In visita a Roma per presentare il suo nuovo Oliver Twist, Roman Polanski ha incontrato la stampa per una lunga ed interessante chiacchierata sul cinema e la società di oggi e del passato. Tratto dal celebre e omonimo romanzo di Charles Dickens, il film sarà in più di trecento sale italiane da oggi stesso.
Cosa l'ha spinta a fare un film del romanzo di Dickens? Roman Polanski: Essenzialmente la mia volontà di fare un film per un pubblico giovane, ma molto diverso da quello che il cinema contemporaneo propone ai nostri ragazzi. Una storia profonda quindi, che faccia pensare ed emozionare senza esplosioni, spade laser o particolari effetti speciali audio e video. Purtroppo, fare questo è sempre più difficile ai nostri giorni e quindi ho trovato giusto farlo prendendo un classico assoluto e adattandolo con la massima fedeltà ed il massimo rispetto possibili. Nessuna ambientazione fantasiosa quindi, niente sesso, masturbazione né gente che cammina nuda per strada, solo e semplicemente la storia del libro. E' probabile che io stia combattendo una inutile battaglia contro i mulini a vento, ma trovo sia molto importante lavorare sulle storie e sul gusto dei più giovani, visto che questo è continuamente messo a repentaglio e attentato da ciò che viene mostrato loro continuamente. Educando il gusto e riportandolo ad una condizione precedente questo è possibile. E' un po' come combattere l'obesità nei bambini insegnandogli a riassaporare e valorizzare il cibo; questo me lo ha insegnato una trasmissione che ho da poco tempo visto in televisione e che riguardava proprio il tema dell'obesità anche nei bambini italiani.
Ma perché proprio Dickens e perché proprio Oliver Twist? Roman Polanski: E' stato un lungo processo! A suo tempo la lettura del libro non mi aveva suscitato grandissimo interesse, anche se devo dire di essermi molto immedesimato nel protagonista, anche in virtù del momento che stavo vivendo. La molla mi venne piuttosto da un film tratto dal suo celebre Grandi speranze e successivamente dalla visione di un musical ispirato a Oliver Twist. La cosa che mi lasciò perplesso era il continuo ricorso ad un atmosfera gioiosa ed ottimista. Facendo così, il musical ne aveva snaturato il senso e l'oscurità insita nel romanzo. La mia volontà era di catturare al meglio quello spirito originale, quell'acutezza dell'osservare. D'altronde Dickens era un cronista dei tribunali ed aveva modo di conoscere molto bene i personaggi che tratteggiava con tanta maestria. La sua eccellente capacità di trarre le informazioni peculiari di queste tipologie sociali emergenti nella Londra di inizio '800, unite alla sua ironia e profondità hanno dato vita a grandissime opere. Questa capacità descrittiva che lo accomuna molto a Emilé Zola, è particolarmente evidente in Oliver Twist, considerato che l'ha scritto a soli venticinque anni.
Com'è avvenuta la scelta del cast artistico? Ha richiesto molti sforzi? Roman Polanski: Di sicuro non è stato facile. Ricreare un campionario umano così variegato ed affascinante come quello presente nel romanzo di Dickens è impresa non da poco. Sono molti personaggi bene assortiti e divertenti. Per quanto riguarda i protagonisti principali, con Ben Kingsley sono legato da un lungo rapporto di stima e fiducia e non avrei potuto fare a meno di lui per rappresentare Fagin. Più difficile è stato scegliere chi dovesse fare Oliver. Serviva un ragazzo che comunicasse il sentimento dell'innocenza in un modo convincente. Dopo una vera e propria audizione di massa, il mio casting director scremò più di duecento bambini dalle caratteristiche idonee. A quel punto mi passarono una trentina di video da cui scelsi quattro ragazzi. Con loro realizzai un film test, come si faceva una volta, ovvero la recitazione sul set in costume. Capii subito che Barney Clark era perfetto, ma anche gli altri ragazzi mi colpirono e li inserii nella banda di Fagin.
Anche la bella scenografia del film sembra molto aderente alle pagine del libro o è solo un'impressione? Roman Polanski: E' assolutamente così! Come la composizione sociale e la descrizione dei fatti, anche sotto il profilo della descrizioni degli ambienti, il lavoro di Dickens è di straordinaria precisione. Leggere il libro e lavorare alla sceneggiatura è interessante proprio per questo; si rivivono molte delle situazioni descritte e la scenografia ci permette di ricrearle ad arte. Quello che io e lo scenografo Allan Starski volevamo, era fornire al tutto un look romantico senza eccedere nell'espressionismo. Allan ha esattamente capito cosa e come dovevamo fare e grazie anche all'ottimo materiale che avevamo in dotazione per le ricostruzioni sul set, credo che ci siamo riusciti.
Da alcune sue affermazioni si evince una certa amarezza che lei pare nutrire verso il mondo che viviamo. E' così ? Roman Polanski: Guardi, in estrema sintesi posso dire questo: è come se avessi vissuto la mia vita in due mondi diversi e paralleli. Attualmente vivo in un secondo mondo e mi piace decisamente di meno e provo forte nostalgia per l'altro mondo. E vi assicuro che non sono il classico vecchio deluso e lamentoso; non è una questione di età, perché io mi sento giovane, molto giovane!
E riguardo il cinema moderno? Qualcuno ha detto che questo suo film vuole essere una risposta ad Harry Potter, è vero? Roman Polanski: Non la metterei in questo modo, così contrappositivo. Al mondo c'è bisogno di tutto, anche di Harry Potter . Non ho niente contro quel film, lo sono andato a vedere con mio figlio come tanti padri, ma non mi piace. Il problema è che oggi fanno abuso di effetti speciali e io li trovo sempre più indigesti. La tecnologia ci fornisce grandi possibilità ma va usata in modo equilibrato. Nel mio film più di cento inquadrature sono state realizzate per mezzo dell'ausilio dei computer, solo che io non amo sbattervelo in faccia.
Quindi cosa chiede lei al cinema adesso? Cosa la spinge a fare film? Cosa intende raccontare? Roman Polanski: Molto semplicemente amo fare film, ho sempre voluto farne e continuerò a farne, ma non ho un progetto intellettuale, non seguo una traccia. Piuttosto seguo il mio istinto, le mie necessità, la mai voglia di raccontare. Non mi chiedo mai cosa dovrei fare, ma solo cosa mi sento di fare.
In epoca di remake a tutto spiano, c'è un suo film che gradirebbe fosse rifatto? Roman Polanski: E' esattamente come chiedermi con quale uomo vorrei che andasse a letto mia moglie! Pensate che quando realizzai il mio primo film: Il coltello nell'acqua ottenne una nomination all'Oscar. Io ero particolarmente in difficoltà economica in quel periodo e non potete immaginare quanto fossi felice di trovarmi al Beverly Hills Hotel in attesa del verdetto, tanto che non mi importò neanche che il mio film non vinse, anche perché Otto e mezzo se lo meritava decisamente. Prima della notte degli Oscar ricevetti una telefonata dalla Fox che mi volle incontrare. Sapete cosa mi proposero? Di girare il remake del mio film. Risposi un po' esterrefatto che lo avevo appena finito di girare e mi dissero che intendevano farlo a colori con Elizabeth Taylor, Richard Burton e Warren Beatty. Devo aggiungere altro?