È una storia che mette letteralmente i brividi quella che raccontiamo nella nostra recensione di I Am All Girls, un film di stampo thriller disponibile su Netflix che vuole affrontare alcuni fatti realmente accaduti in Sudafrica, a Johannesburg. È una storia che mette in luce una piaga inumana, quella del traffico illegale di esseri umani e, in questo caso particolare, di ragazzine minorenni, costrette a subire ogni tipo di abuso da parte di personalità privilegiate. È un tema molto forte e che raramente si affronta con tale schiettezza in un'opera cinematografica, proprio perché potrebbe allontanare una buona parte di pubblico, quella più sensibile. Il regista Donovan Marsh sembra trovare il perfetto equilibrio per raggiungere i suoi obiettivi: la piattaforma streaming più vista attraverso il quale parlare di un tema forte, costruire un thriller investigativo per accogliere tra le proprie fila un pubblico che non ama sequenze troppo sanguinolente e una storia di vendetta personale che accontenta anche l'altra faccia della medaglia ovvero quegli spettatori che, invece, si aspettano violenza e una raffigurazione fedele alla marcia realtà che vuole raccontare. Il risultato è un film che, per l'appunto, cerca di accontentare un po' tutti, a cavallo tra il cinema di genere e un cinema di importanza sociale.
La storia di un'ossessione
La trama del film inizia con un prologo, ripreso su nastro. È il 1994, siamo a Johannesburg, in Sudafrica, e Gert de Jager confessa alla polizia di essere il responsabile del rapimento di sei ragazzine. Le minorenni non verranno mai trovate e il nastro della confessione non verrà mai reso pubblico. Questo perché il rapitore aggiunse che il suo operato era richiesto da alcuni membri del Partito Nazionale e che le ragazze non erano solo sei, ma molte di più. Con un salto temporale arriviamo nel presente, seguendo le vicende dell'inquieta detective Jodie (interpretata da Erica Wessels) che vedrà riaprirsi le porte di questo caso. Un uomo è stato trovato assassinato, sul petto sono state incise le iniziali del nome di una delle sei ragazzine. C'è, infatti, un killer a piede libero che sta vendicando le ragazzine scomparse e mai ritrovate, uccidendo gli uomini coinvolti. Jodie dovrà cercare non solo di precedere le mosse del killer, ma anche di mettere in luce finalmente l'intero traffico illegale, anche se questo significa scontrarsi non solo con il suo capo, ma con potenti esponenti del governo. Ma il film segue anche la storia del misterioso killer che si sta facendo giustizia da solo, cercando di indagare le motivazioni dietro questa vendetta. È un film che racconta, in definitiva, la storia di due ossessioni: l'una più legata alla mente, l'altra più improntata all'agire. E saranno queste ossessioni a scontrarsi, anche se l'obiettivo sembra essere lo stesso.
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Un film di didascalie
Un'indagine condotta da un personaggio super partes unita alla vendetta rabbiosa e personale di un killer. Un thriller unito a un dramma di importanza sociale. Un film che tratta temi molto forti e dolorosi ma che vuole arrivare al grande pubblico. I Am All Girls tenta l'impossibile e, nonostante un inizio che lascia presagire un ottimo svolgimento, crolla velocemente sotto le ambizioni, perdendo il suo equilibrio. La fiamma che vorrebbe raccontare e mettere in scena, una fiamma che non è solo legata al comportamento dei personaggi ma che proviene anche dalla scelta di portare alla luce una realtà sin troppo taciuta, brucia rapidamente e si spegne altrettanto velocemente. In particolare, con un colpo di scena nemmeno troppo imprevedibile, posto poco prima della metà del film, I am All Girls gioca a carte scoperte ma perdendo il controllo sullo spettatore. Ecco che viene a perdersi una comunicazione emotiva che possa permettere ai personaggi di esprimere allo spettatore il loro incendio interiore: in un film di ossessioni viene a mancare proprio l'ossessione che muove i protagonisti dando vita a una sceneggiatura che spesso si fa ripetitiva e non particolarmente avvincente. Il segnale peggiore di questi problemi di scrittura avviene quando Jodie, rea di non seguire gli ordini del suo superiore, viene per l'ennesima volta invitata a mettersi da parte. Si ha l'impressione che, più che raccontare una storia, si sia preferito mettere in luce la vicenda ispirata ai fatti reali nella speranza che potesse bastare per rendere il film degno di interesse. Il film si apre con una didascalia che ne spiega gli antefatti e si chiude con un'altra didascalia in cui vengono divulgati alcuni dati sul traffico minorile, oltre ad aggiungere foto e nome delle bambine rapite nel corso del film, tramite una grafica apposita, per spiegare le iniziali incise sui corpi dei cadaveri. In questo reiterato didascalismo, il film mette in mostra la propria difficoltà di narrare al meglio per immagini e attraverso i personaggi.
Questione di forza
I Am All Girls non spicca certo per le sue qualità cinematografiche: non è particolarmente degna di nota la regia di Donovan Marsh che predilige la chiarezza allo stile e il cast di attori, per quanto credibili, non regala momenti topici da segnalare. È la conseguenza di una scrittura troppo incentrata sul tema, che cerca di accontentare tipologie di pubblico diverse, che non vuole sconvolgere se non per le premesse del racconto (e questo non aiuta quando l'impressione è quella di dover portare lo spettatore dentro un vortice di ossessioni e marciume con una chiave da thriller violento). Non possiamo, però, non citare la performance di Hlubi Mboya che si ritaglia i momenti più emozionanti del film. E a proposito di emozioni: nel corso del film viene spiegato il significato del titolo. Senza rivelare troppo basti sapere che c'è un'idea molto forte alla base, ma che non trova quel supporto emozionale necessario nel resto del film. Vogliamo usare questo momento per descrivere I Am All Girls: un film dall'enorme potenziale, che potrebbe travolgere lo spettatore e che, tuttavia, si accontenta di intrattenerlo con il minimo indispensabile.
Conclusioni
A conclusione della nostra recensione di I Am All Girls non possiamo che descrivere il film su Netflix come risultato di un potenziale inespresso. Il film ha dalla sua un tema poco affrontato e molto coraggioso, che potrebbe travolgere ed emozionare lo spettatore, ma la scrittura si accontenta del minimo indispensabile per intrattenerlo, a risultati alterni. Infatti, nella speranza di accogliere quanto più pubblico possibile, I am All Girls diventa un film di caratura sociale senza coraggio, un thriller senza quelle ossessioni che possano provocare il brivido. Chiuso nel suo schermo televisivo, il film ha più fiducia nelle didascalie a inizio e fine film che in quello che mette in scena.
Perché ci piace
- Il tema importante, come base di partenza, è forte e necessario.
- L’inizio è molto promettente e coinvolge a dovere…
Cosa non va
- …ma il film, causa una scrittura problematica, si limita a intrattenere lo spettatore, cercando di non provocarlo e accontentare il maggior pubblico possibile.
- Troppo concentrato sul suo potenziale, il film sembra non esprimersi mai davvero, relegandosi ai confini di uno schermo televisivo nella messa in scena.