Arriva su Netflix il 13 aprile Il caso Schwazer, docuserie in 4 episodi diretta da Massimo Cappello, in cui il marciatore e campione olimpico Alex Schwazer, insieme all'allenatore Sandro Donati, racconta il caso giudiziario che lo ha tenuto impegnato per anni.
Si parla di sport, ma molto presto la docuserie diventa un vero e proprio thriller: dopo aver vinto la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Pechino nel 2008, nella gara dei 50km di marcia, nel 2012 Schwazer viene trovato positivo al doping. Si congeda dal Centro Sportivo dei Carabinieri di Bologna, perde contratti pubblicitari, viene sospeso per 3 anni e 6 mesi. Decide allora di fare pubblica ammenda e di farsi allenare da Sandro Donati, Maestro dello Sport e simbolo della lotta al doping. Lo scopo è quello di tornare a gareggiare alle Olimpiadi di Rio del 2016.
Torna a vincere ai Campionati del mondo a Roma e questo sembra il trampolino per Rio. Il 21 giugno 2016 viene però diffusa la notizia di una seconda positività, in seguito a un campione prelevato il primo gennaio dello stesso anno. Da lì comincia una storia complicatissima, fatta di test forse contraffatti, pressioni, mail minacciose. L'atleta è sicuro che qualcuno abbia manomesso il campione per stroncargli la carriera. Il 18 febbraio 2021 il Gip del Tribunale di Bolzano conferma la sua versione, ma la WADA (L'Agenzia mondiale antidoping) contesta la sentenza. Nella docuserie tutto questo viene raccontato dai veri protagonisti: abbiamo incontrato Alex Schwazer e Sandro Donati a Roma, dove ci hanno detto che continueranno sempre a cercare la verità.
Il caso Alex Schwazer: intervista ad Alex Schwazer e Sandro Donati
Alex Schwazer e Sandro Donati non si arrendono
Il mancato riconoscimento della sentenza del tribunale di Bolzano impedisce ad Alex Schwazer, squalificato fino a luglio 2024, di partecipare alle Olimpiadi di Parigi. Nonostante tutto ha sempre continuato e continua tutt'ora ad allenarsi. Guadando la serie Il caso Schwazer si ha però l'impressione che le gare più dure siano quelle che lui e donati hanno dovuto affrontare nella loro mente. Per l'atleta però è una cosa naturale: "Finché non c'è la parola fine, se devi affrontare, perché non è che l'abbiamo scelto, anzi, un percorso del genere, una volta che cominci questo procedimento per arrivare, almeno, alla verità, vai avanti. Anche se ci sono mille difficoltà, mille passi indietro. Devi. Devi andare avanti. Il risultato finale non si sa, ma che si arriva fino in fondo sì. È pura necessità."
D'accordo Sandro Donati: "Diciamo che sono stati sfortunati: si sono ritrovati due tipi tosti. Quando ti trovi di fronte a queste prepotenze, questi atti ignobili, la forza te la fai venire: non puoi accettare che gente di questo genere la spunti. E poi ti rendi conto che la menzogna lascia tracce: lascia tante tracce. Quindi, quando le esamini, pensi che sicuramente riuscirai a dimostrare che hai ragione. E poi ti accorgi che non è così: perché la verità della singola persona vale un centesimo della verità del potere. Quando capisci questo hai due opzioni: o alzi le mani, oppure dici no, mi difendo lo stesso fino alla fine. Noi ci siamo probabilmente anche incoraggiati a vicenda, l'avvocato Brandstätter si è dato molto da fare, come anche il mio, Tommaso Marchesi. Come anche la sua ex manager, Giulia Mancini, che non lo ha lasciato neanche nel momento delle difficoltà. Siamo un insieme di persone che ha detto: no, non gliela possiamo dare vinta a questa gente. Tutto qui."