che mai necessario. Lontano dai film sulla danza statunitensi, racconta la vera storia di una leggenda, di un rivoluzionario, di un giovane uomo che a passo di danza ha cambiato la sua vita e anche un po' la politica mondiale. Ralph Fiennes delicatissimo, sia nell'interpretazione che nella regia.
Perché ci piace
- Appassionante biopic che racconta la giovinezza e lo spirito ribelle di Rudolf Nureyev.
- Determinante la scelta, in veste di protagonista, del magnetico Oleg Ivenko.
- Pur senza picchi, Ralph Fiennes si dimostra un regista diligente, accurato e attento nel ricostruire atmosfere ed epoche.
Cosa non va
- Di conseguenza il film non è segnato da difetti marcati e a tratti risulta perfino coinvolgente. Maggior spazio alla danza e al pathos lo avrebbero reso ancor più intenso.