Con la recensione di Io, lui, lei e l'asino (in originale Antoinette dans les Cévennes) si torna con la mente al 4 giugno 2020, quando Thierry Frémaux ha annunciato quella che lui chiamava la Selezione Ufficiale di Cannes 2020, ossia la lista dei film che avrebbero partecipato al festival se non fosse stato annullato causa pandemia (anche se in realtà la lista era parzialmente ingannevole, poiché alcuni dei lungometraggi annunciati non sarebbero stati pronti in tempo per la classica edizione a metà maggio). Una selezione che è poi arrivata nelle sale con il famigerato "bollino" di Cannes, lasciando intendere a chi non segue tutte le notizie in merito che la kermesse avesse effettivamente avuto luogo, e di quell'elenco fa appunto parte anche il film di Caroline Vignal.
Una commedia che, come molti dei titoli francesi bollinati da Frémaux, sa tanto di forzatura nel programma (difficilmente, salvo penuria di alternative forti per il fuori concorso, lo avremmo davvero visto a Cannes se si fosse tenuta l'edizione 2020 in versione standard), un'aggiunta fatta per bloccare il grosso della produzione transalpina dello scorso anno: l'accettazione del timbro cannense comportava infatti l'impossibilità di essere selezionati a Venezia o Berlino, per esempio (ragion per cui la presenza francese al Lido lo scorso settembre era insolitamente scarna).
Amore e montagne
Al centro di Io, lui, lei e l'asino c'è Antoinette (Laure Calamy), un'insegnante con un segreto scabroso: una tresca con Vladimir (Benjamin Lavernhe), il padre di una delle sue alunne, Alice. I due avevano previsto di passare le vacanze estive insieme, ma la situazione cambia quando Vladimir le svela che sua moglie Eléonore (Olivia Côte) ha organizzato un'escursione a sorpresa nel parco nazionale di Cévennes, situato sull'omonima catena montuosa nel sud della Francia. Distrutta, Antoinette decide successivamente di sorprenderlo a sua volta, presentandosi dove lei crede che lui passerà la notte. Solo che lei non si è minimamente informata sulla zona di Cévennes e scopre una volta arrivata in loco che l'escursione prevede diverse tappe, con lui e famiglia situati da tutt'altra parte. Lei deve quindi raggiungerli, e avendo optato per l'accompagnamento di un asino deve anche imparare a coesistere con tale Patrick, notoriamente restio a dare retta a chicchessia.
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E qui casca l'asino
Il film è principalmente una lettera d'amore alla regione in cui è stato girato, con espliciti rimandi al primo grande raconteur della zona, Robert Louis Stevenson, il cui itinerario - divenuto libro - è il principale punto di riferimento per coloro che visitano il parco nazionale e si danno all'escursione. È anche il lungamente atteso ritorno alla regia di Caroline Vignal, che ha esordito nel 2000 con Les autres filles, selezionato a Cannes all'interno della Semaine de la Critique, e poi lavorato soprattutto in teatro, radio e televisione. Ritorna, a distanza di due decenni, con un'opera seconda che è al contempo una commedia folle basata sulla fisicità di Laure Calamy (Noémie in Chiami il mio agente!, serie cult disponibile su Netflix), qui all'apice della forma umoristica, e una storia dai toni talvolta più seri, su una donna che si umilia per amore e col passare del tempo riscopre sé stessa. Un elemento che ha le proprie radici in quello che è il film del cuore della regista, per sua stessa dichiarazione, ossia Il raggio verde di Eric Rohmer (e non a caso la protagonista di quel film, Marie Riviere, ha un piccolo ruolo nella storia di Antoinette).
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Eppure, è forse proprio l'aspetto rohmeriano ad appesantire maggiormente l'operazione, almeno nel momento in cui la nostra eroina deve interagire con altri essere umani, perché gli altri attori sono su una lunghezza d'onda diversa rispetto a Calamy, sublime presenza comica e drammatica che riesce a farsi rubare la scena solo dall'asino, con cui forma un duo brillante capace di garantire non poche risate. Risate vere, non involontarie come quelle suscitate dal logo di Cannes 2020 in apertura, fantasma di un non-evento dalla selezione per lo più fasulla, basata su un impulso non tanto diverso da quello dei gabbiani in Alla ricerca di Nemo che esclamano in continuazione "Mio! Mio! Mio!". Ma una volta superato quello scoglio l'esperienza tra le montagne galliche si rivela alquanto piacevole, in compagnia di due improbabili amici che hanno il potere di ricordarci quanto sia catartica la risata condivisa al cinema.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Io, lui, lei e l'asino, sottolineando quanto si tratti di una simpatica commedia francese che compensa qualche squilibrio narrativo e tonale con una magnifica prestazione di Laure Calamy, qui alla consacrazione definitiva come star della risata transalpina.
Perché ci piace
- Il paesaggio di Cévennes contribuisce allo charme della pellicola.
- Laure Calamy è semplicemente fenomenale.
- L'asino Patrick è adorabile.
Cosa non va
- Le parti più serie arrancano un po'.