Il primo re, la recensione: la violenta, coraggiosa nascita di Roma… e di un nuovo cinema italiano

Il primo re, la recensione: il film di Matteo Rovere con Alessandro Borghi porta sul grande schermo una storia tutta italiana nei temi, nel linguaggio e nei luoghi.

Il primo re: un'immagine di Alessandro Borghi
Il primo re: un'immagine di Alessandro Borghi

Abbiamo riflettuto a lungo prima di scrivere questa recensione di Il primo re: film del genere, soprattutto in Italia, non capitano certo tutti i giorni, e capiamo la tentazione di lasciarsi andare a facili entusiasmi o giudizi fin troppo affrettati ed eclatanti. D'altronde il nuovo film di Matteo Rovere, giovane regista che già ci aveva favorevolmente impressionato con Veloce come il vento, ha tutte quelle caratteristiche che per anni abbiamo sognato di trovare nelle produzioni nostrane: ambizione, coraggio, sfrontatezza e, udite udite, perfino qualche pizzico di originalità.

A questi elementi già di per sé rivoluzionari per il cinema italiano, Il primo re ne aggiunge un altro di grandissimo merito: quello di portare sullo schermo una storia che è veramente nostra nei temi, nel linguaggio e nei luoghi.

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Il Primo Re: Alessandro Borghi, Tania Garribba, Alessio Lapice in una scena

Un cinema italiano che parla una nuova lingua

Se da un punto di vista teorico e produttivo, insomma, il progetto andava promosso a monte e senza alcuna riserva, era grande la curiosità di capire come sarebbe stato il risultato finale de Il primo re. Sarebbe riuscito Rovere a trasformare quella che è una leggenda antica migliaia di anni in un film che potesse parlare al pubblico di oggi? E, a proposito di lingua e linguaggio, i dialoghi in proto-latino sarebbero risultati naturali e coerenti con la storia raccontata o una mera copia-imitazione delle imprese più estreme del Mel Gibson regista?

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Il Primo Re: una scena del film

Le risposte ad entrambe le domande sono sorprendentemente positive, e l'impressione che si ha, guardando Il primo re, è quello di avere davanti innanzitutto un cinema giovane e dinamico, a dispetto di quello che racconta. Se il cinema di Gibson si rifaceva ai grandi kolossal della Hollywood dei tempi d'oro, è evidente invece che per Rovere il modello siano il Valhalla Rising di Refn o il Revenant - Redivivo di Iñarritu. E il risultato, con le dovute proporzioni di budget ovviamente, ci si avvicina a sufficienza: manca magari il fascino di terre lontane e visivamente ben più spettacolari, ma l'estetica sporca, la recitazione molto fisica e la messa in scena complessa e brutale colpiscono nel segno e ci fanno capire - di nuovo e, speriamo, una volta per tutte - che gli autori italiani sono pronti a fare un importante salto di qualità anche nel cinema di genere.

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Il Primo Re: una scena con il cast

Una trama leggendaria in cui i protagonisti siamo noi

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Il Primo Re: Alessandro Borghi in una scena

La leggenda di Romolo e Remo la conosciamo tutti, eppure ne Il primo re non c'è nessuna lupa che allatta i due fratelli. La trama del film prende il via con l'esondazione del Tevere, un evento quasi cataclismatico che finirà, secondo la sceneggiatura di Rovere, Filippo Gravino e Francesca Manieri, col segnare il destino di un popolo intero. Il nostro. Perché tutti, prima o poi, scappiamo da qualcosa e andiamo alla ricerca di una nuova speranza, e spesso la strada verso un mondo e una vita migliore passa attraverso i sacrifici, la violenza e addirittura la morte. Per molti è il volere di Dio a guidarci, per altri credere in un qualcosa di intangibile è pura follia. Per molti queste differenze sono inconciliabili, per altri sono sciocchezze rispetto alla necessità di essere uniti ed avere sempre qualcuno al proprio fianco. Ma tutto questo è comunque parte di quel che siamo oggi e quel che siamo stati.

Alessandro Borghi, nuovo re del cinema italiano?

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Il Primo Re: Alessio Lapice in un'immagine

Se Il primo re è un film riuscito non è per le belle scene d'azione, per le ottime interpretazioni di tutto il cast o perché è sceneggiato e recitato in una lingua antica. Ma perché è principalmente un racconto delle origini del nostro paese e della nostra cultura. E, in fondo, anche un racconto di quello che siamo oggi. Per questo motivo non è difficile andare oltre qualche momento di stanca e di calo di ritmo della parte centrale o far finta di non notare le differenze tecniche (nella fotografia ma soprattutto nel sonoro) che ancora oggi ci sono con le produzioni d'oltreoceano, perché quello di Rovere è un film che ai muscoli unisce tanto il cuore che il cervello. Ed è anche un film che può contare su un attore di grande talento e notevole coraggio: Alessandro Borghi in questo film non sarà il primo re di Roma, ma di fatto sta diventando sempre di più quello del cinema italiano. E lo sta facendo a suon di interpretazioni di altissimo livello, sempre diverse, rischiando e mettendoci la faccia anche lui, progetto dopo progetto. Come farebbe non un re, ma un vero e proprio condottiero.

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3.5/5