Con la nuova stagione televisiva iniziata - in ritardo a causa della pandemia in corso e il conseguente rinvio dell'inizio delle riprese e della messa in onda - la tv americana si è trovata ancora e più di prima a dover affrontare ciò che accade fuori dalle finestre di tutto il mondo: il Covid-19. L'assurda situazione che stiamo vivendo ha ripercussioni sulla vita quotidiana di tutti: per l'audiovisivo da sala e streaming può sembrare troppo presto per raccontare una situazione reale che tuttora non si è risolta - come le recenti critiche mosse alla serie di Netflix Social Distance, girata durante il lockdown, o a Fuori era primavera: Viaggio nell'Italia del lockdown, il documentario di Gabriele Salvatores presentato alla Festa del Cinema di Roma.
Per la tv generalista è un'altra storia: quest'ultima vive di appuntamenti settimanale, di riprese molto a ridosso della messa in onda e di conseguenza le varie writers room si sono dovute riunire in questi mesi di "fermo" per decidere se e come inserire il Covid-19 nelle nuove storyline, facendo in modo che non sembrasse una forzatura. Questo considerando anche i non-finali che gli show sono stati costretti a mandare in onda in primavera, avendo potuto girare meno puntate del previsto. Le serie tv in questa particolare e difficile annata dovranno affrontare anche delle stagioni ridotte come numero di episodi, per le stesse motivazioni.
GREY'S ANATOMY E I PROCEDURALI
Con l'arrivo in Italia dal 24 novembre delle nuove stagioni di Grey's Anatomy e This Is Us su Fox, è ufficialmente iniziata anche da noi la "Covid season" della serialità e quindi ci è sembrato utile fare un mini punto della situazione. Proprio Grey's Anatomy e il suo spin-off Station-19 che condividono lo stesso universo narrativo ogni settimana, come aveva già dichiarato la showrunner di entrambi Krista Vernoff, hanno riassunto forse po' confusamente i mesi passati entrando poi nel pieno del lockdown e della situazione attuale, che negli Usa è tutt'altro che rosea. La premiere di Grey's ha fatto molto parlare di sé per aver riportato a sorpresa un personaggio storico nello show con il pretesto della pandemia. Mascherine, distanziamento, preoccupazione dei vari personaggi - molti di loro genitori - nel non esporre i propri cari all'eventuale contagio, lavorare tutto il giorno in ospedale con turni sempre più frequenti proprio a causa del maggior lavoro richiesto, situazioni sempre al limite del probabile a cui già ci aveva abituato lo show. Cambiare pelle senza cambiare anima, insomma. Sarebbe addirittura dovuto morire uno dei protagonisti nel finale della scorsa stagione, previsto come crossover con Station-19, ma le cui riprese sono state stroncate dal Covid in primavera, risparmiando per il momento la vita a quel personaggio.
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THE GOOD DOCTOR E L'IRONIA DELLA SORTE
Altro interessante caso è quello di The Good Doctor (in Italia prossimamente su Rai2), fortunato remake dell'omonima serie sud-coreana, pluripremiata in patria, arrivato alla quarta stagione. Il medical di ABC ha come protagonista Shaun Murphy (Freddie Highmore), un giovane chirurgo affetto da sindrome di savant, e questo è l'aspetto più originale: come il suo personaggio abbia dovuto affrontare i protocolli anti-Covid. Gli autori hanno però deciso, con tanto di messaggio iniziale prima delle puntate, di affrontare la pandemia come fosse un "caso della settimana", concentrandolo sulla doppia premiere - in modo quasi documentaristico e clinico - per poi passare ad altro. Ironia della sorte, però, nel frattempo due dei protagonisti - Richard Schiff e la moglie Sheila Kelley, compagni anche sullo schermo - sono entrambi risultati positivi al Covid-19. La situazione per i due pare non essere grave, le riprese non sono state interrotte ma la storyline dovrà sicuramente essere adattata alla loro assenza. Una situazione simile a quanto capitato sul set del trittico Chicago di Dick Wolf su NBC, con la produzione sospesa per alcune settimane a causa di un contagiato sul set.
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Ci sono poi i procedurali che sono stati in grado di inserire il Covid accennandolo nelle storyline a "tempo zero": The Resident, dove è solamente citato negli ultimi episodi della terza stagione e sarà sicuramente più preponderante nella quarta in partenza a gennaio su FOX. E All Rise, la novità di CBS che ha utilizzato il pretesto della creatività del giudice protagonista (Simone Missick) per non perdere il finale di stagione in primavera e realizzare un processo virtuale a distanza.
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IL REALISMO DI THIS IS US
Se c'è una serie drammatica vicina come non mai alla realtà, pur non essendo un procedurale, questa è This Is Us, il "Lost dei family drama" per come ha saputo unire flashback e flashforward e raccontare in modo innovativo una storia familiare ambientata fra più epoche, compresa quella contemporanea. Dan Fogelman, il creatore, ha dimostrato con questo serial di saper dosare sapientemente dramma e commedia, sempre nei toni del realismo, trovando il favore dei critici, del pubblico (ascolti così sulla tv non se ne vedevano da tempo) e dalla stessa NBC. Non stupisce quindi che nella nuova stagione sia riuscito a inserire sia il Covid-19, facendolo diventare sfondo e non tema centrale, insieme al movimento Black Lives Matter, complice il personaggio di Randall (Sterling K. Brown), che aveva già permesso di affrontare la tematica razziale nelle scorse stagioni. Quest'ultimo è un altro argomento spinoso che la tv generalista dovrà affrontare, e che potrebbe essere materiale per un eventuale altro approfondimento.
SUPERSTORE E LA TRAGICOMMEDIA DEL CONTEMPORANEO
Oltre a medici, infermieri e pompieri, gli altri "eroi" dei mesi del lockdown sono stati i commessi dei supermercati. Una comedy come Superstore, così vicina alla quotidianità "d'ufficio" dei grandi magazzini Cloud-9 poteva esimersi dal raccontare un mondo in-Covid? Ovviamente la risposta è no. Non solo: la comedy di NBC (in Italia prossimamente sui canali Premium Sky/Infinity) nel sesto ciclo ha dovuto anche gestire l'addio di uno degli storici protagonisti, Amy (America Ferrera), già annunciato nella scorsa stagione ma che non avevano potuto girare, con le riprese stroncate a un episodio dalla fine per via dell'esplosione della pandemia. Il creatore Justin Spitzer e gli autori sono stati molto bravi ad utilizzare proprio il virus per raccontare in modo ironico la quotidianità drasticamente cambiata del Cloud-9 al centro dello show, con il sorriso dolceamaro che l'ha sempre contraddistinta, e dar ancora maggiori motivazioni alla coppia Amy-Jonah per andare via insieme o meno. Anche Black-ish e il suo spin-off Grown-ish affronteranno nei nuovi episodi un mondo in-Covid, considerando anche che alcuni studi dicono che le persone di colore siano maggiormente soggette a contrarre il virus. C'è chi è riuscito addirittura a fare un episodio a tema Halloween, senza dolcetto o scherzetto perché cancellato dal sindaco a causa della pandemia, come The Conners la comedy spin-off di Roseanne (Pappa e Ciccia), totalmente inedita in Italia. Ad essere quasi sicuramente più amara che dolce sarà l'ultima stagione di Shameless, in partenza il 6 dicembre negli Usa su Showtime. Lo showrunner aveva dichiarato che una dramedy che racconta una famiglia disfunzionale e ai margini della società non poteva non cogliere l'opportunità di mostrare come anche quella fetta di popolazione stia affrontando le difficoltà della pandemia, e la malattia stessa, dato che più di qualche membro dei Gallagher dovrebbe esserne affetto sullo schermo.
THE RESIDENT E I MEDICAL DELLA MIDSEASON
Ci sono poi le serie che, anche a causa della pandemia e del ritardo nelle produzioni, sono tornate direttamente in midseason, ovviamente con stagioni ridotte. Chi ha fatto una scelta simile - ma meglio gestita - di The Good Doctor è The Resident, il medical di denuncia del sistema sanitario americano, che ha "risolto" l'esplosione del Covid-19 nella premiere, giocando anche con un flashforward iniziale, per passare poi alle vite post-pandemia dei protagonisti nelle puntate successive. Ognuno avrà le proprie conseguenze, ospedale stesso compreso, non dimenticandosi quindi della natura "monetaria" della propria storia. A proposito di medical, l'altro grande doppio comeback della midseason, il franchise di Ryan Murphy e soci 9-1-1 e il suo spin-off 9-1-1: Lone Star, sono tornati con "una nuova anormalità" come recitava il titolo della season premiere della serie madre. Una maggiore trama orizzontale per i "casi delle settimana", sempre più al limite dell'assurdo, che incontrano le storie personali dei protagonisti, legate appunto alla nuova situazione che stiamo tutti vivendo. Lo spin-off in questo - sarà la caratterizzazione texana o la maggior chimica presente nel cast - è riuscito a fare un lavoro paradossalmente migliore e più coerente della serie originale, e lo stesso si può dire di Station 19 rispetto a Grey's Anatomy, che inizia forse per la prima volta ad accusare il colpo degli anni che passano e l'impreparazione (nonostante abbia avuto mesi di tempo) della showrunner Krista Vernoff. New Amsterdam, il medical che fornisce la possibile soluzione al sistema invece della denuncia rispetto a The Resident, ha visto la pandemia entrare nella vita dei personaggi e dell'ospedale pubblico del titolo. Fatto curioso, un po' come accaduto in The Good Doctor, e come viene annunciato da Ryan Eggold (Max Goodwin) e la new entry Daniel Dae Kim (il dott. Shin) già nel finale della seconda stagione, l'episodio è stato rimontato per incentrarsi meno sulla pandemia (che verrà affrontata nella terza stagione nel post vaccino e post emergenza) e l'attore ha contratto nella realtà il virus proprio durante le riprese di quell'episodio, guarendone poi. Un grande rispetto che conferma il modo di affrontare la realtà da parte di Max e del suo team. Come ad esempio coinvolgere gli ospedali e i medici per fare interscambi di merce non usata e in disavanzo per compensare mancanze e simili, o la paura delle persone di recarsi in ospedale a donare sangue.
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YOUR HONOR E LE AGGIUNTE FORSE SUPERFLUE
All Rise, dopo essere stata l'unica a inserire la pandemia nel proprio finale di stagione - quindi letteralmente a temo zero - attraverso un processo a distanza, ha visto la pandemia entrare prepotentemente nelle vite dei protagonisti, così come il black lives matter. Più inusuale è stato un altro giudice, questa volta interpretato da Bryan Cranston, in Your Honor, la prima serie via cavo (quindi non generalista, insieme a Shameless), ad inserire da un certo punto in poi la pandemia nella storia perché probabilmente accaduto in corsa nella realtà mentre finivano le riprese, quando la situazione non era ancora gravissima negli Usa. Un'aggiunta che non porta però necessariamente qualcosa alla narrazione, salvo alcuni escamotage di cui però si poteva anche fare a meno. A proposito di procedurali, questa volta generalisti, Prodigal Son tornato anch'esso in midseason, ha avuto un taglio ancora più netto alla trama rispetto a The Good Doctor e The Resident: si è direttamente passati a un 2021 senza Covid. D'altronde, i protagonisti hanno ben altri problemi da affrontare dopo lo sconvolgente finale della stagione inaugurale.
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LA PANDEMIA "FAMILIARE" DI A MILLION LITTLE THINGS
Chi ha inserito a sorpresa nelle proprie trame la pandemia è stato A Million Little Things (serie ABC purtroppo ancora inedita in Italia). Proprio come This Is Us, lo show ha potuto fornire un punto di vista familiare e non medico-poliziesco alla pandemia in corso, mostrando anche l'effetto sulle piccole attività come il ristorante di Gina (Christina Moses). Il vero stupore è che, sebbene solamente accennato ad inizio stagione - probabilmente anche per una questione di set e produzione, in modo da riuscire a tornare a novembre in palinsesto insieme a Grey's Anatomy e Station 19 - gli autori abbiano deciso di inserire prepotentemente nella trama il Covid solo nella seconda metà, quando la serie è tornata in midseason.
LA REAZIONE DEL PUBBLICO
Dai sondaggi, dai commenti sui social e dagli ascolti in calo - segnati anche dal fatto che col lockdown gli spettatori si sono abituati a recuperare le serie in streaming e non in tv, con la programmazione ferma per forza di cose - sembra emergere che il pubblico apprezzi le storie senza Covid e non abbia necessità di averci a che fare anche settimanalmente nel proprio serial preferito, oltre nel proprio quotidiano reale. Magari preferiscono staccare la spina per quei 40 o 20 minuti a settimana. La strada è al momento in salita e anche la tv generalista sta cercando, nel suo piccolo, di dare una briciolo di "nuova normalità" ai propri spettatori. Nonostante l'incedere sempre più preponderante dello streaming, chi saprà raccontare meglio e a così stretto giro la nostra quotidianità - sia quella positiva che quella meno positiva - sarà proprio la tv generalista e quindi non facciamola morire, anzi sosteniamola come possiamo.