I migliori giovani talenti europei al Festival di Roma

L'italiano Michele Riondino, la croata Zrinka Cvitešić e la finlandese Pihla Viitala sono i tre attori emergenti scelti per rappresentare al Festival di Roma il progetto Shooting Stars, volto a promuovere la nascita di uno star system europeo e a dare visibilità ai migliori talenti dell'UE.

Approda anche al Festival Internazionale del Film di Roma, una rappresentanza delle Shooting Stars 2010, ovvero dei migliori giovani talenti attoriali del panorama europeo scelti dalla European Film Promotion. L'iniziativa ha lo scopo di selezionare i dieci più valenti interpreti emergenti dell'Unione Eurpoea, che vengono presentati ogni anno durante il Festival di Berlino. Nell'edizione 2010 il prestigioso riconoscimento è stato conferito anche al nostro Michele Riondino, apprezzato soprattutto per il ruolo in Dieci Inverni. L'attore italiano (che aderisce alla protesta dei lavoratori dello spettacolo, indossando il simbolo della manifestazione "Tutti a casa") non poteva naturalmente mancare in questa incursione delle Shooting Stars al Festival di Roma, cui hanno partecipato anche l'attrice croata Zrinka Cvitešić, premiata alla scorsa Berlinale per On The Path e la finlandese Pihla Viitala, resa celebre in patria soprattutto per il ruolo nella produzione di Kaurismaki Bad Family. Proprio questi tre titoli saranno riproposti alla Casa del cinema di Roma, in modo da dare la possibilità al pubblico festivaliero di apprezzare le doti recitative del terzetto.
Alla conferenza di presentazione dell'evento, moderata da Marco Spagnoli, oltre agli attori erano presenti anche la casting director Beatrice Kruger, responsabile del portale web E-talenta dedicato agli interpreti europei, e lo sceneggiatore italiano Ivan Cotroneo. Gli intervenuti hanno affrontato le problematiche connesse alla difficoltosa affermazione di uno star system europeo e alla necessità di incentivare ancora maggiormente le coproduzioni e la diffusione delle opere cinematografiche all'interno dell'Unione.

Al momento non abbiamo in Europa ancora un vero e proprio star system, ma ci sono attori europei molto famosi, come Penelope Cruz e Javier Bardem, che però hanno acquisito la notorietà solo a Hollywood. Come intende muoversi in questo ambito la European Film Promotion e in particolare il portale E-talenta?
Beatrice Kruger: E-talenta è nata dalla mia esperienza nel settore del casting internazionale per tanti anni. Nonostante la ricchezza del talento attoriale europeo, appartenente a varie scuole, rimane ugualmente difficile piazzare i nostri interpreti sul mercato, perché non hanno sufficiente visibilità. L'obiettivo è quindi quello di promuovere questi talenti, con lo scopo anche di lanciarli nel mercato internazionale e cercando di creare un'integrazione tra vari paesi. In alcune nazioni, come in Francia, esistono alcuni progetti specifici per valorizzare il patrimonio attoriale, ma non esisteva ancora niente a livello europeo. E-talenta colma questa lacuna, creando un portale web multilingua in cui è possibile inserire tutti i talenti dell'UE, con lo scopo di metterli in contatto con le produzioni.

Quanto è importante per uno sceneggiatore poter collaborare con una gran varietà di giovani talenti?
Ivan Cotroneo: Per una persona che scrive cinema poter lavorare con talenti di varia natura e origine è fondamentale, perché la sceneggiatura prende vita solo quando uno scrittore incontra gli attori. E' entusiasmante lavorare con giovani interpreti; io ho collaborato alla realizzazione di cortometraggi per lanciare talenti emergenti italiani, tra cui Carolina Crescentini. Sarebbe interessante realizzare un'operazione del genere anche in Europa, ma per fare questo è necessario che vi sia una maggiore circolazione nella distribuzione dei film. Da questo punto di vista sono contento del fatto che Mine Vaganti e Io sono l'amore abbiano goduto una distribuzione internazionale.

Pihla Viitala, lei ha già una vasta filmografia alle spalle e parla addirittura quattro lingue. Quando ha iniziato la sua carriera? Cosa significa per lei essere un'attrice europea oggi?

Pihla Viitala: Ho iniziato quattro anni fa nel teatro. La Finlandia è un paese davvero piccolo, così siamo obbligati a parlare molte lingue diverse, soprattutto l'inglese. Io ho studiato un anno in Francia, e così ho potuto fare pratica anche con questa lingua. In Finlandia si producono pochi film l'anno, e io al massimo posso apparirne in quattro, così è molto importante per me lavorare in produzioni di altri Paesi. Per questo è fondamentale riuscire a parlare più lingue. Adesso vivo ad Atene, quindi spero di imparare anche il greco. Mi sono trasferita in questo paese sia per lavoro, sia perché mi sono innamorata...

Qual è la difficoltà che un'attrice di un altro paese ha nel presentarsi in un casting europeo? Pihla Viitala: Ho un'agente in Finlandia e uno a Londra, che organizzano i miei casting. Oggi non è necessario essere fisicamente presenti, perché si possono mandare anche materiali video. Una particolarità è che mi chiedono molto spesso di parlare l'inglese assumendo un accento russo, o tedesco.

Zrinka Cvitešić, parla anche lei quattro lingue. Come ha deciso di diventare attrice?
Zrinka Cvitešić: Ero molto confusa dopo aver finito il liceo. Un giorno volevo fare il veterinario, un altro l'avvocato, o forse la ballerina, così alla fine ho pensato che divenendo un'attrice potevo essere tutte queste cose insieme. Faccio parte del Teatro nazionale, interpretando opere classiche, e ritengo che questa esperienza mi abbia arricchita molto. Anche in Croazia si realizzano pochissimi film, adesso la produzione è scesa a due-tre titoli l'anno. Sono considerata una delle attrici emergenti del mio Paese, ma lavoro in patria sono ogni due, tre anni. Finalmente si stanno ricominciando a realizzare anche coproduzioni con gli altri paesi balcanici, e penso che questa sia stata una buona scelta, perché solo unendoci insieme possiamo avere la capacità di presentarci nei festival internazionali.

Cosa rappresenta per lei la possibilità di lavorare all'estero?

Zrinka Cvitešić: In questo momento gli astri mi sono favorevoli, perché il 2010 è stato il primo anno che la Croazia è stata ammessa alla Shooting Star e sono stata subito nominata. Durante il Festival di Berlino ho ricevuto dei riconoscimenti anche con un film in concorso. Adesso ho un agente a Londra e uno a New York, i miei film girano per il mondo e ho ricevuto sei premi come miglior attrice nei Festival. Ancora adesso non riesco a crederci. Il film On The Path sarà distribuito anche in Italia da Fandango, e spero che abbia successo anche nel vostro Paese.

Michele Riondino, ci può raccontare come ha esordito e che cos'è per lei la recitazione?
Michele Riondino: Non saprei dire una data specifica in cui ho esordito, ho cominciato a partecipare ai primi laboratori teatrali a quindici anni a Taranto, una città in cui la scelta di diventare attore è davvero ardua da realizzare. Comunque mi è andata bene e sono stato ammesso all'Accademia Silvio d'Amico. Nel mentre ho cominciato già a recitare in piccoli ruoli in tv e a teatro. In Italia è molto difficile riuscire a emergere come attore, e per questo ho dovuto per molto tempo fare anche altri lavori. E' sempre necessaria una buona dose di fortuna, che mi ha permesso di recitare nei primi ruoli importanti, come ne Il passato è una terra straniera e Fortapasc. Hanno però scelto la persona sbagliata come Shooting Stars, perché ancora oggi ho difficoltà a parlare in inglese.

Cosa significa per lei lavorare all'estero?

Michele Riondino: Ieri hanno proiettato La dolce vita, ed è facile rendersi conto di come l'Italia all'epoca era una fucina creativa e commerciale, e rappresentava uno dei mercati leader del cinema. In cinquant'anni molte cose sono cambiate, adesso siamo noi a dover cercare di emergere all'estero. L'importante è riuscire a lasciarci da parte l'ombra del passato, troppo ingombrante, e sperimentare nuove strade, come stanno facendo alcuni registi tra cui Sorrentino e Garrone. Uno dei miei obiettivi più importanti è quello di reinventarmi una carriera fuori dall'Italia e ricominciare tutto da capo all'estero, non solo come attore, ma anche come persona. A Venezia c'è stato un produttore canadese che mi ha chiesto se fossi in grado di sostenere un ruolo da protagonista in inglese; ma io ho preferito declinare perché mi sento ancora poco sicuro nel recitare in una lingua straniera.

Quali sono i criteri che spingono a scegliere un attore in casting internazionali? Beatrice Kruger: In primo luogo deve corrispondere al personaggio che è chiamato a interpretare. Poi sono importanti anche i singoli talenti recitativi, apprese in differenti scuole teatrali. E naturalmente ci sono anche esigenze produttive, che spingono per ragioni economiche a trasferire le produzioni in altri paesi. Non è fondamentale parlare alla perfezione un'altra lingua, ma l'importante è riuscire ad apparire autentici e naturali nella recitazione.

Ivan Cotroneo, quali sono le sue impressioni sullo star system europeo? Ivan Cotroneo: Tutti è tre questi attori ci hanno raccontato delle loro difficoltà agli esordi, e di come si siano dedicati a una formazione teatrale. Io ho studiato per due anni al Centro sperimentale, che mi ha dato la possibilità fare numerose esperienze anche all'estero. E' necessario che si dia vita a un grosso mercato europeo per poter creare lo star system. Ma l'industria si crea anche formando i giovani talenti, ed è fondamentale che lo Stato sostenga scuole e accademie che consentano di realizzare importanti esperienze formative. Ci tengo a ribadirlo proprio in questo momento in cui il Centro sperimentale di cinematografia è a rischio di sopravvivenza.

Vorrei chiedere alle due attrici se i loro agenti le hanno consigliato di utilizzare dei nomi d'arte per promuovere meglio la loro carriera in ambito internazionale. Pihla Viitala: la parola Pihla in finlandese indica una specie di albero. I miei genitori erano degli hippie, così mi hanno chiamato in questo modo. Pihla in greco invece significa qualcosa di disgustoso e maleodorante, così quando vivo ad Atene sono costretta a cambiare la pronuncia del mio nome...
Zrinka Cvitešić: Vengo da un piccolo villaggio in Croazia e per lungo tempo abbiamo vissuto come dei fuggitivi. Quando eravamo piccoli la mamma ci portò in uno studio teatrale che si trovava vicino dove ci rifugiavamo. Da quel momento è nato il mio amore per la recitazione, e devo dire che dopo tutte le esperienze tragiche vissute, il mio nome rappresenta per me l'ultimo dei problemi. In effetti durante i festival molte persone non riescono a pronunciare il mio cognome, forse potrei pensare di cambiarlo. Sicuramente non prenderò il cognome del mio attuale fidanzato, che è ancora più impronunciabile del mio!
Michele Riondino: Non credo che mi farò mai chiamare Michael, anche se questa abitudine di adattare i nomi in base al paese estero mi affascina. Il problema è che al momento non so ancora dove andrò a vivere!