L'Italia ha vissuto l'ondata Habemus Papam ad aprile. Il film di Nanni Moretti ha raccolto la sua buona dose di applausi, apprezzamenti della critica (sia per la leggerezza con cui viene tratteggiata la crisi di inadeguatezza del neopapa protagonista della pellicola che per la straordinaria interpretazione di Michel Piccoli, che ha lasciato tutti senza fiato), ma anche qualche sterile polemica che però, stavolta, non ha lasciato traccia alcuna nel bilancio generale. Adesso il Nanni nazionale si reca in terra straniera per saggiare l'accoglienza che la critica internazionale riserverà al suo film. La presenza di Piccoli nel cast e l'amore che da sempre i francesi riservano all'opera di Moretti ci lasciano ben sperare in questa edizione illuminata da due grandi autori italiani (dopo Moretti si attende l'esordio in lingua inglese di Paolo Sorrentino). Mentre è ancora troppo presto per fare pronostici, Moretti si offre sornione alla stampa accompagnato da Piccoli, da Margherita Buy, la sua ex moglie nel film, dagli interpreti Jerzy Stuhr, Renato Scarpa, Dario Cantarelli e dal produttore Domenico Procacci.
Habemus Papam è un film che da una vision tenera e umoristica del Vaticano. La Santa sede ha aiutato in qualche modo la lavorazione del film o l'ha ostacolata?
Nanni Moretti: Nè l'una cosa nè l'altra. Ho girato il mio film con la nostra sceneggiatura e i miei attori. Non abbiamo avuto ostacoli né aiuti. Abbiamo ricostruito il Vaticano in parte in studio e in parte abbiamo usato ciò che potevamo usare. Il mio Vaticano è un po' più sobrio dell'originale.
Jerzy, tu che sei polacco come hai vissuto la lavorazione del film? Ti sei basato su tue esperienze reali?
Jerzy Stuhr: Per interpretare il portavoce del Vaticano non mi sono limitato a pensare alle esperienze vissute in Polonia durante il Regime Comunista, ma anche con il contatto con la chiesa, con gli impiegati che davvero esistono e operano a fianco del Papa e degli altri prelati.
Michel Piccoli: Quando Nanni mi ha chiamato ho accettato al volo. Nanni è venuto a Parigi e mi ha chiesto di fare un test in italiano con i costumi, Io sono di origini italiane, ma non parlo la lingua così mi sono preparato. Voi penserete che sia complicato interpretare il Papa, l'ansia e le responsabilità che il ruolo comporta devono essere rese sullo schermo in modo convincente, ma in realtà lavorare con Nanni sul set è stato tutto molto semplice. Lui è molto rilassato e le cose sono filate lisce. E' stata un'esperienza meravigliosa.
Nanni, tu avevi già interpretato un sacerdote in La messa è finita e uno psicoanalista ne La stanza del figlio. Quale fascino esercitano la religione e la psicoanalisi su di te?
Nanni Moretti: Il realtà credo che il mio sacerdote fosse molto diverso dal Papa di Michel. Entrambi però sono film fatti da un ateo, da qualcuno che non possiede la fede, ma mostra interesse in modo distaccato. Anche i due psicoanalisti che ho interpretato sono molti diversi. Quello de La stanza del figlio era più realistico, mentre stavolta ho interpretato un personaggio più umoristico.
Nel film vediamo il Papa alle prese con la vita quotidiana e con le persone comuni. Forse la Chiesa dovrebbe prendere maggiormente in considerazione questo aspetto, questo contatto con la gente che spesso manca.
Nanni Moretti: Si, però questo film non vuole dare delle indicazioni alla Chiesa. Questa idea della fuga del Papa che incontra delle persone comuni ci è venuta per caso. Questo suo peregrinare fa si che il Papa stesso e anche il pubblico si pongano delle domande. Però non ho la presunzione di offrire alcun tipo di soluzioni, volevo solo far sì che realtà diverse si incontrassero, come il Papa con la gente comune o i cardinali con lo psicanalista. Alcune cose sono state inserite nello script per caso, non sono nate volontariamente, ad esempio la passione del Papa con il teatro. Non ricordo come ci sia venuta in mente quest'idea, anche perché il mio Papa non ha alcun legame con i Papi reali. E' stata un'idea nata per caso.
Nanni Moretti: A Bunuel viene attribuita una celebre frase, che io non sottoscrivo, ma che dice: "Grazie a Dio sono ateo". A me dispiace essere ateo, ma è così. Ho avuto un'educazione cattolica, ma senza esagerazione, comunque non sono credente. Nè in La messa è finita né ora si sente la voglia di andare contro chi è rimasto profondamente cattolico. Io ho voluto raccontare il mio Papa, il mio Vaticano e i miei cardinali. La gente si aspettava un film di denuncia su cose che già sapeva e questo per me è un buon motivo per non fare quel tipo di film. Tutti conosciamo gli scandali interni alla Chiesa Cattolica. Mentre giravamo era un periodo in cui sui giornali sono uscite le notizie legate alla pedofilia che sono note a tutti e anche in Polonia i giornali mettevano in discussione la figura del Papa, ma a me interessava dire altro. Volevo fare il mio film senza lasciami influenzare dall'attualità.
Ma quale è la tua conclusione sull'istituzione politica vaticana dopo aver fatto il film?
Nanni Moretti: Se ti riferisci all'ingerenza del Vaticano sulla politica, per quanto riguarda l'Italia le alte gerarchie sono sempre intervenute nella vita politica, ma negli ultimi anni mi sembra che i partiti politici recepiscano con maggior agitazione rispetto al passato le posizioni della Chiesa. Riguardo al mondo, nel mio film ho mostrato dei fedeli in piazza e, quando il mio papa dice che c'è bisogno di un grande cambiamento, applaudono felici. Sono entusiasti di questo possibile cambiamento.
Michel Piccoli: L'urlo iniziale non è stato difficile, è stato un momento di terrore, passione. E' qualcosa difficile da spiegare, non credo che potrei farlo a parole. Ho cercato di rendere il panico di fronte a un evento incredibile, che sconvolge l'esistenza. Per far ciò ho ascoltato con molta attenzione le indicazioni di Nanni. Ho ascoltato più che parlare e tutto è risultato semplice.
Jerzy Stuhr: Posso solo aggiungere che dal punto di vista della tecnica teatrale è difficile esprimersi immediatamente con la forza di Michel. Io ho assistito alla scena e sono rimasto impressionato dalla sua bravura.
Nanni, nella scena ambientata in teatro hai voluto inserire qualche riferimento critico alla società italiana?
Nanni Moretti: No.
E a cosa ti sei ispirato per ricostruire il conclave?
Nanni Moretti: Come spettatore avevo visto molti film sui conclavi e non volevo raccontare quel Vaticano lì. Nel mio conclave non vi sono accordi o complotti. Io non so cosa succeda in realtà, ma ho cercato di dare una mia versione personale. Dopo qualche fumata nera noi spettatori non sappiamo perché tanti cardinali danno il voto a Melville. Noi non volevamo raccontare questo passaggio perché avrebbe sminuito il personaggio di Michel e l'effetto sorpresa. Volevo umanizzare il mondo della Chiesa.
Perché tu ti sei ritagliato il ruolo dello psicanalista?
Nanni Moretti: Quando raccontavo le prime cose dello script, in fase preliminare, parlavo di un Papa in crisi e tutti dicevano: Sei tu il Papa. No, non ci ho mai pensato. Quando è nata l'idea dello psicanalista invece mi ci sono buttato a pesce.
Nanni Moretti: L'idea di inserire materiale documentario nel film è nata subito. Avevo visionato il materiale dei funerali e l'avevo trovato molto bello, ma avevo qualche dubbio a usarlo per non creare confusione. Quando si è delineata la figura del personaggio di Michel abbiamo capito che non aveva nessuna somiglianza con Ratzinger e allora abbiamo usato le scene dei funerali per aprire il nostro film. A quel punto non mi sono fatto problemi. In un paio di occasioni alle spalle di Melville si sente l'ombra di un papato precedente molto lungo e molto amato anche grazie alle parole usate dal portavoce Jerzy Stuhr, però quest'idea è appena accennata.
In collaborazione con Valentina D'Amico.