Dal 15 gennaio AXN offre ai suoi spettatori la quinta e ultima stagione di Breaking Bad, cattivissima (ma recentemente oggetto di un'esilarante spoof crossover con Downton Abbey, a base di bustine di tè "da sballo", intitolato Breaking Abbey) e osannata serie di AMC. In realtà vedremo solo metà stagione, perché la seconda parte è prevista negli USA per quest'estate, e in realtà non è la serie creata da Vince Gilligan a essere "bad" ma il suo protagonista, Walt White. Il professore di chimica del liceo riciclatosi produttore di anfetamine in pochi anni ha perso gradualmente la sua umanità. Ormai non è più il bisogno di sistemare la famiglia prima di soccombere al cancro a spingerlo verso il crimine, ma una spirale di violenza e brama in cui è coinvolto l'ex studente Jesse. Sia Bryan Cranston, interprete di Walt, che Aaron Paul, volto di Jesse, hanno conquistato lodi e premi per le loro prove attoriali nello show. Quello che aspetta Cranston nelle ultime puntate è nuove menzogne, nuovi delitti e forse la volontà di fermarsi prima che sia troppo tardi. Bryan, nella vita solare e semplicemente adorabile, espone i suoi sentimenti nei confronti del suo personaggio e della fine della serie.
La quinta sarà l'ultima stagione, può parlarcene?
Prima di iniziare le riprese mi hanno mandato la sceneggiatura della season premiere, ma sull'andamento generale delle ultime sedici puntate non ho voluto sapere nulla. Non mi piace leggere i copioni troppo in anticipo quando si tratta di questo personaggio. Lo facevo prima, per i film, perché con questi hai un inizio, una metà e una fine, per cui ti serve sapere cosa succede e come per modulare l'interpretazione in ciascuna ripresa. Con Breaking Bad ho realizzato che questa serie è diversa da tutto quello che ho fatto prima e che è un pilastro nella Storia della televisione, e non lo dico per esagerare. Quando si parla di struttura seriale si sa che i personaggi della televisione non cambiano mai. Basta pensare a Thomas Magnum di Magnum P.I. o ai ragazzi di Friends. Qualunque personaggio di una serie resta sempre grosso modo lo stesso. Può sposarsi o divorziare durante lo svolgersi della serie, ma tra prima e ultima puntata non evolve più di tanto. Breaking Bad è l'unica serie che si è sempre basata sull'evoluzione, sul cambiamento di un personaggio in piena rivoluzione.
Che cambi in meglio? Nel caso di Walter White il cambiamento migliore potrebbe essere che non sopravviva. Perché è diventato così... Ovviamente non direi mai una cosa del genere mentre sono nel personaggio, ma oggettivamente devo ammettere che Walt è diventato tossico, è un cancro per le altre persone. É pericoloso per la sua famiglia, e per questo mi viene da pensare che sarebbe meglio che non sopravvivesse.
Dopo tutti questi anni a interpretare Walt, come si sente all'avvicinarsi della fine? Triste o soddisfatto?
Quando ho sentito che eravamo giunti nell'area degli ultimi episodi la mia prima reazione è stata... "Nooooo". Mi sono irrigidito e mi sono sentito come quando pensi che con la tua ragazza va tutto bene e lei ti dice che così non si può più andare avanti e ti molla. E tu sbraiti ed esclami "Come è possibile?", ma non c'è più niente da fare.
Adesso che ha sbollito la pensa ancora così?
No, dopo essermi calmato me ne sono fatta una ragione e ora penso che sia meglio così. Ora penso che sia una cosa positiva, che la serie è qualcosa di unico e pertanto non può durare per sempre. Non possiamo rimanere troppo in giro smentendo la premessa fondamentale di Breaking Bad, e saltarcene fuori con un "A proposito, il cancro di Walt è sparito per sempre" o "Erano le lastre di qualcun altro". Voglio potermi guardare indietro ed essere orgoglioso della splendido show che siamo riusciti a mettere insieme.
E per quanto riguarda il film?
Se serve per dare una conclusione adeguata, va bene.
Lo adoro. Sviluppo una sorta di doppia personalità, e riesco a separare impressioni soggettive e oggettive. E quando interpreto Walt, ovviamente, non lo giudico. Non c'è spazio per i giudizi, non ho tempo per fermarmi a chiedermi se ha sbagliato qualcosa. A volte mi chiedono quando Walt ha perso sè stesso. Direi nel pilota, quando ha deciso di compromettersi moralmente per tornaconto economico. Ha perso sè stesso e poi non ha fatto che peggiorare, insabbiare le sue azioni e sprofondare sempre più.
Ha diretto un episodio di Modern Family, si è divertito a tornare a una dimensione comica come quella della sua sitcom Malcolm?
Sì, mi sono divertito, molto. Mi hanno permesso di includere alcune idee che avevo e che non erano nella sceneggiatura. Il cast di Modern Family è pieno di talento, i copioni molto ben scritti, e le posizioni della serie sono condivisibili. Lo show afferma che l'unica cosa che conta in una famiglia è che ci sia amore reciproco e desiderio di proteggersi l'un l'altro. Una volta che il pubblico ha capito questo puoi gestire la serie come vuoi, farla quanto divertente vuoi. Ritengo che lo stesso discorso valesse anche per Malcolm.
La storia è un po' lunga. Tanti anni fa ho partecipato a un episodio di X-Files [6x02 La corsa, ndr] e lo sceneggiatore di quella puntata era Vince Gilligan, il creatore di Breaking Bad. La storia era davvero interessante, e il mio personaggio era una persona orribile, ma David Duchovny mi salvava a vita lo stesso. Il dilemma morale della puntata era, per l'appunto, "Una persona merita di essere salvata solo in quanto essere umano?". È questo che va fatto in TV, dare ai personaggi decisioni difficili da prendere e questa fu la mia introduzione alla sfaccettata scrittura di Vince Gilligan.
Quindi ha incontrato Gilligan grazie a X-Files.
Già, passati dieci anni, e dopo la chiusura di Malcolm, Vince mi chiama. Ha un copione da sottopormi e mi chiede di vederci per una chiacchierata di una ventina di minuti. I venti minuti durarono un'ora e mezza in cui lo stordii con le parole. A Hollywood ti dicono sempre: non è un'audizione, facciamo solo due chiacchiere, ma non è vero! Ogni volta che ci si vede al ristorante o altrove, un'audizione è in corso. E tu devi cercare di piacere a chiunque tu abbia davanti e farti assumere. E io l'ho fatto.