L'eccentrica Elisabetta Sgarbi fa il bis. La regista approda a Roma animando la sezione CinemaXXI con due lavori diversi, il documentario Quando i tedeschi non sapevano nuotare e l'ibrido fictional Racconti d'amore: due film sulla storia e sulla memoria di grande modernità. Le opere nascono nello stesso contesto. L'occasione è una committenza di Rai Cinema in occasione dell'anniversario dell'Eccidio del Castello di Ferrara, che ha avuto luogo il 15 dicembre 1943. Il progetto documentaristico è stato fagocitato dalla voglia di narrazione della Sgarbi spingendola a coinvolgere un gruppo di autori per firmare quattro storie d'amore ambientate a Ferrara e sul Delta del Po durante la Resistenza. La regista ha poi riunito un prestigioso cast che vede coinvolti Michela Cescon, Laura Morante, Tony Laudadio, autore di uno dei racconti, Toni Servillo, Elena Radonicich e Rosalinda Celentano affidando la composizione delle musiche del film al grande Franco Battiato. Il musicista oggi è approdato a Roma con Elisabetta Sgarbi e con il variegato cast per parlarci delle due pellicole a cui ha collaborato.
Raccontateci come ha preso il via la lavorazione di Racconti d'amore.:
Elisabetta Sgarbi: I miei attori e anche gli autori dei racconti che ho filmato non sanno nulla né film né del documentario perché non hanno visto niente. Ad agosto ho chiamato Sergio Paolo Perroni e gli ho chiesto di scrivere un film sulla Resistenza. Volevo raccontare una vicenda forte in un momento forte e mi sono concentrata sull'amore in tempo di guerra, ma poi mi sono lasciata prendere la mano e il documentario è diventato un film.
Racconti d'amore segna un cambiamento rispetto a tutte le opere girate fino a questo momento.
Elisabetta Sgarbi: Il cambiamento è nato da una mia esigenza interna. Volevo fare una storia che andasse in direzione diversa dal documentario e stavolta la voglia di narrazione è esplosa. Dovevo fare un documentario per Rai Cinema ambientato sul Po, ma ho dovuto girare un altro lavoro perché ero andata in direzione della fiction senza rispettare le richieste della committenza. Ovviamente quando parlo di fiction, la intendo alla mia maniera, molto poco italiana e molto più europea.
La presenza del paesaggio del Po, nei due lavori, ha un ruolo fondamentale. Elisabetta Sgarbi: Il Polesine è un paesaggio di morte, di macerie, di desolazione. Lo squallore di quei luoghi per me è una forma di poesia, è qualcosa che mi parla e lo trovo molto più interessante dell'India o di altre location esotiche.
Franco, come hai lavorato alle musiche del film? Franco Battiato: Malissimo. Elisabetta non mi manda neanche un fotogramma. A volte mi invia un lista della spesa con su scritto cose tipo 'treno che fischia, acqua che scorre' e io devo seguire il mio istinto.Michela, tu come sei entrata nel progetto?
Michela Cescon: Elisabetta mi ha mandato un testo senza dirmi chi era l'autore. Mentre lo imparavo a memoria, sentivo che il testo era molto vicino a me, lo imparavo con grande velocità e mi semnrava di coniscere già quello stile. Quando Elisabetta mi ha detto che non potevamo cambiare una virgola del testo, mi ha anche svelato il nome dell'autore, Perroni, con cui avevo già lavorato. Sono stata sul set per tre giorni, ma le location sul delta del Po mi sono rimaste dentro. Io sono una che cancella subito le fotografie per fare spazio. Guardo sempre avanti, ma stavolta delle foto scattate sul set me ne sono tenute tre e questo è un segno importante.
Che tipo di regista è Elisabetta Sgarbi?
Elena Radonicich: La regia di Elisabetta è onirica.
Come ti sei trovata sul set? Elena Radonicich: Io sono di Torino perciò la nebbia mi è sorella. Arrivare a Ferrara e riconoscere i luoghi ha generato in me un grande affetto. E' stata un'esperienza molto bella in un luogo a me familiare. Il mio obiettivo è appagare i registi per cui lavoro e in questo caso spero di esserci riuscita.
Franco, c'è un affinita tra il tuo cinema e quello di Elisabetta?
Franco Battiato: Credo di si. Siamo due stranieri.
Da tempo Franco scrive le musiche per i miei film e sono molto belle. Ma in questo caso c'è un momento, nel ponte tra passato e presente, in cui abbiamo scelto il silenzio. E' un silenzio elettronico sul primo piano di Rosalinda Celentano. Silenzio di canne che si muovono al vento, di impercettibili sensazioni. Sembra una scena girata in presa diretta, e invece questo silenzio è scritto da Franco Battiato.