Mattia Torre o dell'uomo nomal(issimo) di cui avremo sempre bisogno

Un articolo assolutamente inadatto per ricordare Mattia Torre, che ha anche l'arroganza di provare a imbastire una spiegazione del perché di lui e della sua scrittura avremo sempre bisogno. Ci scusiamo in anticipo, con tutti.

Mattia Torre o dell'uomo nomal(issimo) di cui avremo sempre bisogno

Era il 2003 quando Valerio Aprea disse a Mattia Torre che al teatro Valle di Roma c'era una rassegna ideata da Ennio Coltorti chiamata Attori in cerca d'autore, totalmente dedicata ai monologhi brevi.
"Si, ma quanto si vince?" è la prima risposta di Torre, che è la risposta più romana, ironica e drammaticamente esistenziale che uno scrittore possa dare. Tre caratteristiche che l'autore si è portato dietro per tutta la sua impagabile carriera/vita, due cose per lui estremamente congiunte, quasi al punto da non capire più dove finisse l'una ed iniziasse l'altra. Unite da un filo rosso che aveva un nome e un cognome, ma soprattutto un soprannome, sua moglie Francesca Rocca, Frou, "che per fortuna non ha una posizione SIAE."
Più che altro è una vetrina autorevole, gli spiega pazientemente l'amico, da cui nel tempo sono usciti autori e attori importanti.

Mattia Torre, Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico sul set di Boris il film
Mattia Torre, Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico sul set di Boris il film

Torre la vince quella rassegna, con una prima versione di In mezzo al mare, una delle sue prime fatiche diciamo più "note", dato che con Giacomo Ciarrapico già si era prodigato in altre piccole imprese teatrali, come le chiamerebbe lui, impegnato fin da giovane a combattere il suo personalissimo sentimento di inadeguatezza a colpi di penna. Un po' come ha fatto l'Italia nel Secondo Dopoguerra, scacciando gli spettri "a botte de pasta al forno".
Di fatto i monologhi sono solamente una piccolissima parte dell'incredibile bagaglio creativo di Torre, il quale, oltre ad una non trascurabile dose di fantasia, ha saputo distinguersi anche per la sua maestria straordinaria per quanto riguarda il lavoro sulla parola, sulla forma della scrittura, sulle necessità del testo.
Tutte cose riscontrabili nelle tappe del suo percorso. Tutte cose ancora sotto i nostri occhi, oggi, a più di 3 anni dalla sua scomparsa, e la sua scrittura continua a tornare ancora e ancora e ancora.

Di noi, non a noi

Figli 1
Figli: una sequenza con Valerio Mastandrea

Il primo salto ci fu lì, dopo quella vittoria (che è un termine brutto, ma tant'è).
Seguirono poi varie collaborazioni, quelle con Giorgio Tirabassi e Paola Cortellesi, fino ad arrivare a Valerio Mastandrea, i suoi primi attori feticcio insieme a Valerio Aprea, perfetti interpreti della sua inventiva. Plasmati, dipinti e trasformati (anche in modo gentilmente coercitivo) a sua immagine e somiglianza. Soprattutto rapiti dalla sua inventiva.
"Di Valerio mi piaceva il suo modo di stare con i piedi ben piantati a terra" diceva Torre, che tramite lui portò in scena Migliore, uno scritto di incredibile potenza che ha condensato più di altri l'immagine malinconica, dannata e struggente dell'italiano medio "per bene".

Mattia Torre Valerio Mastandrea
Mattia Torre in una foto

Il suo perfetto contraltare è Perfetta (appunto), scritto tempo dopo per Geppi Cucciari, che prima di salire sul palco ogni sera gli suggeriva con un filo di voce: "Ma perché invece non aprire un bel bar?". Coronamento di un talento fuori dal comune, in grado di parlare con la medesima cura, attenzione, ironia e sagace irriverenza sia di uomini che di donne.
Perché Torre, come i più grandi, come Flaiano, come Age e Scarpelli, era in grado di parlare di noi, non a noi. Identificare il pubblico di riferimento, portarlo davanti ai suoi stessi occhi, nudo, preda delle sue miserie e delle sue grandezze. Forse questo è anche ciò che attraeva e attrae i suoi tramiti, che sul palco o sul set, ogni volta, hanno la possibilità di raccontarsi un po'.
Durante il tour di Migliore inizia un'altra collaborazione importante come quella con Serena Dandini per il programma Parla con Me e poi altri monologhi, Colpa di un altro, Yes I can e Gola, che parla di cibo e Italia, o, meglio, che parla di Italia tramite il cibo. Quello della pasta. Torre spesso partiva dal particolare. Parlava di cose piccole, dettagli di microcosmi, aspetti ovvi quasi, scontati persino, e da lì creava il suo mondo, le sue storie. Fatte di piccole cose. D'altronde sono le piccole cose che, se guardate da vicino, posso rivelare le verità più grandi. Si sa.

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Il vestito giusto

Caterina Guzzanti, Pietro Sermonti, Francesco Pannofino, Alessandro Tiberi e Paolo Calabresi in una foto promozionale della serie TV Boris
Caterina Guzzanti, Pietro Sermonti, Francesco Pannofino, Alessandro Tiberi e Paolo Calabresi in una foto promozionale della serie TV Boris

In Mastandrea lo scrittore romano forse vedeva la famosa direzione pratica, il rigore direttivo, l'ausilio che ha sempre pensato gli servisse per non staccarsi da terra. Una specie di antidoto al suo modo di fantasticare, così temuto e desiderato allo stesso tempo. Ausilio che trovò per esempio in Luca Vendruscolo ("rigore friulano"), con cui aveva collaborato già per Piovono Mucche e che fu l'ultimo componente con il quale si formò il definitivo trio dietro Buttafuori e Boris (due pietre miliari, non solo capaci di parlare della nostra società, ma di anticiparne sviluppi, abitudini e indoli), ma anche e soprattutto nella sua vita privata, fonte di ispirazione per La Linea Verticale e per l'adattamento cinematografico di Figli, quello che sembrava il suo ultimo, bellissimo, regalo.

Corrado Guzzanti Mattia Torre
Mattia Torre in una foto

Un'illusione la sua, che di rigore in sé già ne aveva abbastanza, mascherato dal famoso senso di inadeguatezza. Un rigore che dovette mettere da parte in Dov'è Mario?, "colpa" di Corrado Guzzanti, che da fuoriclasse qual è risulta impossibile da ingabbiare, e del cambio del numero di episodi previsti per la serie, cosa, quest'ultima, che accetta con somma preoccupazione.
L'arte della parola insegna l'esigenza di un'espressione che non può prescindere dalla forma migliore, pena la frustrazione. Ogni concetto, storia, personaggio necessita della propria veste. Torre era sarto dei suoi personaggi, coreografo dei loro discorsi, maestro d'orchestra delle loro emozioni.

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Vivere per sempre

Sei Pezzi Facili 4
Sei pezzi facili: un'immagine dello speciale TV

In quel famoso 2003 nacque, per stessa ammissione dell'autore, In mezzo al mare - sei atti comici, atti e non pezzi, perché pezzi è troppo romano. Da quel 2003 nasce probabilmente anche Sei pezzi facili (e chi se ne frega, il romano è bellissimo), un insieme di appuntamenti teatrali iniziati il 19 novembre con la messa in onda su Rai3 (ma anche in streaming su RaiPlay) e che termineranno il 17 dicembre. Produzione Fremantle, perché Lorenzo Mieli fu un'altra presenza costante nella carriera / vita dell'autore, e con la regia televisiva di Paolo Sorrentino.

Boris
Mattia Torre in una foto

L'ennesimo regalo di Torre esce nel 2022, anno dell'attesissimo Boris 4, scritto, diretto e interpretato da quello stesso gruppo di amici e collaboratori che lavoravano con lui e con la quale, tutti insieme, l'hanno ricordato. Come hanno fatto Francesco Bruni e la sua squadra con Cosa Sarà e come ha fatto Giuseppe Bonito, che terminò le riprese del suo ultimo film, o i presenti al David di Donatello quando è salita sul palco sua figlia Emma per ritirare il premio. Come fanno Aprea e Mastandrea ogni volta che recitano un suo monologo, che sia da Cattelan, a Stati Generali o a Propaganda Live.
Mattia Torre non morirà mai perché le persone che ha conquistato continueranno a raccontarcelo, ma soprattutto perché noi abbiamo bisogno che ci venga raccontato, abbiamo bisogno della sua visione, della sua scrittura, del suo modo di metterci davanti allo specchio.
Abbiamo bisogno della sua ironia delicata, della gentilezza e della malinconia del suo occhio e della sua penna. Abbiamo bisogno di ricordarci che è esistita una testa come la sua e di quanto siamo fortunati a poterci interrogare, riscoprendola ogni volta.

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