I luoghi comuni fanno morir (dal ridere)
Il film del prolifico produttore messicano Hugo Rodríguez arriva in Italia a tre anni dall'uscita nelle sale messicane e canadesi, dopo aver raccolto più di un riconoscimento in giro per il mondo (tra cui il premio del pubblico all'ultimo festival di Pesaro).
Decisiva, probabilmente, la discreta notorietà conquistata nel frattempo da
Diego Luna (The Terminal, Terra di confine, Frida, Y tu mamá también), ormai volto noto anche da noi.
I componenti di una scalcinata combriccola di pasticcioni si preparano al colpo che cambierà la loro vita. El Nene, un giovane gangster argentino in ascesa, e Tomson, un anziano e saggio mammasantissima, consegnano al pericoloso e obeso Svòboda un cd contenente dati cifrati relativi a conti svizzeri, recuperati grazie alle abilità informatiche del giovane e imbranato Lolo. La ricompensa: venti diamanti. Qualcosa va storto, e il groviglio in cui Lolo va a cacciarsi spinto, dalla sua insana passione per la giovane vicina di casa, getta il caos sull'intera faccenda.
L'intreccio trae spunto da un _mcguffin _ hitchcocktarantiniano classico: non sapremo mai cosa contenesse il cd e cosa Svòboda e i suoi amici russi intendessero farne. Il pretesto serve in realtà a mettere in moto una serie di situazioni esagerate che si susseguono senza tregua, offrendo più di un'ottima sequenza di azione e moltissimi spunti comici caratterizzati da un efficace humour nero.
El Nene è un accanito fumatore. Crede che il destino sia governato dal gioco delle coincidenze, e che i risultati delle statistiche siano legati più agli obiettivi che si è prefisso chi le abbia commissionate che alla verità dei dati effettivamente raccolti. Sordo ai richiami di Tomson, che lo esorta ininterrottamente ad allontanarsi dal suo vizio, considera i suoi allarmismi nient'altro che dicerie da sfatare. Con la stessa sfrontatezza e noncuranza con cui affronta i luoghi comuni sul fumo, El Nene si addentra in una ridda di luoghi comuni cinematografici da pulp fiction presentati in tutta la loro schietta banalità. C'è da dire che l'operazione, a elevato rischio di noia e di ridicolo, riesce in pieno.
La regia di Rodriguez indulge in più di un'occasione in effetti e ricercatezze visive ben congegnate, a punteggiare piacevolmente una sceneggiatura semplice e solida che, nei momenti non rari in cui non sia l'azione pura a regnare, si regala i tempi lunghi necessari a far emergere il peso delle emozioni fra le pallottole, gli inseguimenti e le esplosioni.
Le sottotrame che si dipanano mano a mano che la storia procede toccano una grande varietà di registri espressivi; la miseria sentimentale della giovane musicista col miraggio di far carriera in un'orchestra, la rassegnazione e l'onestà dell'anziano barbiere Goyo contrapposta all'ostinata bramosia della moglie che sogna un riscatto sociale dopo una vita di ristrettezze trascorsa insieme a un uomo non proprio brillante, la tristezza di Clara, sposata a un uomo rozzo e brutale, che vede nella privazione del fumo impostale il simbolo della rinuncia a ogni bellezza
della vita.
Il cast è di ottimo livello, con punte di eccellenza per l'intensa interpretazione di Carmen Madrid, capace di suggerire sprazzi di melodramma in quello che è e rimane un film nero demenziale, e per la comicità caricaturale di Norman Sotolongo nel ruolo del grassissimo mafioso russo.
La colonna sonora è tutta giocata su piacevoli e accattivanti sonorità elettroniche che se da una parte si adeguano al pretesto hi-tech da cui tutto comincia, dall'altra producono un forte contrasto con il carattere latino e malinconico dei protagonisti.
Un film divertente, sicuro, spigliato, novanta minuti che sembrano di più (ma questa volta non per noia). Molto più che un Pulp Fiction ispanico (film nei confronti del quale non si può non notare una chiara ispirazione), Nicotina sollazza con intelligenza e non sgarra mai.