I virus "migliori" - se proprio è destino subirne il contagio - sono quelli letali. Gli altri - quello alla The Walking Dead che uccide gli infetti ma poi li resuscita zombie, o quello di Helix che trasforma le vittime in morlock idrofobi dalle bave di melma nera - garantiscono un futuro misero e agghiacciante ai disgraziati contaminati.
Si è appena conclusa la prima (una seconda andrà in onda su Syfy a fine 2015) stagione di Helix, soffocante serie fantascientifica ambientata in una realtà analoga a quella contemporanea, dove un team di scienziati viene spedito in un centro di ricerca nell'Artico per arginare un'epidemia. Il professor Farragut, la sua protetta Sarah, la sua ex moglie Julia, la veterinaria Doreen e il maggiore Balleseros raggiungono la struttura dove un virus di laboratorio si è diffuso tra i ricercatori: alcuni muoiono, altri diventano vettori - ovvero aggressivi portatori della malattia -, altri sono destinati a mutare geneticamente diventando virtualmente invincibili. Ciascun episodio corrisponde a un giorno dei tredici di permanenza del gruppetto presso la base; gradualmente Farragut, leader della spedizione, si renderà conto che il responsabile del centro, il dottor Hatake, nasconde molti segreti e un legame pericoloso con la fantomatica organizzazione Ilaria.
Cameron Porsandeh, creatore della serie alla prima esperienza in questo ruolo, vanta un solido supporto produttivo che include Ronald D. Moore di Battlestar Galactica (reduce da una serie impressionante e per lo più inspiegabile di disfatte, da Caprica a Virtuality fino a 17th Precinct), Javier Grillo-Marxuach (The Middleman) e Steven Maeda (Lost) in qualità di showrunner. I primi episodi faticano a ingranare, complice la moltitudine di informazioni e indizi riversata sullo spettatore in cerca di spiegazioni, ma man mano che si delinea un quadro Helix assume le connotazioni di un horror claustrofobico dove la paranoia - sempre fondata - dilaga infestando un microscopico centro di ricerca sperduto al polo nord, ultimo avamposto a separare l'umanità così come la conosciamo dalla sua potenziale fine. Fin dal pilota, che evoca uno dei primissimi episodi di X-Files (Morte tra i ghiacci, in cui un parassita infetta, rendendoli rabbiosi, i residenti di una base artica che finirà al rogo), Helix gioca con i contrasti: gli ambienti asettici dei laboratori e quelli dei piani inferiori schizzati del sangue denso delle vittime degli infetti, l'allegra musica della sigla e le orribili immagini dei corpi deformati dagli effetti del virus Narvik, il bianco accecante della neve che imperversa all'esterno e il nero raccapricciante della bava dei contagiati, la calma che sembra trasudare all'ufficio di Hatake e la furia scatenata appena oltre la sua porta. La cospirazione
Soprattutto nella seconda parte Helix è un crescendo di tensione narrativa coinvolgente, un bel risultato per Porsandeh, il quale ha faticato molto all'inizio nel fare sue la regole della diegesi seriale. Syfy, questa volta, sfoggia uno show con make-up ed effetti speciali convincenti: la pelle attraversata da dedali di vene gonfie e scuri dei pazienti assatanati, gli inquietanti occhi di cristallo dei pochi mutati con successo, gli esterni con la base sferzata dalle tempeste di neve e circondata dai corpi delle cavie congelate riescono a turbare ancora di più lo spettatore allarmato dalla prospettiva della pandemia. La trama riservata alla cospirazione, che si delinea più avanti con l'arrivo alla base di Jeri Ryan nei panni della Sutton, è la più promettente e intrigante, nonché quella destinata a essere al centro della seconda stagione; la donna fa da foil (da contraltare) all'inintelligibile Hatake (il quale, più del protagonista della serie Farragut, è il personaggio più interessante di Helix), figura enigmatica e ambivalente piena di rimorsi e in cerca di redenzione, in passato capace di abusi inauditi in nome della scienza. Alcuni dei particolari del passato dell'uomo (l'ottimo Hiroyuki Sanada di L'ultimo samurai) e degli altri personaggi utili a comprendere le origini del virus vengono dispensati in modo originale, sfruttando le fasi allucinatorie dell'infezione piuttosto che i soliti flashback (è tramite una di queste visioni che Julia ricorda di essere già stata alla base). Appunti di produzione
Se la presenza di Moore nel reparto produttivo di Helix dà i suoi frutti - ha collaborato all'impalcatura della mitologia della serie - quella, soprattutto in fase di pre-produzione, di Lynda Obst (Insonnia d'amore, Come farsi lasciare in 10 giorni) inquieta non poco: è tra i responsabili di una delle pellicole di fantascienza più avvilente della storia del cinema, Contact. La demoralizzante aura da soap opera che informa la serie - i personaggi sono tutti ridicolmente legati da relazioni segrete e clandestine - pare attribuibile a lei: Farragut (Billy Campbell, The Killing) ha una relazione con la sua protetta Sarah, lui e il fratello Peter sono divisi dall'amore per la stessa donna, Julia, rampolla segreta di uno dei personaggi principali; a sua volta il capo della sicurezza della base Daniel, figlio adottivo di Hatake, è uno degli Inuit scomparsi, e anche il sadico sicario adolescente Spencer vanta una familiarità con una guest. Le conseguenze di questa ragnatela di relazioni sono importanti, tanto da influenzare l'esito della finale di stagione. Esclusi da improbabili alberi genealogici alcuni dei personaggi secondari più interessanti di Helix - come la carismatica e sfortunata Doreen fatta fuori nei primi episodi quando la writer's room prendeva le cantonate maggiori - e Sergio Balleseros, personaggio ambiguo e non allineato che segue un'agenda personale e auspichiamo venga approfondito nella seconda stagione. Un'annata, quella in programmazione nel 2015, che si prospetta completamente diversa dalla prima per ambientazione (la base artica non ci sarà più) e orientamento narrativo (gli ultimi fotogrammi suggeriscono la centralità di Ilaria e dei suoi propositi di sfruttamento del virus). Probabilmente rinunciare all'atmosfera di soffocante claustrofobia e opprimente panico che hanno caratterizzato la serie per assecondare una storyline più politica e distopica è azzardata, ma Porsandeh ha più di un anno per elaborare gli sviluppi.