Ottocento anni dalla fondazione della prima università laica d'Europa. È stata questa l'occasione per la realizzazione di un corto che celebrasse questo avvenimento, un'opera prodotta da MAD Entertainment insieme all'Università Federico II di Napoli e della quale direzione si è occupato Alessandro Rak, fumettista, regista e animatore responsabile di film che, seppur recenti, hanno fatto la storia dell'animazione italiana come L'arte della felicità e Gatta Cenerentola, presentato alla 74ª Mostra del Cinema di Venezia. Ed è proprio nell'ambito della Mostra che quest'anno abbiamo avuto modo di fare qualche domanda a Rak su questo corto che riesce a raccontare in pochissimo tempo la vita, o meglio, gli avvenimenti principali, dell'esistenza di Federico II di Svevia, personaggio storico controverso ma noto per quella vivacità intellettuale che lo ha portato ha reputare la cultura e l'istruzione come un bene primario e prioritario.
L'importante è suscitare curiosità
Una prima doverosa domanda è stata sulla nascita del corto e sulla scelta di rendere il testo così importante e incisivo: "Fare questo cortometraggio commissionato dai docenti della Federico II mi ha messo un po' in apprensione, sai, sono stato un pessimo studente anche a livello universitario. Quindi ho studiato bene il personaggio, almeno per il tempo che avevo a disposizione, per riuscire a rendere l'enorme quantità di elementi che lo riguardano. È stata una figura molto discussa e ha prodotto tanto in una vita tutto sommato breve. Non avevo immaginato all'inizio di far parlare i personaggi in versi, ma per rendere questa vita ho pensato di inserire in qualche maniera un testo strabordante. Per poter fare sì che questa sovrabbondanza del testo fosse tollerabile per uno spettatore ho cercato di giocarmi la partita in un senso ritmico."
L'aspetto più importante, l'obiettivo primario di questo lavoro era quello di far interessare gli spettatori alla vita e alle opere di Federico II di Svevia, proponendo un sunto, ovviamente romanzato, degli avvenimenti storici più significativi: "L'idea era creare curiosità attorno a questo personaggio, che poi penso che sia l'operazione culturalmente più assennata quando si fanno queste cose. È ovvio che bisogna cedere tanto all'aspetto scenico, giocoso, cercando il maggior rispetto possibile con le fonti e così via. Alla fine quello che vince, probabilmente, è la capacità di suscitare curiosità attorno alla vicenda storica e al personaggio, andare eventualmente a studiare e scoprire qualcosa in più di quello mostrato nel cortometraggio. Penso che il senso del cinema sia quello di aprire scenari non quello di sintetizzare. Questo lavoro non è una lezione di storia, ma uno spunto di riflessione."
E la parola curiosità è sicuramente fondamentale nelle intenzioni di Rak, un concetto imprescindibile dalla cultura stessa: "Siamo in una realtà paradossale, possiamo anche non tenere immagazzinate tutte queste informazioni perché c'è chi le immagazzina per noi. La questione del sottolineare il valore della cultura l'ho sempre trovata una sciocchezza: per me la cosa fondamentale è accendere lo stimolo della curiosità, quando c'è la cultura diventa una conseguenza. La cultura deve essere un tirarsi reciproco di curiosità, lenze e ami che ci attirano e ci incuriosiscono."
L'animazione è il cinema
Quando gli abbiamo chiesto una riflessione sulla percezione dell'animazione nell'industria cinematografica e nel sentire comune il regista ha detto: "L'animazione è il cinema, fa parte del suo grande calderone. Dentro l'animazione poi ci sono tutti gli altri modi, più codificati, di interpretare il gioco dell'illusione, del movimento e dell'alternanza tra luce e buio, essenza del cinema stesso. L'animazione può impastare la fotografia con il disegno, con l'animazione di oggetti. Insomma è tutto, che lo si capisca o non lo si capisca, che la si categorizzi oppure no. Nell'ambito anche degli studi bisogna capirlo: hai la possibilità di mettere tutto quello che ti viene in mente all'interno dello spettacolo cinematografico e poi puoi scegliere se questa cosa si riduce a una drammaturgia da film live, che sembra più qualcosa di teatrale, oppure se si vuole andare oltre, giocando sul singolo fotogramma intagliandolo, modificandolo e stravolgendolo addirittura."