Giulio Greco, tra Prophecy e Gangs of Milano: "Bisogna uscire dai canoni"

La filosofia orientale, le produzioni internazionali e l'importanza dei giornalisti: la nostra intervista all'attore, al cinema con il film di Jacopo Rondinelli e in tv con la serie Sky.

Giulio Greco in uno scatto di Gioele Vettraino

Molto spesso le interviste telefoniche si organizzano tra un ciak e l'altro. Il ritmo dei set è esasperato, e i piani cambiano repentinamente. Come è accaduto a Giulio Greco, impegnato nelle riprese del suo prossimo lavoro. L'appuntamento iniziale salta, e lo ritroviamo il giorno dopo, mentre sta andando in aeroporto (un altro classico!). Classe 1991, l'attore ha da sempre alternato produzioni nazionali ed internazionali, sottolineando il momento assolutamente propizio per gli interpreti: sempre più preparati e sempre più esportabili. "In Italia ci sentiamo minacciati dallo straordinario", ci dice, "Siamo campanilisti, però bisogna aprirsi. Bisogna conoscere le lingue, adattandosi a ciò che accade, restando legati alla lingua italiana. Guarda Luca Marinelli con Kojima. In Italia sei legato a certi canoni. Ultimamente mi prendono per ruoli negativi, magari hanno capito che non sono solo il principe azzurro".

Giulio Greco Foto
Giulio Greco in uno scatto di Gioele Vettraino

Estremamente gentile (altra dote non scontata), Giulio Greco è al cinema con Prophecy di Jacopo Rondinelli, tratto da un manga di successo, ed è anche su Sky con Gangs of Milano - Le nuove storie del blocco. E non è un caso che Prophecy arrivi dal Giappone, in quanto la cultura pop, oggi, sembra sempre più spesso rivolta verso i paesi asiatici. "Il sole sorge ad Oriente", scherza Greco. "Sono appassionato di cinema coreano, ma di produzioni cinesi, pur settoriali. Per quanto mi riguarda sono legato alla filosofie orientali. Tramite mia mamma, siamo cresciuti legandoci ad una mentalità legata all'Oriente. Il corpo, lo spirito e la mente. In Occidente stiamo guardando verso queste realtà, per avere un maggior beneficio. Un mio amico giapponese mi ha indotto ad una visione della vita molto diversa. Lì le persone agiscono e pensano in modo diverso",

Del resto, la filosofia orientale si scontra con un mondo frettoloso e sovraesposto come il nostro, che non smette di correre. "Siamo troppo affaccendati. Se non sei sempre busy, non vali", continua Greco. "E invece non è così, perché la noia è qualcosa di determinante. La noia ti porta ad essere creativo. Sono giovane, ma non un Gen Z. I social quando sono cresciuto non c'erano, e con mio fratello creavamo delle storie. I social ti evitano la noia, ma bloccano la creatività. È come se ti ingozzassi di informazioni".

Giulio Greco: la nostra intervista all'attore

In Prophecy, Giulio Greco interpreta Manfredi, un personaggio dal profilo analogico, antagonista del protagonista. "Dei miei personaggi incarno frequenze e ritmo, se penso al personaggio di Manfredi, è un personaggio analogico. Scombussola ritmi tempi degli altri personaggi. Nel film c'è un ragionamento sulla rapidità del tempo: sto leggendo molta filosofia, e mi viene in mente una figura che corre. Stiamo sempre correndo, e quando camminiamo restiamo connessi al beat della camminata. Correndo, scappiamo, e non siamo connessi con noi stessi. A forza di correre perdi i pezzi di te".

Prophecy Giulio Greco Scena Film
In una scena di Prophecy

Come detto, Giulio Greco è anche nel cast di Gangs of Milano - Le nuove storie del blocco. Con lui riflettiamo sul cambiamento di linguaggio, tra film e serie. "Il linguaggio del film purtroppo non è più sufficiente. Fellini diceva che con il telecomando in mano hai il potere di zittire ciò che vedi in tv, uscendo dal flusso. Con la serialità è lo stesso, vedere un film è diventato complicato: al cinema oggi le persone prendono il telefono, e non mantengono l'attenzione. La serialità si sviluppa su più tempo, con un ritmo che le persone possono forse comprendere meglio".

Gangs Of Milano Scena Serie Giulio Greco
Giulio Greco in Gangs of Milano

E prosegue, "Sky produce dei progetti di altissima qualità. Ogni volta mi sento bene, con opere che ti rimangono. E Gangs of Milano può dare un taglio della società milanese attraverso una macro-aerea. Non solo la criminalità, ma la particolarità della società intrinseca di una certa città. Mentalità e modo di pensare, poi Milano è una città internazionale con un'immigrazione diversa: si creano dinamiche più accentuate, e nelle nuove puntate ci sia appoggia molto su questo elemento. Una differenziazione sociale molto forte. Per questo credo dovremmo avere più dialogo".

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Milano, il business e quel patentino da giornalista

Giulio Greco tra l'altro, è nato a Milano, ma cresciuto in Piemonte. "Milano l'ho vissuta in profondità, dalle serate alle partite di calcio in periferia. È una città spaccata. All'apparenza c'è una sovrastruttura del business. E infatti in Gangs of Milano lo spaccio di droga è business. Questa mentalità eccessivamente ancorata al lavoro perde umanità, crea distacco tra l'avere e l'essere. Negli anni ci sono stati grandi innovamenti e sviluppi, e ancora non c'è questa idea di vera globalizzazione. Non è Londra, ecco".

L'attore, tra l'altro, è diventato anche giornalista pubblicista nel 2013. In un certo qual modo, parliamo tra colleghi. Tuttavia, il livello giornalistico, oggi, è quantomeno discutibile: "Il problema del giornalismo oggi? Inquinato dal sensazionalismo. Devono fare notizia, e rendere le cose sensazionali. Il titolo ad effetto, la dialettica forte, cogliendo attenzione della persona. Se non faccio questo non mi legge nessuno. Ed è tragico. Non ci prendiamo il tempo di leggere. Ci sono giornalisti eccezionali, ma molti vengono bistrattati da una sovrastruttura gigantesca. Essere giornalisti è una responsabilità. Sono professionisti che vanno a scavare temi, mettendo in luce un punto di vista con una cognizione di causa, facendo pensare le persone. Se non poni le domande, il lavoro non funziona".