Quarantadue anni dopo la Vita spericolata di Vasco Rossi, che voleva essere come Steve McQueen, ecco la sua diretta antitesi. Una sorta di cerchio, l'evoluzione naturale, lo specchio di una realtà finalmente normalizzata, nella sua incredibile riconoscibilità testuale. Ancora una volta lì, cantata al Festival di Sanremo. Andata e ritorno, calderone nazional popolare che, grazie alla musica, diventa specchio di quella società raccontata dagli artisti che, nonostante tutto, esistono, resistono e prendono posizione (basti pensare a Ghali e Dargen D'Amico che non hanno paura a chiamare le cose con il proprio nome), per buona pace di chi li vorrebbe "zitti e buoni" (qualcuno ha detto Carlo Conti?).
![Lucio Corsi Sanremo](https://movieplayer.net-cdn.it/t/images/2025/02/13/lucio-corsi-sanremo_jpg_375x0_crop_q85.jpg)
"Una vita come quelle dei film" negli anni Ottanta, una vita "Per quelli normali, che hanno poco amore intorno" negli anni dell'ansia sdoganata e sfruttata dai potenti. Per questo, se la politica è stata bandita dal Festival, Volevo essere un duro di Lucio Corsi è, per distacco, un atto di umana resistenza verso coloro che impongono lo status quo della perfezione.
Lucio Corsi e la sostenibile leggerezza dell'essere
![Lucio Corsi Palco](https://movieplayer.net-cdn.it/t/images/2025/02/13/lucio-corsi-palco_jpg_375x0_crop_q85.jpg)
Quello di Corsi e Tommaso Ottomano è il miglior testo passato a Sanremo e, forse, tra i migliori degli ultimi anni. Ritroviamo un senso naif, da cantautore e cantastorie, un po' Edoardo Bennato e un po' Ivan Graziani (con un pizzico del miglior Tricarico). Lucio Corsi, musicista a tutto tondo, senza essere passato per i palchi pre-impostati dei talent show, con Volevo essere un duro diventa la voce di quelli che hanno "troppo sole negli occhiali". Lucio che non è altro che Lucio canta "quelli normali". È la voce di chi voleva essere come Steve McQueen, senza però accorgersi che il mondo non è un film, e che fuggire in fondo è "inutile". E c'è tutta la parafrasi del pensiero millennials nella canzone di Corsi (classe 1993): le aspettative al massimo, prontamente tradite, cadendo "giù dagli alberi".
Non c'è dubbio: il cantautore ha immediatamente stupito tutti, ancora prima di salire sul palco dell'Ariston. La scelta di duettare con Topo Gigio - che "gli ha insegnato l'ironia" -, gli occhi un po' tristi, i capelli lunghi come Iggy Pop, il fisico da lanzichenecco, il trucco bianco, un po' David Bowie e un po' Pierrot. E i costumi: una vecchia t-shirt con Gatto Silvestro, le spalline glam tenute su con le buste delle patatine. Tutto rigorosamente no-brand. Che meraviglia. Invenzioni strampalate di un artista degno di essere chiamato tale. Surreale, anticonvenzionale, tra l'autorialità e il folk, onnivoro nel sound, cinematografico e visivo nei testi.
![Lucio Corsi Paul Thomas Anderson](https://movieplayer.net-cdn.it/t/images/2025/02/13/lucio-corsi-paul-thomas-anderson_jpg_375x0_crop_q85.jpg)
A proposito di cinema: se la Settima Arte è sempre stata per Corsi un punto di riferimento (come la fotografia che cita The Master di Paul Thomas Anderson, o il suo debito verso The Blues Brothers, passando poi per il legame con Carlo Verdone), il videoclip di Volevo essere un duro diretto da Ottomano è un gioiello: un omaggio a Tenacious D e il destino del rock, con la presenza di Leonardo Pieraccioni, Massimo Ceccherini e Laura Locatelli. Vera goduria pop.
Siamo tutti outsider
Ecco, sempre pensando al cinema, Lucio Corsi è l'outsider in cui ritrovarci, che pare uscito da un film del Sundance: con Volevo essere un duro canta l'essere orgogliosamente underdog, e canta coloro che sono consapevolmente "nessuno". Figurativo nella scrittura, armonico in un sound anni Settanta che non si vergogna ad ammiccare a quel rock ormai superato. Se "vivere è un gioco da ragazzi", allora bisogna mettere da parte filtri e perfezioni per tornare a credere nell'essenza delle cose.
E sì, caro Lucio, siamo d'accordo con te: la purezza e il candore sono "cose serie". Insomma, Lucio è questo: l'elemento off, la verità dietro la menzogna. Il cortocircuito imperfetto che destabilizza il carrozzone televisivo più conformista, populista e metodico che possa esserci. Del resto, "le lune senza buche sono fregature", dicono "i girasoli con gli occhiali". E noi sì, finalmente, ci crediamo: abbiamo trovato il nostro inno. Senza vergognarci di aver paura del buio.