Se L'uomo che ama è sicuramente il film italiano, tra i tanti programmati al Festival di Roma, più noto al grande pubblico, non fosse altro per la campagna pubblicitaria dalla quale è stato preceduto, Il passato è una terra straniera, il nuovo film di Daniele Vicari, tratto da un romanzo di Carofiglio, è quello più atteso dagli addetti ai lavori e dagli amanti di cinema.
E' interessante scoprire come uno degli autori emergenti del panorama italiano si confronti con un noir, e si paragoni con uno dei migliori attori della sua generazione, Elio Germano.
"Quello che mi interessava maggiormente del libro - ci dice Vicari - è che il tema dello scambio di personalità tra i personaggi, nel romanzo, è contenuto in termini molto soggettivi, mentre nel film doveva diventare un fatto concreto".
Vicari è un tipo serio, anche se ispira da subito simpatia per il modo misurato e cortese con il quale sa rapportarsi con il proprio interlocutore. Ma soprattutto, cosa che non appartiene a tutti, non è mai banale in quel che dice.
"Il film - nota - come il romanzo, ruota attorno a due fulcri, i due amici, che, messi a contatto, deflagrano e si dissolvono. Il punto di massima dissoluzione nel film avviene durante l'interrogatorio finale, nel quale il protagonista elude la verità, vuole come cambiare canale, cancellare tutto per continuare a vivere".
Il regista si riferisce ad una scena molto cruda, nella quale Giorgio, al quale dà volto e fisico Elio Germano, viene picchiato in una caserma dei carabiniere, perchè creduto colpevole di uno stupro.
Questa e altre scene di una certa violenza, hanno destato preoccupazione e polemiche, meritandosi anche il divieto del film per i minori di 14 anni.
"Si ma noi facciamo sempre più confusione tra quello che si vede nei film e quello che si vede nella realtà - replica con incredulità e un pochino di fastidio - Il libro è un'opera di finzione, e credo che nel cinema sia tutto lecito. Anche perchè il nostro è un film senza aspetti documentaristici".
Di fronte ad una nostra timida insistenza chiosa: "Insomma, ci assumiamo fino in fondo le conseguenze di quello che abbiamo rappresentato!"
La confusione che denuncia Vicari è anche al centro del suo film. Il tema identitario, sulla ricerca di una propria personalità, stuzzica il regista.
"Il tema dell'identità personale è molto attuale - ammette - Questa difficoltà di metterlo a fuoco è caratteristica presente sia negli individui sia nella società che gli individui compongono. Proprio per questo sono incazzato con chi fa i film giovanilistici, problematici, e poi magari va in tv a raccontare al mondo come ci si deve comportare. Ecco, questo lo trovo veramente aberrante".
Ma oltre che il tema dell'identità, è forse percepibile anche una sottotraccia politica, a partire dalla denuncia della violenza che mette in campo, indirettamente, Il passato è una terra straniera come anche altri film del recente passato in Italia.
Dopo averci ringraziato, "per aver tirato fuori il critico cinematografico che è in me", Vicari azzarda un paragone: "Stiamo vivendo in Italia un momento di cinema non differente da quello tedesco degli anni 20. L'espressionismo tedesco ha mostrato la violenza di quegli anni in modo determinato, duro concreto. Questo oggi viene fatto dalla letteratura di genere italiano. Il cinema non è immune da questa tendenza, ed è una cosa che ci riguarda profondamente".
Rifiuta però i film costruiti solo per dimostrare qualcosa: "Quando si parte fin da subito per dimostrare una tesi si sbatte la faccia contro un muro, si fanno opere che invecchiano il giorno dopo che escono al cinema".
Una grande attenzione per la storia, dunque, che ha dovuto fare i conti con il fatto che il libro di Carofiglio sia in gran parte scritto in prima persona.
"Nel canovaccio di sceneggiatura - ci spiega - c_'era una voce narrante che fungeva da raccordo. A me però generalmente non piace, e mi sono posto il problema di come sostituirla. Ho deciso di raccontare per immagini quello che originariamente veniva detto. Ora, quando ricordo qualcosa che ho rimosso, lo faccio in modo confuso ed emozionale, cosa che è difficilissima da riportare al cinema. Abbiamo così utilizzato il formato anamorfico in maniera scorretta, per restituire questa sensazione. L'anamorfico ha bisogno di tantissimo tempo di preparazione, perchè altrimenti l'immagine viene distorta sullo schermo. Ecco perchè non abbiamo fatto altro che usarlo in un modo in cui non dovrebbe essere utilizzato, ottenendo quella distorsione che volevamo, accentuandola poi inserendo a volte dei pezzi di vetro davanti alla cinepresa_".
Qualche considerazione conclusiva la dedichiamo alla location scelta, la città di Bari.
"Il romanzo era ambientato a Bari, e in mancanza di problemi particolari, anche il film era giusto che fosse girato lì, anche se la conoscevo poco. Come tante città mediterranee ha una doppia immagine: insieme moderna e antica. Duplicità molto interessante, caratteristica del nostro paese, una duplicità che può facilmente diventare ambiguità".
Il passato di Vicari è stata una sorpresa. Il presente è Il passato è una terra straniera. Non ci resta che attendere il futuro...