Il Big Ben in lontananza suona i suoi sette rintocchi. Il freddo inizia a fare la sua comparsa mentre cammini verso il tuo alloggio, o cercando riparo in una sala piena di gente, colori, odori. Sono le sette di sera, ma la giornata al London Film Festival 2019 non è finita e gli accrediti continuano a oscillare al collo di spettatori indecisi che guardano con fare insicuro un programma quanto mai fitto di proiezioni e incontri.
Giunto alla sua 63.esima edizione il London Film Festival si presenta come la copia gemellare, ma in formato ridotto, della metropoli che la accoglie. Frenetica, colorata, "melting pot" di studenti, professionisti del settore, giornalisti provenienti dal tutto mondo (soprattutto Europa) giunti qui in massa per compiere un'ulteriore tappa di quel percorso a ostacoli che è l'universo dei festival di cinema. A Londra non troverete il glamour di Cannes, o il lusso di Venezia, e neppure l'intimità di Roma o Torino, al massimo potreste aspirare al freddo di Berlino, o del Sundance. Londra è un po' tutto e un po' niente de suoi fratelli festival, prende e assorbe dagli altri, chiede in prestito film in seconda visione con anteprime europee o inglesi, prende sogni, paure, timori e desideri dei propri spettatori e, grazie all'intermediazione dei registi che il pomeriggio interloquiscono con gli accreditati nei cosiddetti "filmmaker Afternoon Teas", li vedono proiettare in formato cinematografico. Un mondo nuovo, di altissima qualità quello del London Film Festival; un abbraccio di pellicola e cultura tutto da scoprire insieme.
London Film Festival come ombelico del mondo
Londra è una città colorata e non solo perché a illuminarla sono insegne e giochi di luce che vestono di abiti luminosi monumenti e negozi. È colorata perché ad attraversare le sue strade affollate sono pelli di mille sfumature. Un crogiolo di culture e mondi diversi che trovano nel programma del London Fillm Festival il suo perfetto riflesso. Come tutte le migliori forme d'arte, anche il cinema ci aiuta nel comprendere il mondo che ci circonda, denotando una parvenza di senso che di solito tende a sfuggirci. Mai come quest'anno i registi hanno osservato, analizzato gli eventi che ci circondano per poi tradurli in immagini in movimento. L'ombra che ammanta le loro storie diventa creta da plasmare e con cui donare nuova forma, a volte anche sorprendente, a tematiche scottanti, scomode. Sono argomenti universali, ma anche specifici all'ambiente che li ha visti nascere ed evolversi, urlate ad alta voce usando la macchina da presa come megafono fatto di obiettivi e tasti "rec" da premere.
E così, proprio come la città di Londra ha imparato ad accogliere (Brexit permettendo) uomini e donne da tutto il mondo, così il London Film Festival ha aperto le porte delle sue sale ad autori e registi internazionali. Che siano grandi nomi di fama internazionale (Taika Waititi, Martin Scorsese, Rian Johnson) o giovani emergenti (Joe Talbot, Mati Diop) questi cineasti provenienti da ben 70 differenti paesi giungono a Londra spinti da un obiettivo comune: usare lo schermo come finestra sul mondo e attraverso le sue superfici riflettenti scuotere le coscienze, accendere la curiosità altrui, spingere al dibattito e lo scambio di opinioni circa anche eventi o movimenti culturali perlopiù sconosciuti. E in un momento storico dominato dallo spauracchio della Brexit, dove la Gran Bretagna tenta di isolarsi sempre più, mai come in questa edizione il paese assurge a centro del mondo, inviando un messaggio ambizioso di collaborazione e unione internazionale.
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Mai saltare le file
C'è poco da fare, agli inglesi piace fare le file. Ce l'hanno impresso nella loro cultura: vuoi fare una cosa? Falla con ordine, e per loro ordine è sinonimo di coda. Sono file precise, ordinate, mai scomposte. Che siano per accedere alle proiezioni stampa, a ritirare i coupon gratuiti per gli accreditati, o addirittura in attesa di biglietti di proiezioni sold out che possono essere rivenduti, al festival di Londra è tutto una fila. Che sia ben chiaro, non è una prerogativa inglese, questa, anzi: vige sempre la stessa regola, "festival che vai, fila che trovi". Eppure c'è qualcosa di rituale, di devoto in quelle inglesi. Vige un silenzio religioso, una concentrazione unica quando prendi il tuo posto in queste lunghe file e che ti permette di aprire un computer e scrivere le prime bozze della tua prossima recensione. Ma attenzione: mai tentare di saltare una fila. È uno dei capisaldi della cultura britannica: "never jump the queue", altrimenti quella osannata gentilezza e politeness la potreste vedere scemare come piccole gocce d'acqua nell'aria.
Freddo fuori, caldo in tazza
Lo Spritz di Venezia si trasforma a Londra in una tazza calda, da portare in giro con orgoglio. È un attributo riconoscibile, elemento ipertrofico del tipico cittadino dell'universo caotico e in perenne corsa come quello inglese. La tazza di "caffè", o di tè non è solo simbolo di un lavoratore ben inserito - anche solo per il tempo di un festival cinematografico - nel microcosmo londinese, ma un'esigenza. A ottobre il freddo comincia a fare capolino e a volte la corsa tra un cinema e l'altro non è abbastanza. Non è un caso dunque se le poltrone di tutte le sale cinematografiche sono dotate di un porta bevande in cui inserire con cura la propria cup of tea.
Stelle e terra
Sebbene la maggior parte dei film presentati a Londra sono titoli già passati con più o meno clamore in qualche altro festival, a presentarli sul red carpet sono loro, le grandi star di Hollywood. E ad attenderli, al di là delle transenne, sfilze di fan giunti a Leicester Square - centro nevralgico delle anteprime cinematografiche - dalle prime luci dell'alba. "Chi prima arriva meglio alloggia": è questo lo slogan che accomuna tutti i grandi eventi, dalle premiere ai concerti, eppure a testimoniare chi effettivamente è arrivato prima e si merita la tanto agognata prima fila, ci pensano i braccialetti. Per prenderli basta un numero, assegnato in ordine crescente in base all'ora in cui si è presentati a Leicester. Posizionate le transenne, srotolato il red carpet, messa in sicurezza la piazza, quel numero si tramuterà in braccialetto, e al cibo consumato per l'attesa ecco sostituirsi poster da autografare e cellulari con cui scattarsi selfie con i propri divi. Senza spingere, però; con ordine ed educazione, le braccia si allungano e le voci si fanno più forti così da attirare l'attenzione e avere il proprio momento di gloria.
Programmi di qualità
Quando proponi in seconda visione titoli già passati in vari festival, hai un vantaggio non da poco: i commenti, le reazioni hanno dato già qualche indicazioni sulle scelte da compiere, e le modifiche da apportare all'ultimo minuto. E anche quest'anno le scelte prese da Tricia Truttle (direttrice del London Film Festival) e dal suo staff di selezionatori, si confermano di ottima qualità. Dall'atteso Jojo Rabbit di Taika Waititi, a grandi titoli già acclamati alla Mostra del cinema di Venezia come Marriage Story (come vi avevamo raccontato nella nostra recensione di Storia di un matrimonio), Ema e The King, a a Cannes come The Lighthouse, a film puramente e spiritualmente inglesi come The Aeronauts o The Personal Hiatory of David Copperfield, a premiere mondiali come Our Ladies, e ultime fatiche di colonne portanti del cinema contemporaneo come The Irishman di Martin Scorsese (film di chiusura del festival) e A Beautiful Day in the Neighbourhood con Tom Hanks, l'asticella della qualità è sempre posizionata a livelli altissimi.
Martin Eden e gli altri film italiani
Perfino i film italiani sono stati accuratamente esaminati, tanto che quelli qui proposti si confermano essere i tre film più lodati dalla critica e pubblico nostrani: La paranza dei bambini, Il traditore e Martin Eden, riconosciuto dalla stessa Truttle come una delle sue opere preferite tra quelle presentate in ambito europeo.
Generazioni e culture diverse, divi e accreditati, penne e computer, per undici giorni il London Film Festival diventa l'ombelico del mondo e il centro nevralgico del cinema. Lei, la città illuminata dalle insegne di cinema e teatri che invadono il West End (solo a Leicester Square sono quattro i cinema che si possono contare al suo interno) per poche ore abbraccia con un silenzio religioso i propri spettatori, isolando il resto del mondo al di fuori delle sale per lasciar spazio a sogni e incubi che camminano affiancandoci nel mondo di tutti i giorni. Un universo da guardare attentamente, sempre con in mano una tazza di caffè o tè caldo.