Pensavo che dramma volesse dire far piangere gli attori; ma il dramma consiste nel far piangere il pubblico.
Dalla Sicilia a Hollywood
È stato il regista che, probabilmente più di chiunque altro, nei suoi film ha saputo celebrare il lato puro e generoso dell'America: l'idealismo, la solidarietà, il coraggio di un paese impegnato prima, negli anni Trenta, a far fronte alla Grande Depressione, e un decennio più tardi, negli anni Quaranta, a sopportare le ferite della Seconda Guerra Mondiale. Frank Capra è stato il principale e il più acceso alfiere di questa America, raccontata attraverso film dallo spirito edificante, ma capaci al contempo di evitare la retorica più blanda.
Il paradosso è che Capra era in realtà italianissimo (il suo vero nome era Francesco Rosario Capra) e non avrebbe ricevuto la cittadinanza statunitense prima dei ventitré anni. Ma per lui, come per migliaia di altri suoi connazionali della stessa generazione, l'America era stata la "terra delle opportunità": non aveva ancora sei anni, infatti, quando la sua famiglia, originaria di Bisacquino, in Sicilia, si imbarcò su una nave che - dopo un viaggio ricordato da Capra come un'esperienza miserevole - l'avrebbe portata a New York, e da lì poi a Los Angeles, dove risiedeva Benjamin, il fratello maggiore di Frank.
Al cinema, la carriera di Capra sarebbe durata per trentacinque anni: dall'esordio nel 1926, con una decina di pellicole mute realizzate in meno di tre anni, fino al 1961 con la commedia Angeli con la pistola, fortunato remake di un grande successo diretto dallo stesso Capra nel 1933, Signora per un giorno. Nel mezzo una produzione vastissima, che include anche diversi documentari per il dipartimento militare americano girati durante il conflitto, un cospicuo numero di film diventati dei veri e propri classici e la vittoria, fra il 1934 e il 1938, di ben tre premi Oscar come miglior regista (un record superato in seguito solo da John Ford). Frank Capra si è spento nella sua casa in California esattamente venticinque anni fa, il 3 settembre 1991, e oggi vogliamo ricordarne il grande contributo al cinema attraverso cinque pietre miliari della sua carriera, in ordine cronologico.
1. Accadde una notte
Non si tratta soltanto di uno dei capolavori della filmografia di Frank Capra, ma anche di una delle commedie sentimentali più significative, amate e imitate nella storia del cinema hollywoodiano: un'opera che ha riscosso un enorme successo all'epoca della sua uscita, nel 1934, e che rimane un modello indiscusso nel campo della cosiddetta rom-com. Tratto da una novella di Samuel Hopkins Adams, Accadde una notte racconta la vicenda di Ellie Andrews (Claudette Colbert), una giovane ereditiera in procinto di sposarsi ma in fuga dal padre, il dispotico milionario Alexander Andrews (Walter Connelly). Diretta dalla Florida a New York, Ellie decide di nascondere il proprio ceto sociale viaggiando in pullman, in modo da non essere rintracciata, ma si imbatte in Peter Warne (Clark Gable), cronista squattrinato che non tarda a riconoscere la ragazza e a fiutare lo scoop; nel corso del viaggio, però, ovviamente interverrà l'amore a scombinare i piani di entrambi.
Con un perfetto amalgama fra ironia e romanticismo, Accadde una notte si avvale anche di notazioni maliziosamente erotiche - una su tutte, la storica scena in cui Ellie si improvvisa autostoppista mostrando la gamba - per nulla scontate all'epoca (il famigerato Codice Hayes sarebbe stato introdotto poco tempo dopo l'uscita della pellicola). Alla settima edizione degli Academy Award Capra, reduce dalla delusione dell'anno precedente per la mancata vittoria di Signora per un giorno, si prese una sonora rivincita: Accadde una notte divenne infatti il primo titolo in grado di conquistare i cinque Oscar più importanti, ovvero miglior film, regia, attore, attrice e sceneggiatura.
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2. L'eterna illusione
Sempre a proposito di Oscar, gli anni Trenta furono un decennio da incorniciare per Frank Capra, che il 5 maggio 1936 fece da presentatore alla cerimonia dell'ottava edizione dei premi ma soprattutto, fra il 1935 e il 1939, rivestì il ruolo di Presidente dell'Academy (fu lui, fra l'altro, a patrocinare l'introduzione delle categorie dedicate agli attori supporter). Nel 1936, due anni dopo il trionfo di Accadde una notte, Capra si aggiudicò un secondo Oscar come miglior regista per un'altra commedia romantica, È arrivata la felicità, con Gary Cooper, mentre nel 1938 il suo L'eterna illusione mise a segno una clamorosa doppietta, vincendo gli Oscar per miglior film e miglior regia.
Così come nelle pellicole precedenti, anche ne L'eterna illusione ritornano il tema dei rapporti fra diverse classi sociali e la descrizione di un'America impegnata a riprendersi dalla Grande Depressione: i protagonisti del film sono infatti Tony Kirby (James Stewart), figlio dello spregiudicato banchiere Anthony P. Kirby (Edward Arnold), e la stenografa Alice Sycamore (Jean Arthur), fidanzata con Tony, ma appartenente a un'eccentrica famiglia della middle class. Forte della sceneggiatura del fedele collaboratore Robert Riskin e mantenendo l'impianto teatrale della pièce all'origine della storia, L'eterna illusione è un'opera emblematica di come Capra abbia saputo raccontare la società americana del New Deal attraverso un ottimismo e un umanesimo posti a marchio inconfondibile del suo cinema.
3. Mr. Smith va a Washington
Difficile immaginare che il successo crescente dei film di Frank Capra negli anni Trenta sarebbe culminato, nel 1939, con una pellicola addirittura più acclamata e fortunata delle precedenti: un'opera dal taglio drammatico, questa volta, ambientata nei corridoi del potere di Washington D.C. In Mr. Smith va a Washington, distribuito nelle sale statunitensi nel 1939 (l'anno d'oro del cinema classico), James Stewart interpreta l'iconico ruolo di Jefferson Smith, capo di un gruppo di boy ranger: un giovanotto ingenuo scelto come rimpiazzo per un seggio al Senato rimasto vacante in seguito al decesso improvviso di un senatore. Jeff viene preso sotto l'ala protettiva di un politico più esperto, Joseph Paine (Claude Rains), ma non si rende conto che i colleghi contano di sfruttare la sua inesperienza per manovrarlo a proprio piacimento; l'indole integerrima di Jeff lo porterà così a scontrarsi apertamente con un gruppo di senatori corrotti, con il sostegno della sua segretaria, Clarissa Saunders (Jean Arthur).
Una magistrale sintesi del cinema di Frank Capra, nei suoi pregi e in parte nei suoi limiti: un'avvincente apologia della democrazia americana e dell'animo più nobile della politica, la cui risonanza fu incrementata dalla contemporanea ascesa dei totalitarismi europei. Nell'anno di Via col vento, su un totale quasi da record di undici nomination, Mr. Smith va a Washington si portò a casa soltanto la statuetta per il miglior soggetto, mentre per lo strepitoso James Stewart (da antologia il suo discorso al Senato), forse nella sua miglior performance di sempre, il premio sarebbe stato rimandato di appena un anno.
4. Arsenico e vecchi merletti
Basato sull'omonimo testo teatrale di Joseph Kesselring, Arsenico e vecchi merletti costituisce senz'altro uno dei progetti più atipici nella carriera di Frank Capra, qui alle prese con un genere di commedia piuttosto diverso rispetto agli altri suoi film: quella proposta al pubblico nel 1944 è infatti una black comedy nerissima in cui i risvolti macabri della trama fungono da corredo ad un umorismo paradossale che sconfina perfino nel grottesco. Uno spassoso Cary Grant presta il volto a Mortimer Brewster, un uomo rispettabile che, subito dopo essere convolato a nozze con la fidanzata Elaine Harper (Priscilla Lane), decide di presentarla alle sue anziane zie, Abby (Josephine Hull) e Martha (Jean Adair), le quali vivono nella vecchia casa di famiglia a Brooklyn.
Il povero Mortimer, però, non sospetta neppure lontanamente che, dietro la loro apparenza innocua, le due ziette celino l'abitudine di attirare malcapitati coinquilini per poi avvelenarli. Fra cadaveri che saltano fuori (letteralmente) dai vari angoli della casa e personaggi inquietanti come il folle Teddy (John Alexander), convinto di essere il Presidente Roosevelt, il serial killer Jonathan (Raymond Massey), che somiglia a Boris Karloff (prima scelta per il ruolo), e il chirurgo plastico Herman Einstein (Peter Lorre), Arsenico e vecchi merletti è una commedia scatenata dai tempi comici infallibili: un gioiello che ancora oggi sembra aver mantenuto integra tutta la sua efficacia.
5. La vita è meravigliosa
Impossibile non concludere l'itinerario nel cinema di Frank Capra con quello che, retrospettivamente, si è imposto nell'immaginario collettivo come il suo film più celebre e celebrato, nonché come il classico natalizio per antonomasia, e che negli scorsi anni è stato votato dall'American Film Institute fra le prime venti posizioni nella classifica dei cento capolavori del cinema americano. Ispirato al racconto The Greatest Gift di Philip Van Doren Stern e uscito nelle sale nella stagione natalizia del 1946, La vita è meravigliosa ha visto la propria reputazione crescere con il tempo, e lo stesso regista arrivò a considerarlo il preferito fra i propri film.
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La storia, ben nota, è quella di George Bailey (James Stewart), impegnato a gestire una cooperativa di risparmio in un piccolo centro di provincia di New York, ma improvvisamente sull'orlo della bancarotta dopo aver subito il furto di ottomila dollari. A sottrarlo all'imminente suicidio sarà Clarence Odbody (Henry Travers), un angelo custode senza ali che deciderà di mostrargli come sarebbe la sua cittadina se George non fosse mai nato. Arricchito dalla presenza di attori come Donna Reed, Lionel Barrymore, Thomas Mitchell e Gloria Grahame, La vita è meravigliosa è un perfetto punto d'incontro fra ritratto sociale e genere fantastico, fra dramma morale e commedia dei sentimenti, in grado di unire un'incrollabile fiducia nella generosità degli esseri umani con una capacità di suscitare empatia che ha contagiato gli spettatori di ogni epoca.