Il 21 settembre è la Giornata Mondiale della Pace. Come il 1° gennaio, che è Giornata Internazionale della Pace. Nel calendario delle giornate mondiali, manna per qualunque social media manager, la Pace è l'unico argomento che conta due giornate. Un concetto che tutti diciamo di comprendere e desiderare, eppure che nessuno davvero mira a costruire nelle sue azioni quotidiane. Per questo, stilare un elenco di film sulla pace è impossibile: pensandoci, il paradosso ci si è parato dinnanzi, imponente e assurdo come il Muro di Berlino. I migliori film per capire l'importanza della pace sono i film di guerra. Perché la guerra la conosciamo, la perpetriamo ogni giorno, anche solo allargando le fila degli haters sui social su questo o quell'argomento, mentre la pace no. Non sappiamo cosa sia, non ne abbiamo vera esperienza, un mondo senza guerre è impossibile.
Quindi, a parte il biopic su Gandhi, che ha reso immortale Ben Kingsley, e che sarebbe una scelta ovvia, non ci sono film che siano il manifesto della pace. Anche perché la pace non scoppia, la pace è stantia, è ferma e al cinema sarebbe di una noia mortale come la società buonista di Demolition Man. E una delle più belle frasi contro la guerra la pronuncia un combattente Jedi: "Grande guerriero? Guerra non fa nessuno grande!". È il Maestro Yoda, custode di un sapere che mira a una pace superiore, però con le armi. Di film sulla guerra ne esistono moltissimi. Ne abbiamo scelti cinque, secondo noi imprescindibili, che attraverso la guerra inneggiano alla pace.
L'impero del sole
La filmografia di Steven Spielberg è costellata di messaggi di pace. Che si parli della follia dei campi di sterminio come in Schindler's List o di altri mondi che potrebbero entrare in conflitto con noi come ne La guerra dei mondi, il Re Mida di Hollywood ha sempre voluto inviare messaggi di pace al suo pubblico. L'impero del sole è un fulgido esempio del suo pensiero di pace, con un giovane Christian Bale che potrebbe vivere di rendita solo con l'interpretazione di Jim, e recitare male in tutte le altre pellicole. Il suo volto, quando viene sganciata la bomba atomica del 6 agosto, vale più di mille proseliti. Il ragazzino crede che sia lo spirito della donna su cui ha vegliato che sale in cielo. Tanto male, spiegato a un bambino dal cuore puro, non verrebbe compreso.
Orizzonti di gloria
Una canzone. Una canzone sola. L'ussaro fedele. Dateci il tempo di cantarla, insieme a una fanciulla del popolo nostro nemico. Perché rievoca emozioni, a noi soldati della Prima Guerra Mondiale, che prima d'ora non sapevamo nemmeno che potesse esistere un conflitto così. Poi torneremo a uccidere o a venir uccisi dai nostri stessi superiori perché ci rifiutiamo di farlo. Stanley Kubrick ha di fatto riscritto gli archetipi del film di guerra. Con Orizzonti di gloria e con Full Metal Jacket, che però si concentra su un'altra guerra e su come anche il più giusto tra gli uomini possa diventare un mostro in assenza di regole, di rispetto e di pace. Già al suo esordio con Paura e desiderio, Kubrick aveva voluto parlare della mostruosità della guerra. E lo farà ancora, con quel Il dottor Stranamore, ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba che, da una stanza dei bottoni, uccide più di mille soldati al fronte. Insieme a Spielberg, uno dei registi più impegnati per la pace.
Full Metal Jacket: scrivere la guerra, guardare l'orrore, ricordare Palla di lardo
La sottile linea rossa
Non è necessario girare una gran quantità di film per essere uno dei più grandi registi al mondo. Terrence Malick ne è l'esempio più calzante. Il contrasto ne La sottile linea rossa tornerà anche dopo, in altri suoi film. Mentre si combatte un lungo e sanguinoso assalto a Guadalcanal, la natura è qualcosa che toglie il fiato. Bellissima, lussureggiante, superba. E indifferente. Perché le tragedie dell'uomo sono poca cosa, sono una pura follia, una cattiveria gratuita che non potrà scalfire tanta bellezza. Le tre vicende sulle quali si concentra la sceneggiatura ci fanno comprendere che noi non ci salveremo, lei sì. La natura indifferente che si nutrirà del sangue versato sul campo per far germogliare nuova vita, diversa da noi.
E Johnny prese il fucile
S.O.S. Il messaggio finale di Johnny, struggente come niente altro, devastante più di mille uragani. Quando Dalton Trumbo esordì alla regia lo fece con un manifesto del pacifismo lucido, potente, complesso, spietato, atroce. Gli orrori della guerra sono tutti su quel tronco umano che è il corpo di Johnny, un pezzo di carne che vive, come lo chiamano loro. Andava solo alla leva, Johnny, quando fu colpito da una granata. E anche se vive, la vita non è importante in tempi di guerra, nemmeno lontano dal campo di battaglia. Il discorso di Trumbo poi si ramifica in altri mille argomenti e spunti di riflessioni, come il diritto all'eutanasia, argomento attualissimo ai nostri giorni. E Johnny prese il fucile è un film agghiacciante, con un confronto con la divinità che si fa atroce. Un silenzio assordante, che quando finisce serve solo a mettere ancora più in dubbio le certezze già demolite. Non c'è nessuno all'ascolto, c'è solo silenzio. Anche se il grido in codice morse di Johnny dice S.O.S.
La grande guerra
Si pensa sempre che i film di guerra migliori li abbiano girati gli americani. Ma il nostro immenso Mario Monicelli, indiscusso sovrano della commedia, insieme a quell'altro campione della risata che fu Alberto Sordi, portarono sul grande schermo La grande guerra, uno dei migliori film di guerra di tutti i tempi, candidato anche all'Oscar come miglior film in lingua straniera. Insieme a Vittorio Gassman, Sordi compone una coppia di soldati nichilisti che pensa solo al modo di andarsene dal fronte. Perché loro, le staffette, di orrori ne vedono tanti. Un connubio di dramma e comicità, un linguaggio nuovo, una cifra stilistica peculiarissima, che trova anche il suo corrispettivo nella scrittura intelligente di Age e Scarpelli e Vincenzoni. Il piano sequenza finale andrebbe dichiarato patrimonio dell'umanità, sia per maestria tecnica che per i contenuti. La patria sceglierà di ignorare, ma sarà salva anche grazie a quei due soldati. Perché non si sa mai in anticipo in quali cuori albergano gli eroi.