E' ormai in dirittura d'arrivo, questa seconda stagione di Falling Skies. Se, per tracciare un bilancio, ci sembra doveroso aspettare il season finale, con gli ultimi due episodi previsti per la prossima settimana (il 21 agosto in Italia) possiamo tranquillamente dire, per ora, che questi Molon Labe e La marcia della morte ci hanno quantomeno messo in una buona disposizione. A scanso di equivoci, un dato è ormai chiaro: la serie di Robert Rodat non è The Walking Dead e probabilmente non lo sarà mai; quella compattezza narrativa e qualità di scrittura appaiono attualmente irraggiungibili per un prodotto come questo, concepito peraltro in tutt'altra ottica. Anche in questi due episodi, sicuramente tra i migliori dell'intera stagione (e probabilmente di tutta la serie) non mancano incongruenze e piccole ingenuità disseminate nel loro svolgimento. Ciononostante, è lo sguardo d'insieme (sul singolo episodio e sul punto finora raggiunto dalla stagione) ciò che conta: e bisogna dire che, pur nei suoi tentennamenti e nella qualità altalenante della sua scrittura, nelle sue ingenuità e nei suoi punti poco chiari, questa seconda tranche di episodi sembra essere riuscita a costituire un climax narrativo, un coinvolgimento emotivo dello spettatore che si spera trovi il suo coronamento (con la capacità di creare la giusta attesa per la prossima stagione) nelle due puntate conclusive.
Sono per certi versi due puntate speculari, le due di cui ci stiamo occupando, ma entrambe molto "pesanti" nell'economia narrativa della serie: ricca di azione e densa di avvenimenti importanti Molon Labe, più di transizione e approfondimento (ma ugualmente fondamentale nell'ottica di anticipare ciò che verrà) la successiva La marcia della morte. Nella prima, troviamo in apertura le conseguenze dell'inganno messo in atto da una ormai trasformata Karen nei confronti di Ben; la ragazza conduce il giovane direttamente dal leader del comando alieno, con l'intenzione di carpirgli informazioni sulla ribellione degli skitter, causa, come sappiamo, abbracciata da Ben. Il provvidenziale intervento degli uomini della Seconda Mass riesce a salvare Ben, ma inaspettatamente ha anche un altro effetto: la creatura extraterrestre ("il mio signore", lo definisce Karen) viene fatta prigioniera dagli uomini, che si trovano così ad avere una potente arma di contrattazione per sfuggire all'assedio, ormai sempre più pressante, messo in atto dagli invasori. Il labile "patto", raggiunto dal gruppo con una Karen estremamente scaltra e pericolosa, non risparmierà disgraziatamente due vittime umane: parliamo di Boon, catturato durante una ricognizione e crudelmente ucciso, davanti ai suoi compagni, dal fuoco dei Mech; e di Jamil, intrappolato nel tentativo di evacuazione nei corridoi dell'ospedale, e vittima di una colonia di aracnidi extraterrestri che (con una trovata a tinte decisamente horror) prendono possesso del suo corpo. Tuttavia, anche l'alieno resta gravemente ferito dopo un istintivo atto di vendetta di Tom, che lo colpisce come ritorsione per aver torturato suo figlio Ben; la reazione a caldo del professore, che rischiava di compromettere l'unico lasciapassare che la Seconda Mass aveva per lasciare l'ospedale, finisce al contrario per offrire agli uomini l'occasione per ricontrattare, da una posizione di forza, la fuga verso Charleston. Fuga che, dopo una concitata serie di eventi che vedono il fondamentale apporto del piccolo Matt, rimasto intrappolato con Anne e Lourdes nel laboratorio di analisi, riesce infine ad attuarsi; con il corollario della frustrazione rabbiosa della stessa Karen, costretta a riconoscere l'incapacità di quella che ormai è la sua specie di prevedere, e neutralizzare, l'abilità tattica e la tenacia dei resistenti. L'episodio, tutto costruito sull'incalzante crescendo degli eventi e su una regia molto vivace (invero più efficace che in passato) si chiude con un altro evento fondamentale, in qualche modo già lasciato presagire dai recenti sviluppi della trama: l'allontanamento volontario di Ben, con l'intenso addio dato a un Tom che non ha la forza (ma che è anche consapevole, in fondo, che non sarebbe la scelta giusta) di fermarlo. In questa coinvolgente sequenza, non si può tuttavia fare a meno di rilevare un'incongruenza evidente (e un po' grossolana) di quelle a cui la serie ci ha ormai abituati: Ben rivela di essere riuscito a carpire, entrando nella mente del loro leader, alcuni dei piani degli invasori, e di volerli condividere con gli skitter ribelli; a Tom, tuttavia, non viene in mente di chiedere al figlio quali siano questi piani, e come possano essere utili ai suoi uomini. Un elemento stonato, indice dei noti difetti narrativi a cui la serie ci ha abituati, che tuttavia non intacca, nella sostanza, la riuscita di quello che risulta finora l'episodio migliore della stagione. Il ritmo rallenta, ma in fondo non di molto, nel successivo La marcia della morte: un episodio il cui titolo, forse giustificato dalla perdita di un altro personaggio (un soldato ferito nella puntata precedente e deceduto nel corso del viaggio) risulta tuttavia contrastare con il clima, sostanzialmente ottimista, che risulta dal suo svolgimento. Il viaggio della Seconda Mass conduce infine i suoi componenti all'agognata meta di Charleston, base della resistenza e sede di una ricostituita autorità civile; non prima, però, che il momento di relativa calma consenta la rivelazione di importanti particolari sul passato di alcuni membri del gruppo. Parliamo, in particolare, di Maggie, che, sollecitata da una "cattiva coscienza" col volto dell'ex compagno John Pope, decide di rivelare ad Hal i dettagli del suo passato criminale, e soprattutto del bambino da lei avuto e subito sottrattole; dello stesso Pope, che fa sapere in modo quasi casuale, come fosse un particolare di scarsa importanza, di essere anch'egli padre; e di Tector, ex marine in incognito, ancora preda dei sensi di colpa per la morte dell'amico Boon; sensi di colpa che si riflettono in quelli più grandi per un tragico episodio del suo passato. Un episodio, quindi, che mette "in pausa" l'azione per approfondire le dinamiche relazionali e interiori dei personaggi, ognuno alle prese con i suoi fantasmi: Tom, che non si capacita di aver lasciato partire suo figlio Ben, e ora teme per la vita di Hal e Matt; Lourdes, ancora sconvolta e resa cinica dalla morte di Jamil, persona da lei amata e persa nel modo più crudele; lo stesso Weaver, che sembra vacillare quando l'episodio inganna il gruppo e gli spettatori, mostrando una Charleston apparentemente distrutta e priva di presenze umane. La stessa apparizione della bambina-skitter raccolta lungo la strada, subito raggiunta da suo fratello e uscita quindi di scena, appare con fin troppa evidenza come un evento aggiunto per pure necessità di copione, mancante com'è di organicità col resto della trama.L'abile gestione del finale, e il rovesciamento della sorpresa che ne deriva, con la conferma che, malgrado le apparenze, Charleston è davvero quel luogo agognato e bramato, da cui iniziare a ricostruire una parvenza di vita civile, a cui il gruppo ha guardato con speranza per tutta la stagione, riesce tuttavia a chiudere felicemente l'episodio; mettendo, ancora una volta, tra perentesi i difetti e le incongruenze, oltre alle lungaggini e alle componenti posticce come quella appena ricordata. Un risultato complessivo, quello che (un po' arbitrariamente) vogliamo trarre dal complesso di queste ultime due puntate, sicuramente di buon auspicio per l'ormai prossima conclusione, e magari per una nuova stagione alla cui base ci piacerebbe trovare (ma forse è un auspicio ingiustificato) un planning più chiaro e compatto.
Movieplayer.it
4.0/5