"Marie è il primo nome che i francesi diedero a Montreal, e anche il nome di un personaggio che collega tutti gli altri tra loro". Così il regista Guy Édoin spiega la scelta del titolo del suo secondo lungometraggio, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. "Quello che mi interessava è che nella vita ci si imbatte in persone che non conosciamo, ma che ci danno qualcosa, anche solo per pochi secondi. Mi interessavano le collisioni che portano a una redenzione positiva i personaggi". Al fianco di Guy, una Monica Bellucci sempre bellissima, ma meno appariscente del solito. Monica nel film è Sophie Bernard, una famosa attrice che sta cercando di riallacciare i rapporti con suo figlio.
"Mi sono molto emozionata quando ho letto il copione di queste quattro vite che si incrociano. La mia reazione è stata emotiva", spiega sottovoce, in un tono educato che mantiene per l'intero incontro con la stampa, soppesando ogni parola e prendendosi anche piccole pause tra una frase e l'altra. "Avevo anche paura di affrontare questo ruolo, perché è pieno di sfaccettature. Quindi lo ringrazio, anche per avermi fatto aver paura, perché le attrici hanno sempre bisogno di eccitarsi".
Un'interpretazione dimessa
Dalla prima proiezione del mattino, non fanno che parlare tutti di quanto Monica Bellucci sia dimessa in questo ruolo, di quanto il gesto di togliersi il make-up e recitare senza sia qualcosa senza precedenti per lei. "Credo ci fosse bisogno di un momento di abbandono", ha detto la Bellucci con gran semplicità. "Soprattutto da parte della protagonista che ha una corazza. Un'attrice ha sempre come scudo l'immagine glamour che nasconde tutte le paure che ha. A volte può spaventare, ma secondo me non è stato togliersi il trucco la cosa così speciale. Credo che in questo personaggio c'era il dover far sparire il dolore dagli occhi: arriva in un modo, poi cade all'inferno e infine si risolleva. In questo senso somiglia a ognuno di noi nella vita, è una donna vera". C'è addirittura chi, quasi insolentemente, le chiede se il passare del tempo e la bellezza che sfiorisce le possano regalare una sorta di riscatto attoriale. Ma lei sa gestire la domanda spinosa: "Dico sempre che la bellezza è un dono, quindi si ringrazia per averla ricevuta, ma non c'è da andarne fieri. La ricerca personale invece è diversa. È qualcosa che riguarda tutti in modo diverso, quindi io la mia ricerca la faccio anche attraverso il mio lavoro. Posso scoprire un altro tipo di bellezza, che spero di mettere nei miei ruoli e spero anche nella vita". E visto che tutti sembrano insistere su questo punto, lei rincara molto gentilmente la dose: "Non penso che sia la fisicità a fare la differenza, ma quello che si riesce a far passare. La trasformazione fisica per un'attrice credo serva fino a un certo punto. Penso che il corpo serva per lasciar esprimere l'anima. La cosa bella è che il corpo invecchia, perché fa parte di questa terra, mentre l'anima no".
Ferite e incomunicabilità
Sophie cerca di riallacciare un rapporto ormai svanito con suo figlio. Suo figlio Thomas, invece, vuole solo sapere chi è veramente suo padre. "Questa donna non sa comunicare con suo figlio", spiega ancora Monica per raccontare una scena in cui Sophie canta. "Cantare diventa un modo per far uscire le emozioni che lei prova, ma che non è in grado di comunicare. In questo senso credo sia una scena importante". L'incomunicabilità si intreccia, in Ville-Marie, con vari altri personaggi, con le loro storie, che in qualche modo sono tutte allacciate. "C'era l'idea che ognuno dei personaggi avesse in sé una ferita e che, imbattendosi negli altri, potesse prendere da loro qualcosa per avere un futuro meno doloroso", racconta Édoin. E ancora la sua protagonista, che alterna francese, inglese e italiano nelle sue risposte, sostiene una tesi femminile molto pesante: "La fragilità, soprattutto quella mentale, ci rende schiavi di alcune situazioni".
Un'attrice e i suoi ruoli: da Bond al cinema comico
Inevitabile che saltasse fuori: questo film è una piccola produzione, ma tra qualche giorno Monica sarà la nuova Bond Lady. Come può barcamenarsi, come fa la differenza tutto questo nella sua vita professionale? "Non c'è grossa differenza tra produzione grande o piccola. Quando sono davanti a una cinepresa, il mio lavoro non cambia", rassicura l'attrice, con una frase inizialmente prevedibile, ma che poi prende un'altra piega. "Per me è bello avere l'opportunità di lavorare per registi di talento così diversi tra loro. E poi non la considero una mia scelta: bisogna chiedere a loro perché hanno pensato proprio a me".
E visto che si parla di attrici madri con i propri figli, qualcuno le chiede anche se ci sono similitudini tra lei e Sophie. "Sono un'attrice e sono una donna. Ci sono sicuramente delle similitudini con il mio personaggio, ma non sono io. Ho molte amiche e amici, figli di attrici e attori. Sono persone che hanno sofferto molto. Tutti. Spero quindi di non commettere gli stessi errori dei loro genitori. Quando cresceranno, spero che i miei figli abbiano di meglio da fare che guardare i miei film, voglio che vivano la loro vita, non la mia. Per i miei figli voglio essere una mamma, non un'attrice". E visto che ha abbandonato, anche se solo provvisoriamente, i panni di sex symbol, perché non tornare dopo tanti anni ai ruoli comici? "Un ruolo comico lo vorrei da morire! Devo solo trovare una commedia scritta bene e non è così semplice. Magari l'anno prossimo, perché ora sono sei mesi che giro con Emir Kusturica e penso che dopo avrò bisogno di riposo. Ma penso che le cose arrivino quando è il momento".