"Il fatto che abbia vinto La bocca del lupo rappresenta per me una gioia perché si tratta di un gran bel film, che ho amato molto, non ne faccio una questione di bandiera, ma posso dire sinceramente che se fossi stato membro della giuria l'avrei premiato anch'io. La soddisfazione è ancora maggiore visto che è il primo film italiano della storia a vincere il Festival del Film di Torino". Commenta così il regista Gianni Amelio l'assegnazione del Premio al Miglior film Torino 27 (del valore di 25.000 euro) a La bocca del lupo, dramma sull'emarginazione del trentatreenne casertano Pietro Marcello, che verrà distribuito da Bim. Il regista aveva già vinto il Premio Pasinetti Doc e la Menzione speciale Doc/It alla 64esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia con Il passaggio della linea.
L'applauditissimo lungometraggio di Marcello si aggiudica anche il Premio Fipresci, assegnato da una giuria di giornalisti che fanno parte dell'omonima Federazione internazionale di critici cinematografici, con la seguente motivazione "un film sulla vita ai margini economici e sociali, a metà fra il documentario e la finzione cinematografica, fra il reportage e il melodramma". Un giudizio che sentiamo di condividere con la giuria e i critici e un augurio al regista Marcello affinché continui a raccontare storie attuali, sfilando alle maglie di stucchevoli schematismi, e puntando dritto allo sguardo con uno stile autentico e intriso di poesia.
Il Premio speciale della Giuria (10.000 euro), composta da Sandro Petraglia, la statunitense Anna Biller, il portoghese Rui Nogueira, l'italiana Maya Sansa e l'ungherese Gyorgy Szomjas viene assegnato ex-aequo ai due film, il canadese Crackie e lo statunitense Guy and Madeline on a Park Bench. Il dramma familiare diretto da Sherry White è un film crudo e cupo tutto al femminile che racconta la difficile adolescenza di Mitsy, turbata dal ritorno di una madre snaturata che l'ha abbandonata all'età di soli 4 anni nelle mani di Bride, una giovane nonna burbera e anaffettiva che l'ha cresciuta nonostante la precaria condizione economica. A pari merito il premio va anche a Guy and Madeline on a park bench, esordio cinematografico come non se ne vedono molti, girato totalmente in un bianco e nero sgranato, come bianca e nera è la pelle di Madeline e Guy, la coppia di fidanzati protagonista di questa storia d'amore sofferta e contraddittoria ambientata a Boston. Nato come soggetto di un cortometraggio tra le aule dell'Università di Harvard, Guy and Madeline on a park bench segna il debutto nel lungometraggio del regista ventiquattrenne Damien Chazelle cresciuto tra Parigi e Princeton, nel New Jersey, dove ha studiato per diventare batterista jazz. "Il mio intento era quello di fare un film che parlasse di persone che non sanno comunicare se non attraverso la musica" - ha dichiarato Chazelle a proposito del suo film - "una storia d'amore senza dialogo, una sorta di musical in bianco e nero in cui la gente inizia spontaneamente a cantare e a ballare come se fosse la cosa più normale del mondo, e volevo girarlo in un luogo che conosco bene, quello dei giovani musicisti jazz di Boston".Il Premio al Miglior Attore, trasformato dalla giuria in Premio per i Migliori Attori, viene attribuito alla coppia artistica Robert Duvall e Bill Murray interpreti di Get Low, commedia amara ambientata nel Tennessee degli anni '30 che si trasforma in una riflessione pungente sull'amore, sull'amicizia e sulla lealtà nata dalle esperienze personali dell'esordiente regista Aaron Schneider. E' la storia di un uomo in cerca di comprensione e riscatto - interpretato da uno 'scorbutico' Robert Duvall - la cui esistenza è stata turbata da una grave perdita che ha condizionato pesantemente la sua vita e il suo modo di porsi verso il mondo, causando il suo allontanamento dalla comunità. Deciso da vivo a pagarsi funerale e funeral party, Felix Bush ha un solo obiettivo, quello di capire perché i suoi concittadini lo odiano tanto. Anche co-sceneggiatore del film Schneider, direttore della fotografia molto affermato e già Premio Oscar nel 2003 con il cortometraggio Two Soldiers, ha conferito a Get Low quel tocco appassionato e intimista che solo chi è coinvolto profondamente in una vicenda può riuscire a fare. Commozione e drammaticità che si sposano a momenti di sagace umorismo offerti da un curioso e marpione proprietario d'agenzia funebre interpretato da un imperdibile Bill Murray.
Il Premio per la Miglior attrice di quest'edizione va invece a Catalina Saavedra, intensa
Per la sezione Italiana.Doc vince il premio come Miglior documentario italiano (10.000 euro) Valentina Postika in attesa di partire di Caterina Carone, che si fa partecipe e testimone di 60 anni di storia italiana raccontando la vicenda di una badante moldava che accetta di lavorare per un ottantottenne partigiano dirigente pesarese del PCI negli anni '50.
Il Premio speciale della Giuria (5.000 euro in pellicola) della sezione viene vinto da Corde del regista partenopeo Marcello Sannino, storia di un pugile napoletano cresciuto in uno dei quartieri più violenti e degradati della città, che fin dall'età di 13 anni è stato allenato come un campione e investito di responsabilità troppo grandi, e a ex-aequo con The Cambodian Room - Situations with Antoine D'Agata di Tommaso Lusena e Giuseppe Schillaci, coppia di fotografi che seguono per alcune settimane la vita della prostituta e spacciatrice Lee in Cambogia.
Una menzione speciale per Je suis Simone - La condition ouvrière di Fabrizio Ferraro, diario del lavoro in fabbrica della filosofa francese Simone Weil che nel 1934 a soli 25 anni lascia la scuola per entrare come operaia nell'azienda elettrica Alsthom di Parigi.
Il Premio Cult - Il cinema della realtà, riconoscimento nuovo, introdotto quest'anno per la prima volta, e in collaborazione con il canale satellitare Cult e il gruppo Fox Channels Italy, come Miglior documentario internazionale è andato all'inglese Oil city confidential del cinquantasettenne Julien Temple, già autore di Le ragazze della terra sono facili (1988). Il documentario, che vince 20.000 euro, è l'ultimo di una trilogia sulla cultura musicale inglese degli anni '70, prequel dei due documentari dello stesso regista dedicato ai Sex Pistols e a Joe Strummer.
Una menzione speciale anche per 45365 dei giovani fratelli Bill e Turner Ross, che prende il titolo dal codice di avviamento postale della loro cittadina in cui sono cresciuti, Sidney nell'Ohio, teatro di vicende di vita quotidiana con personaggi comuni e piccoli criminali sullo sfondo dello scenario cittadino.
"Torino senza Cipputi non lo concepisco e probabilmente dall'anno prossimo questo premio sarà anche potenziato": il direttore Amelio smentisce le voci di corridoio secondo le quali il Premio Cipputi non ci sarebbe più stato. Il riconoscimento al Miglior film sul mondo del lavoro, ispirato dal personaggio nato dalla matita del disegnatore Francesco Tullio Altan, va a Baseko Bakal Boys, film filippino definito da Amelio: "contro lo sfruttamento del lavoro minorile". Diretto da Ralston Jover, sceneggiatore di alcune delle opere di Brillante Mendoza, il film è uno straziante dramma sull'infanzia ambientato nella disastrata periferia di Manila che racconta di un gruppo di bambini che, incuranti del pericolo, s'immergono nelle profondità marine nel tentativo di procurare rottami da rivendere.
La Giuria del Premio Invito alla Scuola Holden per la migliore sceneggiatura di Torino 27 assegna il premio al regista e sceneggiatore Calin Peter Netzer (che in qualità di vincitore condurrà un workshop di tre giorni presso la scuola Holden) per il film Medal of honor, che si aggiudica anche il Premio del pubblico "Achille Valdata" come Miglior Film di Torino. La giuria composta da 20 lettori di TorinoSette (La Stampa) conferisce la Menzione speciale all'attore protagonista del dramma senile, ma solo per l'età dei personaggi, il rumeno Victor Rebenciuk, interprete eccellente di un personaggio melodrammatico che si fa fatica a dimenticare.
Il Premio Maurizio Collino - Uno sguardo ai Giovani (2.500 euro) viene infine assegnato a Welcome del francese Philippe Lioret, giudicato il Miglior film sui temi giovanili per "la capacità di rendere visibile un mondo e sentimenti invisibili e di trasmettere un messaggio senza retorica, attraverso la lucida rappresentazione di una rivoluzione privata".
Ai verdetti emessi dalle giurie si aggiunge il prestigioso Gran Premio Torino, assegnato per la prima volta quest'anno, ai cineasti contemporanei che hanno contribuito al rinnovamento del linguaggio cinematografico e alla diffusione di nuove tendenze e modelli estetici e consegnato in serata al serbo Emir Kusturica per l'inventiva dimostrata in tutte le sue opere e la trascinante originalità del suo stile.
Dopo la consegna dei premi che avverrà presso il cinema Ambrosio avrà luogo la proiezione del film di chiusura del TFF Lulu & Jimi del regista tedesco Oskar Roehler che a sua volta precederà il gala finale che si terrà nel Salone delle Feste dell'hotel Principi di Piemonte.
La nuova sezione Figli e Amanti che nei giorni scorsi ha riscosso molto successo e ha portato a Torino i più importanti autori del nostro cinema, si conclude con l'ultimo atteso appuntamento con Marco Bellocchio, autore piacentino di mélo cinematografici sui generis, presenta Giuseppe Verdi, film del 1938 in cui Carmine Gallone racconta con stile inventivo e solido gusto melodrammatico, la vita, le delusioni e i successi di Verdi.
Per gli appassionati nell'ultimo giorno del festival sarà possibile seguire per intero la Trilogia di Pusher I, II , III che ha fatto registrare il tutto esaurito della retrospettiva sul regista Nicolas Winding Refn, cui il TFF ha dedicato l'intera sezione Rapporto Confidenziale.
Tirando le somme possiamo definire un successo questa prima edizione del Torino Film Festival diretta da Gianni Amelio, che ha visto sfilare tanti bei film, grandi personaggi del cinema mondiale, una presenza massiccia di pubblico e ha ospitato alcune delle più interessanti retrospettive che il nostro paese abbia mai dedicato ai grandi autori dei nostri tempi e del passato. Molto seguite dal pubblico le retrospettive su Nicolas Winding Refn, su Nicholas Ray, su Ken Jacobs e su Nagisa Oshima eccezion fatta per quella dedicata al grande maestro giapponese, che rappresenta l'unico grande rammarico di Gianni Amelio perché "non ha riscontrato presso il pubblico il successo che mi aspettavo". Un debutto positivo per il regista neodirettore che per la sua seconda edizione promette "l'anno prossimo sarà più bello anche se dovremo essere un po' più fortunati perché la fortuna gioca un ruolo importante". Dopo le polemiche dei giorni scorsi sulle date dei festival di Venezia e Roma, Amelio sarà probabilmente costretto a spostare le sue date, ma sembra non perdersi d'animo: "Noi abbiamo seminato bene quest'anno, se questo terreno poi sboccerà e vedremo piante di un certo rigoglio non potremo essere che contenti".