Né sequel né parodia
Ted, sua cugina May, e i loro amici April e Kofei vanno in vacanza in Tailandia, dove vengono ospitati dall'amico Chongkwai. Durante una serata in cui il gruppo si sta annoiando, Chongkwai mostra agli amici un libro che descrive dieci diversi modi per richiamare gli spiriti. I ragazzi, per curiosità, iniziano a seguire le istruzioni del libro, ma presto la situazione sfuggirà loro di mano...
Dopo un primo episodio interessante e di grande successo, e un sequel che cercava, non sempre riuscendoci, di ampliare il discorso del prototipo con riflessioni su reincarnazione e karma, i fratelly Danny e Oxide Pang (nel frattempo arrivati alla fama internazionale, e prossimi alla "cooptazione" hollywoodiana) hanno scelto la strada della parodia per proseguire la loro fortunata serie. Una serie che, in effetti, ha come unico (esile) filo conduttore la capacità dei protagonisti di vedere i fantasmi, e la cui continuità viene qui richiamata solo da uno dei protagonisti quando rievoca, come fatti di cronaca, gli eventi narrati nei primi due film. Gli intenti parodistici di The Eye 3 - Infinity (resi ancora più chiari dal titolo originale, un più esplicito Gin gwai 10) sono evidenti sin dal prologo, un esorcismo decisamente sopra le righe, e permeano tutto il prodotto, con un umorismo che vorrebbe mettere alla berlina la "ringumania" e tutti i luoghi comuni dell'horror asiatico più recente.
L'operazione, però, non può dirsi riuscita, visto che la parodia non sembra essere proprio nelle corde dei due talentuosi registi. Non sorretti da una sceneggiatura davvero esile, i fratelli Pang non riescono a perseguire fino in fondo i loro intenti, creando un ibrido di horror e commedia che finisce per deludere su entrambi i versanti. Il film ha paradossalmente troppi elementi puramente horror per soddisfare chi cerca una vera parodia, finendo per confondersi, sovente, con le stesse pellicole che vorrebbe mettere alla berlina; l'umorismo, inoltre, non graffia e non soddisfa, e forse solo in una scena (una curiosa break dance spiritica) riesce a divertire davvero. Il resto è composto da sketch giovanilistici e battute di tipica matrice hongkonghese, riproposte in modo fiacco e senza verve, oltretutto affondate da una recitazione davvero scadente. La confezione è sciatta e poco accattivante, e lascia solo un vago ricordo della cura estetica dei due film precedenti.
Il tutto, lungi dal divertire o dallo spaventare, finisce alla fine per annoiare inesorabilmente. Un tentativo fallito, insomma, per i Pang: li aspettiamo al varco con un ritorno ad atmosfere a loro più consone, già dal prossimo Re-Cycle (la cui trama si annuncia davvero intrigante), prima di quel passaggio ormai obbligato che porterà anche loro nei sempre più "multietnici" lidi hollywoodiani.
Movieplayer.it
2.0/5