E' tra le pellicole che rappresentano l'Italia alla 69ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia il Pinocchio di Enzo d'Alò, rivisitazione animata del classico di Collodi che inaugura la sezione Giornate degli autori. Un progetto ambizioso che ha richiesto molti anni di lavorazione e più di un ripensamento in fase di scrittura, naturale quando ci si confronta con una storia che fa parte dell'immaginario collettivo come la favola del burattino che sogna di diventare umano. Un progetto ambizioso ed intrigante, riuscito in parte, soprattutto nella costruzione visiva delle sequenze meno narrative e più oniriche, quelle che accompagnano le canzoni composte da Lucio Dalla.
Prodotto da Cometafilm, Iris Production, Walking the Dog e 2D-3D Animation in collaborazione con Rai Fiction, il film arriverà in sala per Lucky Red e vanta un cast di doppiatori di tutto rispetto, da Rocco Papaleo a Maurizio Micheli, fino a Pino Quartullo, Andy Luotto e lo stesso Dalla in un piccolo ruolo. E' stato proprio l'autore d'Alò, accompagnato da Lorenzo Mattotti che ha curato lo stile visivo, Marco Alemmano e Maricla Affattato, a raccontare il suo Pinocchio alla stampa presente al Lido, nella suggestiva cornice de La Pagoda, spiegando la chiave di lettura della sua versione della favola e gli aspetti tecnici del film.
Non sei nuovo al discorso del matrimonio tra musica e immagine, come già ne La freccia azzurra. Ed in questo caso si tratta di una collaborazione altrettanto importante. Enzo d'Alò: Cerco sempre di coinvolgere il musicista fin dall'inizio del lavoro, quindi nel nostro caso un compositore non si limita a lavorare alla musica, ma contribuisce realmente alla costruzione del film. Alcune canzone sono realizzate prima, quindi influenzano la realizzazione degli storyboard e delle sequenze.
Parliamo delle immagini, dei personaggi e dei disegni. Lorenzo è ormai una superstar internazionale e qui c'è il segno inconfondibile del suo lavoro, l'accostamento tra il mondo circense con un Pinocchio che attinge visivamente al nostro patrimonio artistico. Che tipo di scelte hai fatto per una favola così universalmente nota? Lorenzo Mattotti: Tutto è partito dal libro che avevo fatto prima su Pinocchio, una tappa importante sulla reinterpretazione di questo grande classico. Sono andato subito a vedere pittori dell'800, pittura italiana. Infatti ci sono dettagli, come le montagne del pescatore verde, che sono prese da opere italiane. Il nostro lavoro è attingere a questo patrimonio e reinterpretarlo secondo la nostra visione, rivedere queste idee attraverso la nostra radice culturale. E' chiaro che poi ne viene fuori un lavoro contemporaneo, perchè io vivo ai giorni nostri. Quello che volevo che venisse fuori è una grande energia, dai paesaggi e dai personaggi.L'energia viene anche dal burattino... Lorenzo Mattotti: Sì, perchè si è deciso di farlo ipercinetico, ma tutto contribuisce a renderla su schermo, fin dai paesaggi.
Avete voluto restare fedeli alla storia? Enzo d'Alò: Abbastanza, ci sono parti prese direttamente dal libro di Collodi. Ma Pinocchio è attuale, basta trovare un punto di vista contemporaneo senza cambiare molto della sostanza.
Per quanto riguarda la musica, è l'ultima bella prova di Lucio Dalla che possiamo apprezzare al cinema. Come avete lavorato a questa collaborazione? Marco Alemanno: Lucio ha sposato da subito questo progetto, soprattutto perchè questo imperare della CGI non gli stava molto bene. Quando abbiamo visto i primi bozzetti di Lorenzo è rimasto stupito come un bimbo, quindi ha voluto musicalmente richiamare dai classici così come Lorenzo ha fatto con le immagini, da Rossini a Nino Rota, senza volersi legare a precedenti adattamenti della favola. Ha dato del suo alla storia, quel suo essere bambino, Peter Pan ma anche proprio Pinocchio. Ha giocato coi personaggi aggiungendo colore al lavoro che stavamo realizzando sul film, ha sposato il soggetto con il suo solito spirito di libertà e gioia. L'aver registrato direttamente la prima strofa dei titoli di coda ha dato quel qualcosa in più a questo lavoro e sono contento che arrivi al pubblico questo suo ultimo grande regalo. Ma vorrei ricordare anche il lavoro di Roberto Costa nell'arrangiamento delle musiche. Maricla, tu hai gestito il casting vocale, ma sei tu stessa la voce della Volpe. Maricla Affattato: Io sono un po' un jolly in questa produzione, ho visto Enzo plasmare questo progetto e seguito un po' tutti gli aspetti, per un tempo lunghissimo. Quando dico a qualcuno "sei cresciuto con Enzo d'Alò", generalmente mi risponde "sono invecchiato con Enzo", perchè questo tipo di produzioni richiede molto tempo. Fare il doppiaggio è sempre complicato e spesso in Italia i film d'animazione vengono doppiati come dei cartoon. Nel nostro caso, invece, se arrivano dei talent non dipende dal nome, ma perchè si trattava della scelta più adatta per il personaggio. Ora stiamo lavorando alla versione francese e sarà difficile ripetere l'esperienza, perchè per esempio nell'italiana abbiamo Mino Caprio che è il figlio di otto anni del doppiatore di Geppetto ed è una situazione unica avere un padre e figlio che interpretano gli stessi ruoli anche nella finzione. Vorrei dire qualcosa anche sull'animazione, perchè è la prima volta che facciamo un film in digitale, usando un software canadese che aveva già usato la Disney per alcune parti de La principessa e il ranocchio. Enzo ha anche chiesto delle migliorie ai realizzatori di questo software. Ma abbiamo anche un gruppo di animatori bravissimi che bisognerà pregare per farli restare in Italia.Enzo d'Alò: Sono molto esigente dal punto di vista musicale, perchè per me è una coloritura, un modo per approfondire l'interpretazione dei personaggi. La musica deve raccontarmi dei personaggi così come lo fa il doppiatore con il suo lavoro, quindi mi siedo accanto al musicista per decidere insieme come usare i diversi temi, che non devono mai essere troppo ripetitivi e devono confluire nelle canzoni che sono altrettanto importanti. Con Lucio abbiamo lavorato su Rossini, perchè Collodi lo amava molto, ed abbiamo giocato sulla frase che inizia la Cenerentola di Rossini, una volta c'era un re, facendola cantare anche a Geppetto. Anche il crescendo rossiniano si ritrova nel Pinocchio di Collodi tra il Grillo e Pinocchio o Mangiafoco e Pinocchio e lo abbiamo usato nel film.
Che scelte sono state fatte sulla storia? La fata turchina in questo caso è una bambina, mentre nell'immaginario comune è una sorta di mamma. Enzo d'Alò: Ho letto il libro da bambino e l'ho riletto prima di fare il film. Nella scrittura ho cercato di tenere in mente l'atteggiamento di un bambino che legge il libro. Attenendosi alla storia di Collodi verrebbe un film di quasi dieci ore, è quasi una storia a puntate. Su Pinocchio si può fare un film completamente diverso, ma io ho cercato di concentrarmi sul rapporto tra Geppetto e Pinocchio come chiave di lettura e tutti gli avvenimenti si sono incastrati da questo punto di visto. Per quanto riguarda la fatina, mi sono sempre chiesto perchè venisse spesso rappresentata come donna, mentre Collodi parla della bambina dai capelli turchini, che diventa donna adulta solo nella scelta del circo, nella quale Pinocchio la riconosce solo grazie al ciondolo che porta al collo.