Prima il passaggio fortunato a Venezia, poi l'uscita in sala e una marcia trionfale che lo ha portato dritto tra i ventisei titoli d'animazione in corsa verso gli Oscar. Così Gatta Cenerentola prosegue il cammino che la Mad Entertainment iniziò qualche anno fa con L'arte della felicità, a Napoli: una squadra di quindici ragazzi che hanno sdoganato l'animazione italiana dall'idea di un prodotto legato a un pubblico di bambini.
Oggi la tappa è il Lamezia Film Festival dove il film è stato scelto per aprire la quarta edizione della rassegna curata da Gianlorenzo Franzì e che ospita uno dei registi di Gatta Cenerentola, Alessandro Rak. Agli Oscar non ci pensa, ci dice, "sogno più lo scudetto del Napoli", perché l'importante è mettersi in gioco, fare squadra e prendere tutto ciò che di buono può venire fuori.Leggi anche: Gatta Cenerentola: amore, malavita e animazione
Da Giambattista Basile al grande schermo
Qual è stato il processo creativo alla base di Gatta Cenerentola?
Siamo partiti dal racconto di Giambattista Basile del 1634, la prima testimonianza scritta della fiaba di Cenerentola. Ci interessavano gli aspetti più cruenti della favola, quelli per cui era la stessa protagonista a macchiarsi di delitti efferati, tutt'altro personaggio rispetto alla Cenerentola disneyana che conserva un'anima pura e candida nonostante le angherie a cui è sottoposta. Volevamo riportare Cenerentola a Napoli, nel suo luogo di partenza, ma dovevamo fare i conti con un precedente importante di questa versione, l'opera teatrale di Roberto De Simone che era molto musicata. La nostra idea era quindi di restituire quella componente musicale molto forte e pregnante, conservando l'aspetto della tradizione e della trasgressione con pezzi vecchi rivisitati e pezzi nuovi realizzati ad hoc per il film.
Abbiamo conservato il linguaggio, il napoletano, rendendolo un po' più edulcorato laddove lo ritenevamo poco comprensibile, mentre l'ambientazione è più moderna e contemporanea anche se con i contorni vaghi tipici della favola, senza cioè una connotazione spazio temporale esatta; il nostro Gatta Cenerentola è inoltre ambientata in una specie di presente parallelo, una sorta di retro futuro, con degli aspetti di fantascienza americana degli anni '60. Volevamo dargli un contesto famigliare che non allontanasse il pubblico adulto a cui ci rivolgiamo e che spesso ha l'esigenza di non vedere cose troppo strampalate o fantasiose. È una storia contemporanea, ma con degli aspetti più sognanti tremendamente deleteri che alludono alla realtà criminale italiana.
Dietro c'è tutta la creatività della Mad Entertainment...
La Mad è una piccola bottega dell'animazione in un paese, l'Italia, dove non c'è una grande cultura dell'animazione; a differenza di altre produzioni volevamo fare film animati senza il bisogno di appoggiarci a realtà estere, spesso orientali e sottopagate.
L'idea era di fare tutto in loco, per questo i nostri studios sono a Napoli, è una specie di piccola casa, siamo in quindici e quando siamo partiti eravamo poco più che ragazzi, oggi lo siamo un po' meno, siamo invecchiati facendo film.
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Un'animazione local
Napoli è sempre protagonista dei vostri film. È una costante, quasi una cifra stilistica...
Se vuoi farcela con le tue risorse spesso ti tocca inventare delle soluzioni di budget; una di queste ad esempio è il localismo, cioè partire dalla propria città, da quello che si conosce meglio e che nel nostro caso è Napoli. La città è così inevitabilmente un personaggio, ti ha dato i natali e rimane un mistero, perché sa di te molte più cose di quante tu non ne sappia di lei, porta dentro di sè il segreto della tua origine, è come una madre. Ne L'arte della felicità l'abbiamo immaginata cupa e piovosa. Il motivo è che Napoli è una città molto animata, ma non avevamo i mezzi per animarla così tanto; perciò immaginarla piovosa, quindi con meno gente per strada e più semplice da rappresentare, ci è sembrata la soluzione migliore. In Gatta Cenerentola al posto della pioggia c'è la cenere; l'idea è che il cielo debba parlare, forse perché noi che abitiamo vicino al mare siamo un po' metereopatici, e il cielo è un personaggio che ci accompagna in modo subdolo, a cui non facciamo neanche più caso.
Qual è lo stato di salute dell'animazione italiana e come si fa a coinvolgere un pubblico adulto?
Il problema è di carattere culturale e storico che lega l'animazione a un pubblico non adulto; spesso è capitato che chi entrava a vedere L'arte della felicità pensando fosse un film, ne uscisse sorpreso di aver visto un'animazione. Non si può pretendere di vincere una battaglia, ma si può proporre un tipo di prodotto diverso e insistere se le cose funzionano, come è successo a noi. Il punto è riuscire a costruire un sistema che metta i talenti nelle condizioni di poter lavorare e coltivare i propri sogni, la propria creatività. Siamo partiti dall'idea che non si potesse fare un'animazione d'autore in Italia, non c'erano dei precedenti, ma noi ci abbiamo provato, è stato come dire: "Si può fare, l'animazione italiana esiste". Non c'è nulla che non si possa fare e non è vero che non ci sono le premesse per farlo, noi le abbiamo trovate partendo da zero.