Vige sempre una paura latente nello scrivere un ricordo in memoria di personalità come Matthew Perry; vi è il timore di non dire abbastanza, di cadere nella facile retorica, o nel melenso buonismo; vi è la paura che le parole non rendano appieno la sua portata iconica, la carica umoristica e il suo essere porto sicuro in una nave di quotidiana tempesta.
Ma per chi vive di una fotosintesi clorofilliana tutta particolare, una "fotosintesi cine-televisiva", dove alla luce del sole si sostituisce quella di schermi sempre accesi pronti a farsi nutrimento imprescindibile al giacimento dei sogni, non si può far altro che affidare alle parole, anche quelle fallaci, quelle incomplete, quelle sbagliate, il potere di richiamare tutta l'eredità che una personalità come Matthew Perry ha lasciato ai posteri. Vi sono infatti scomparse che addolorano, altre che lasciano più o meno indifferenti, e altre che concentrano in nuce un'aura di sgomento e incapacità di accettazione alquanto insolita. La notizia battuta nella notte italiana del 29 ottobre 2023 che vuole Matthew Perry morto per annegamento nella sua casa di Los Angeles a soli 54 anni è una di queste.
Già, perché Matthew Perry (nato a Williamstown, nel Massachusetts, il 19 agosto 1969) era molto più di un attore; è diventato tessera imprescindibile di quel puzzle complicato che è stata la nostra crescita personale; un mattoncino dei nostri ricordi d'adolescenza e ponte diretto su memorie felici. Matthew Perry fa parte di quegli interpreti che non bussava alla nostra porta, ne entrava di impeto, come un uragano di sarcasmo e cinismo del quale era impossibile non rimanere incantanti, ammaliati, affascinati.
I'll be there for you
C'è stato un prima di Friends, e c'è stato un dopo Friends; come per i suoi spettatori, nulla dopo quei salti nella fontana, quei costumi da coniglietto rosa, quelle smorfie irresistibili all'udire la voce di Janice, quelle sedute sulle poltrone in pelle, è stato lo stesso per Matthew Perry. Episodio dopo episodio, la sua identità andava ad assimilarsi - fino a sostituirsi - a quella di Chandler Bing. Un'unione (im)perfetta che per l'attore è stata sia la sua fortuna, che la sua più grande maledizione; per un'anima fragile il peso del successo ti può schiacciare, annullare, buttare nelle profondità di un baratro da cui è difficile alzarsi se non attraverso un aiuto esterno. Matthew Perry quell'aiuto non l'ha voluto ritrovare in mani che si protraevano per trascinarlo verso la luce, ma in droghe, alcol, sprazzi di euforia momentanea ed effimera che una volta esauritasi, scava ancor più a fondo nelle tue debolezze per lì lasciarti, ancora più solo, ancora più debole, ancora più sofferente.
Matthew Perry è caduto e si è rialzato, per poi ricadere e rialzarsi di nuovo. Ha superato le dipendenze, la depressione, le sedute in rehab, lasciando gli effetti di questa altalena interiore nel fisico, nello sguardo e, soprattutto, in un'anima provata. Dissimulava con sorrisi a tratti forzati, altri sinceri, i propri demoni interiori, Matthew Perry, ma i suoi occhi erano spenti. Basta guardarlo con attenzione nel corso dell'acclamata Friends: the reunion. Sono occhi lontani da quella luce che lo illuminava set non solo di Friends, ma anche di FBI: Protezione testimoni, 17 again, o Terapia d'amore. Una luce della ribalta che per Perry si è tramutata in discesa agli inferi, dalla quale l'attore ha tentato di risalire, sebbene a fatica. Ciononostante, noi spettatori credevamo che il tutto fosse passato, perché ci piace credere nelle favole, nelle storie di rinascita personale. Pensavamo di vedere in Perry un po' di Robert Downey Jr. Ci siamo illusi che così fosse, ma il destino è beffardo e ci ha smentito con un colpo di scena che nemmeno una fervida immaginazione come quella di Chandler Bing avrebbe mai prospettato.
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I'm not great at advice. But can I interest you in a sarcastic comment?
Eravamo pronti a ritrovarlo più forte di prima, Matthew Perry. Lui, che ha segnato le fasi della nostra vita, in una serie che è divenuta opera di formazione e di crescita per molti. Le sue battute al vetriolo, il suo sarcasmo irresistibile e mai insultante, le sue insicurezze celate dietro un umorismo alacre, hanno segnato i contorni perfetti di un calco in cui ritrovarsi e da riprodurre fedelmente durante la costruzione della nostra personalità. C'è chi sognava di diventare Rachel, chi Phoebe, chi Ross, ma alla fine siamo quasi tutti Chandler, il più fallibile, il più insicuro e il più umano di tutta la comitiva. Tanto è vero che possiamo addirittura parlare di una "sindrome da Chandler" pronta a colpirci in egual misura, dove il sarcasmo viene usato ogni qualvolta ci si trovi in una situazione imbarazzante che ci mette a disagio, rendendoci l'archetipo delle ragazze e dei ragazzi simpatici, divertenti, ma insicuri.
E per noi, che apriamo le porte delle nostre camere, delle nostre sale, e soprattutto della nostra fantasia, il mondo delle immagini in movimento, dei film e delle serie TV non sono solo prodotti di una macchina realizza-sogni, ma giacimento aureo in cui ritrovare parti di noi stessi a cui ispirarci, rifarci, avvicinarci. Sono ombre di amici perfetti, fantasmi di un'identità a cui ci sentiamo affini, parti di una giostra umana entro cui desideriamo infilarci senza paura o timore. Matthew Perry faceva parte di questo corollario di volti affabili con cui ci sentivamo a nostro agio; presta-corpo di personaggi imperfetti, eppure impossibili da non amare, grazie a interpreti come Perry noi spettatori sentivamo il diritto di venire meno ai canoni di una società dell'immagine che ci vuole sempre eccellenti, sempre impeccabili, sempre meno noi stessi e sempre più conformi a un'ideale irraggiungibile di perfezione.
Ci ha insegnato cos'è il sarcasmo, cos'è un'espressione facciale ricca di significati e povera di macchiettismo; ci ha insegnato come tenere nascosto il lavoro che facciamo, e cosa vuol dire essere un vero amico. Ci ha insegnato tanto Mattthew Perry. Ma non come si fa a dire addio a una parte della nostra infanzia.