Roberto Saviano rivede Mauro Rostagno: "La distrazione svilisce la verità". L'intervista

L'importanza di essere leggermente sfocati, l'ironia, la disobbedienza. Con l'autore, insieme a Maddalena Rostagno, per parlare di una figura rivoluzionaria, raccontata ne L'uomo che voleva cambiare il mondo, docu-serie Sky disponibile dal 26 febbraio.

Roberto Saviano e Maddalena Rostagno durante la nostra intervista

Un "marziano" capace di stregare tutti, entrando in empatia con chi gli ruotava attorno. Al centro, un forte senso di contemporaneità in grado di illuminare, attraverso la verità e attraverso il senso della comunità. Dietro il progetto Sky Studios e Palomar, la voglia di recuperare la memoria breve dell'Italia, recuperando poi storie di cui ricordiamo poco, e male. Una storia dimenticata, e in questo caso una storia straordinaria. Quella di Mauro Rostagno, ricostruita ne L'uomo che voleva cambiare il mondo, ottima docu-serie in due puntate disponibili dal 26 febbraio su Sky e NOW. Dietro il progetto, la sceneggiatura di Roberto Saviano (anche voce narrante, in pieno storytelling) scritta insieme a Stefano Piedimonte. Alla regia, invece, Giovanni Troilo.

Mauro Rostagno Uomo Che Voleva Cambiare Il Mondo Serie Sky
Il sorriso di Mauro Rostagno in una foto dell'epoca. Archivio Mauro Rostagno

Per chi non lo conoscesse, Mauro Rostagno è stato per vent'anni un avamposto di denuncia contro le mafie, indagandola e denunciandola attraverso una piccola televisione locale siciliana, RTC. In mezzo, mille vite diverse: l'esperienza con Lotta Continua, il legame con Osho a Pune, e la creazione dell'ashram siciliano trasformato in un centro di riabilitazione per tossicodipendenti. Personaggio scomodo, ironico, convinto, appassionato. E per Roberto Saviano, che abbiamo incontrato, L'uomo che voleva cambiare il mondo è "un'opera in più parole che traccia la metamorfosi di Rostagno. Abbiamo lavorato su una figura incredibilmente epica. Una figura dissidente, fantasiosa. Ma anche egocentrica, in cerca di allegria, senza sacrificare sé stesso".

Mauro Rostagno: L'uomo che voleva cambiare il mondo, intervista a Roberto Saviano e Maddalena Rostagno

Roberto Saviano Mauro Rostagno Docu Serie Sky
Roberto Saviano, narratore e autore della docu-serie

Insieme a Roberto Saviano, anche Maddalena Rostagno, figlia di Mauro e preziosa voce - tra le molte - all'interno della docu-serie Sky Documentaries. Con loro, dopo una stretta di mano, siamo partiti proprio dall'ironia, oggi forse assente, ma propedeutica per fare "le rivoluzioni" e per "disobidire". Per Maddalena, "Forse oggi non c'è tanta profondità. Si segue, nella scala dei valori, molta voglia di apparenza, di follower. È tutto molto cambiato, modificato, però non c'è una regola vincente, ognuno ha la sua maniera e il suo sistema. L'ironia ce l'ha avuta anche Peppino Impastato dieci anni prima di mio papà".

Per Roberto Saviano, invece, "Neanche Rostagno è riuscito a fare la rivoluzione, a un certo punto neanche l'ha voluta più fare. Però, e Maddalena lo ha sempre sottolineato, la leggerezza di Rostagno, giocare col paradosso, col contrario di ciò che si vuole dire, è stata moderna. Una sperimentazione costante che ti rende sfuggente ad ogni archetipo. Oggi questo sarebbe compreso, ma sarebbe visto solo come postura estetica. E Rostagno non è mai stato solo questo".

Il bisogno della verità

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Maddalena Rostagno ne L'uomo che voleva cambiare il mondo

Vedendo il documentario, è chiaro che Mauro Rostagno rappresenti in piena il senso dell'imprevedibilità. Un assioma che si lega con la verità stessa, anch'essa imprevedibile. Oggi, però, la concezione di cosa sia la verità è molto diversa rispetto a vent'anni fa. "Hannah Arendt diceva: 'Il problema non è che oggi non conti più se qualcosa è vero o è falso, ma il dramma vero è che non importa neanche indagare se qualcosa è vero o è falso'. E quindi, di fatto accolgo solo ciò che mi somiglia, accolgo come vero ciò che mi conviene", prosegue Saviano durante la nostra intervista.

"È esattamente ciò che Cosa Nostra e le mafie sostengono. Ti danno soldi? Protezione? Allora sono giuste. Ti danno tormento? Non ti danno vantaggio? Sono sbagliate. Quella cosa ti ritorna, ti serve? E allora è vera. Non ti ritorna, allora è falsa. Per restare ancorati a Rostagno, è proprio questo che ha cercato di combattere. Cercare di guardare le cose da un altro punto di vista. Per dire, all'epoca probabilmente Rostagno aveva più mezzi per poter sostenere una forma di verità rispetto a oggi, dove l'attenzione di qualche secondo rende difficilissimo l'approfondimento e quindi la possibilità di far cambiare idea".

L'importanza di essere leggermente sfocati

Mauro Rostagno, all'occorrenza anche giornalista. Un giornalista che viveva in mezzo alla gente. Oggi, però, il giornalisti sembrano presi dai propri follower, dimenticando le giuste prospettive. Per Maddalena Rostagno è un discorso di metodo: "Ci sono varie possibilità. Sicuramente l'avvento della rete e dei social ha influito. Ci sono delle potenzialità incredibili ma tutta una serie di pericoli, di assuefazione. Se a 15 anni ti viene assassinato un padre che fa il giornalista e vedi per decenni negata questa sua figura, sviluppi una certa antipatia, ho molta diffidenza nei loro confronti. Ci metto molto a stimare un giornalista. Per fortuna ce ne sono molti che stimo, e leggo", e continua, "Anche mio padre era una persona assolutamente egocentrica. Dire che era solo al servizio degli altri che ha fatto tutto quello che ha fatto solo per gli altri sarebbe mentire. Ognuno di noi, qualunque cosa noi facciamo, per prima cosa la facciamo verso noi stessi. Mio padre era un uomo centrato su di sé, e pieno di sé, come è giusto che sia. Il punto è trovare equilibrio".

Mauro Rostagno L Uomo Che Voleva Cambiare Il Mondo
Rostagno con la figlia Maddalena. Archivio Mauro Rostagno

"Di fatto Rostagno inventa nuove forme", chiude Roberto Saviano, "Se va spesa la parola giornalista accanto tanto a quella di Mauro, diciamo che in molti casi è sembrato un attivista. Attivista, cioè scegliere da che parte stare, e attivarsi per far vincere quella parte. Il giornalista aveva una posizione più terza, e per Rostagno era scomoda, lui doveva stare dentro le cose. Essere attivista, essere giornalista, sono due ruoli diversi. Io probabilmente vedrei Rostagno più nell'attivismo, nel mettere il corpo, nel non avere mai la giusta distanza verso le cose, nell'avere la distanza che serve a sentire le cose. Quella che Robert Capa definiva l'essere sempre leggermente fuori fuoco. Il fotografo diceva che se la foto è ben a fuoco è una foto sbagliata, perché sei distante. Se sei completamente sfocato, stai facendo un cattivo lavoro, perché non vedi niente. Bisogna essere leggermente fuori fuoco, cioè vicino alle cose. E così era Rostagno".