L'Amour flou, la recensione: una separazione (quasi) in diretta

La recensione de L'Amour flou, il film in cui Romane Bohringer e Philippe Rebbot raccontano la loro separazione, romanzandola.

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L'amor flou - Come separarsi e restare amici: Romane Bohringer, Philippe Rebbot in un'immagine

C'è un elemento imprescindibile per la visione, e quindi poi anche per la stesura di questa recensione de L'Amour flou: gran parte dei fatti narrati sono veri. Non ispirati a fatti realmente accaduti, ma veri, reali, quasi documentaristici, perché riprendono le venature di una quotidianità che si sta snodando sotto i nostri occhi, sullo schermo.

Una trama che è vita vera

La storia de de L'Amour flou si apre con Romane Bohringer e Philippe Rebbot - che sono i nomi dei personaggi, ma, appunto, anche degli stessi attori - che si stanno lasciando. Lo fanno dopo dieci anni di vita insieme, due figli e un cane. Ma la loro separazione è differente da quelle che siamo abituati a vedere, perché non ci sono urla, non c'è astio, c'è solo una convinta e decisiva presa di coscienza riguardo al fatto che non si amano più. O forse piuttosto che il loro amore è diventato altro, ha scavallato quello di coppia e si è assestato su un altro piano, quello di chi ha condiviso tanto, tutto, e ora vede l'altro come una parte indispensabile della propria vita, ma non amorosa.

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L'amor flou - Come separarsi e restare amici: Romane Bohringer, Philippe Rebbot in una scena del film

Decidono di vendere casa, e la ricerca delle nuove abitazioni si prospetta complicata: vogliono rimanere nel vecchio quartiere per non far cambiare scuola ai bambini, e possibilmente che i due nuovi appartamenti siano vicini, così che il tutto sia meno traumatico per Rose e Raoul (anche qui, i figli sono davvero i loro figli, con i veri nomi). Un costruttore gli propone una soluzione del tutto sui generis, che li convince subito: comprare due appartamenti attaccati e comunicanti, con la stanza dei bambini al centro che funge da zona comune e ponte tra gli alloggi.

Tra finzione e realtà

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L'amor flou - Come separarsi e restare amici: una scena con Romane Bohringer, Philippe Rebbot

Il più grosso pericolo di girare un film del genere era quello di farlo per se stessi, costruirsi una terapia in immagini per esorcizzare la separazione, una forzatura pubblica di un'esperienza privata che interessasse più gli autori che lo spettatore. Da questo punto di vista, il pericolo è stato abilmente scampato da Romane Bohringer-Philippe Rebbot. Anzi, forse proprio per l'autenticità e la passione messa in fase di scrittura (viene sì mostrata la vera separazione, il vero trasloco, l'effettiva nuova casa, ma tutto è comunque sceneggiato), sono proprio le parti più strettamente collegate alla loro vita a funzionare meglio. A questo nucleo fondamentale della separazione, fatto di varie ramificazioni tra cui la comunicazione della circostanza ai parenti stretti e la gestione emotiva dei figli, si aggiunge infatti una parte totalmente inventata, delle storie accessorie che servono (o sarebbero servite) a rimpolpare la trama principale, a darle un senso più trasversale in quanto rapportato al mondo esterno rispetto al nucleo della famiglia Bohringer-Rebbot.

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L'amor flou - Come separarsi e restare amici: Romane Bohringer in una sequenza del film

È proprio qui che si trovano le maggiori forzature. Probabilmente preoccupati di far de L'Amour flou un film troppo personale, hanno voluto andare oltre e aggiungere delle proiezioni future a una narrazione che fino a un certo punto, romanzata o meno, seguiva rigorosamente le impronte della loro autobiografia. L'approccio a un nuovo partner dopo oltre dieci anni di relazione, la difficile gestione da separati di uno spazio diviso eppure comunicante, tutti questi passaggi necessari per la coppia, sono il vero punto debole del film, con i due sceneggiatori decisamente più velleitari quando si tratta di uscire dal sentiero tracciato dalla loro esperienza.

L'idea, per esempio, di mettere "un matrimonio all'interno di un film su una separazione", come hanno dichiarato i due, è buona, ma ci si arriva con una faciloneria che tende a livellare un po' tutto verso il basso, nonostante il buon lavoro nei minuti precedenti. Si è voluto dare una chiusura al cerchio, completare una parabola che invece sarebbe stato più opportuno lasciare aperta, in essere. Se il racconto fosse rimasto parziale e avesse seguito il flusso della vita non ne avrebbe perso, sarebbe stato, anzi, coraggioso, forse meno rassicurante, ma più coerente con la tranche de vie narrata. Forse questa è la vera sbavatura personalistica che si sono concessi Bohringer-Rebbot, quasi a dirsi: andrà tutto bene.

Conclusioni

Come abbiamo analizzato in questa recensione de L’Amour Flou, la grande peculiarità di questo film è il racconto di una storia vera, più o meno romanzata, da parte dei protagonisti che stanno davvero vivendo quelle vicende, e che probabilmente le elaborano proprio mentre le “riducono” a finzione cinematografica. Il film funziona bene fin quando tutto questo avviene pedissequamente, quando cioè viene lasciato poco spazio all’immaginazione e il film procede sui binari dell’esperienza. Quando poi la riflessione si allarga, e nuovi personaggi di finzione vengono inseriti per contestualizzare la storia nel mondo esterno, “reale”, l’effetto è proprio l’opposto, e si inciampa in espedienti artefatti, che non rendono giustizia a quanto si era costruito nella parte antecedente del film.

Movieplayer.it
2.5/5

Perché ci piace

  • L’alchimia che si percepisce tra i due protagonisti: è vero, si stanno lasciando, ma la forza del loro legame è evidente e funziona ancora.
  • Nonostante si sia deciso di raccontare una storia profondamente personale, per giunta mentre è ancora in corso, non si scade nel personalismo

Cosa non va

  • Dopo due terzi del film molto buoni, vengono inserite delle dinamiche troppo artificiose e prevedibili che abbassano il livello del film proprio quando dovrebbe venire il più bello.