Con un notevole anticipo sull'uscita italiana del film (prevista per il 27 luglio) lo scrittore/disegnatore statunitense Jeff Kinney è giunto oggi a Roma per presentare Diario di una schiappa: pellicola che è la prima di quella che sarà una serie (negli States è già nelle sale il secondo episodio) ispirata ai libri che hanno dato il successo allo scrittore, incentrati sulle disavventure del piccolo Greg Heffley nell'ambiente per lui nuovo della scuola media. Una saga letteraria che è diventata un vero e proprio fenomeno di massa nell'ambito della narrativa per ragazzi, e che ha conquistato lettori di tutte le età grazie alla sua ironia e alla descrizione puntuale di situazioni universali, in cui tutti, bene o male, possono riconoscersi. Il film diretto da Thor Freudenthal, che si avvale di un'originale commistione tra immagini dal vivo e illustrazioni animate (ispirate a quelle disegnate dallo stesso Kinney per il libro) si è rivelato un divertissment simpatico e non banale, pur pagando qualcosa alla struttura episodica e poco cinematografica del prototipo letterario. Seguiamo ora i passaggi principali dell'incontro di Kinney con i giornalisti romani.
Qual è stato il suo contributo alla sceneggiatura del film?
Jeff Kinney: Io non ho partecipato ufficialmente alla sceneggiatura, né sono stato in alcun modo coinvolto nella produzione del film; tuttavia, sono stato costantemente presente sul set e ho dato consigli per lo script, oltre a contribuire al casting.
La prima volta che le è capitato di disegnare il personaggio di Greg, avrebbe mai immaginato tutto questo successo?
No, è stato un successo inaspettato: un successo che mi ha fatto girare il mondo in lungo e in largo, portandomi in luoghi impensati per promuovere i libri. Da quell'idea originale, di strada ne ho fatta tanta...
Quanto c'è di autobiografico nel personaggio di Greg?
Il personaggio è frutto di finzione, quando l'ho scritto sinceramente non c'era molto di me. Però parti specifiche di quello che succede a Greg sono anche parti della mia vita, in certi momenti Greg rappresenta me stesso trasportato in un altro universo.
No, sono stati tutti molto professionali, hanno imparato e recitato le loro battute senza problemi. Inoltre, sul set siamo diventati anche ottimi amici.
E' vero che, originariamente, le sue vignette non erano pensate per i ragazzi? Forse lo scopo era denunciare i fenomeni di bullismo?
Inizialmente tutto il progetto era pensato per dei lettori adulti, poi l'editore ne ha intuito le potenzialità e mi ha dato dei suggerimenti per renderlo adatto anche a un pubblico di ragazzi. Le situazioni rappresentate sono situazioni universali. Sono contento del successo che i libri hanno avuto, ma comunque, quando scrivo, penso anche a un potenziale target di lettori adulti.
Qual è stato il suo rapporto con il regista?
Ho avuto ottimi rapporti con il regista del film, così come con gli studios e tutto lo staff. Ovviamente lavorare su un film è molto diverso dallo scrivere un libro, nel secondo caso hai tutto sotto controllo, mentre il lavoro per un film è più collaborativo, arrivano input da più parti.
Come sono state selezionate, per il film, le parti tratte dai libri?
I libri non hanno una vera e propria struttura narrativa, sono più che altro raccolte di brevi storie a sé. Per il film bisognava ovviamente dare un'organicità al tutto, così abbiamo raccolto le parti che potevano risultare più divertenti per un pubblico di ragazzi e abbiamo cercato di collegarle tra loro.
Ho cercato un approccio che fosse innanzitutto di rispetto verso i ragazzi e verso la loro intelligenza. Sono loro i protagonisti di queste storie.
Ha modelli specifici, letterari o cinematografici?
No, mentre scrivevo non pensavo a modelli precisi. Ho cercato di sviluppare un mio modo per raccontare queste vicende.
Quali erano i suoi libri preferiti da bambino?
Mi piacevano due autrici per l'infanzia come Judy Blume e Beverly Cleary, ma sinceramente non so se siano così note da voi.
Che differenza c'è, secondo lei, tra la generazione di ragazzini di cui lei ha fatto parte, e quella attuale?
Credo che i ragazzi oggi si sentano più sicuri a scuola, più tutelati. Prima, passare dalle elementari alle medie era come passare da un luogo sicuro a una specie di prigione, oggi mi pare che questo passaggio sia vissuto in modo molto più tranquillo. Le situazioni rappresentate nel film descrivono i miei ricordi, il modo in cui la nostra generazione viveva quell'esperienza.