Corone di fiori, danze rituali e una pioggia di petali multicolori accolgono l'arrivo di Shahrukh Khan sul red carpet romano. L'attore indiano, protagonista di Il mio nome è Khan, è una delle star più amate di Bollywood, una di quelle che scatenano le reazioni inconsulte di orde di fan innamorate, e anche qui a Roma possiamo avere un assaggio dell'isteria collettiva sollevata dalla sua presenza. Tra il pubblico presente all'incontro spuntano qua e là sari variopinti, gli stessi indossati dalle ballerine che roteano con grazia sul red carpet incantando il pubblico assiepato intorno alla passerella. L'eccitazione aumenta man mano che si avvicina il momento dell'ingresso di Khan e quando l'attore compare sul palco tra il pubblico femminile, indiano e non, si scatena il delirio. Shahrukh Khan inaugura la chiacchierata con un lungo discorso di saluto rivelandosi un gran chiacchierone e fornendo un saggio delle parole italiane conosciute, eppure l'attore assicura di essere, nel privato, un uomo solitario. "I fan mi accolgono sempre con calore, ma io sono molto lontano dallo star system. Una parte di me lavora nel cinema e fa cose che in molti apprezzano, ma nel privato c'è un'altra persona, riservata e solitaria. I miei amici pensano che sia schizofrenico, mia moglie mi chiama Shahrukh 1 e Shahrukh 2. Quando mi trovo in pubblico mi piace confrontarmi con la gente, mi piace che le persone che vengono a vedermi stiano bene, si divertano e abbiano un contatto con me. Voglio essere sicuro che le persone mi possano salutare, che siano contente di incontrarmi. Quando però sono solo, non rispondo neanche al telefono, devo concentrarmi, devo restare con me stesso. Spesso mi chiudo in una stanza e fisso per ore il soffitto. Se non mi prendessi il mio tempo non riuscirei a lavorare né a sostenere la pressione".
Il mio nome è Khan, secondo incasso nella storia del cinema indiano, è il film di quella cinematografia che ha incassato di più in tutto il mondo. La vicenda, estremamente delicata e complessa, è narrata alla maniera di Bollywood e Khan sembra molto orgoglioso del lavoro svolto sul set. "Questo è stato un film importante perché permette a tutti di capire cosa si intenda per cinema indiano. Abbiamo la fama di produrre opere spensierate, ricche di balletti. In realtà noi trattiamo argomenti molto importanti, ma lo facciamo alla nostra maniera. Nel corso degli anni abbiamo eretto dei muri, abbiamo creato confini tra i popoli. Il mio nome è Khan ci dice che ognuno di noi può trovarsi coinvolto in una situazione di pericolo perciò occorre essere tolleranti con gli altri". Il film ha rappresentato, inoltre, per Khan una sfida personale. L'attore è stato chiamato a interpretare un uomo afflitto dalla Sindrome di Asperger, ruolo estremamente delicato. "Quando si recita la parte di una persona che ha delle capacità particolari ci vuole rispetto per non cadere nel patetismo. Nell'accostarmi al personaggio non ho avuto paura, ma certo ho dovuto faticare non poco. Non so se ero l'attore migliore per questo ruolo, ma di sicuro ho esperienza in campo di diversità culturale perché provengo da una famiglia islamica, sono stato allevato come musulmano, ma poi ho studiato in una scuola cattolica. I miei vicini di casa erano indù e ho verificato che in tutti e tre i casi i principi di base della religione sono tolleranza, pace, amore. Conoscendo una parte dell'Islam io potevo comprendere meglio il personaggio rispetto ad altri attori". La moglie, due figli piccoli, un successo stellare. La carriera di Shah Rukh Khan va a gonfie vele e l'attore spiega che, proprio grazie alla famiglia, gli viene costantemente impedito di montarsi la testa. "I miei due figli compensano la perdita dei miei genitori, avvenuta quando ero molto giovane. Ai miei figli non interessa che io sia una star, preferiscono altri attori, a loro importa solo che io gli dia da mangiare. Se non amano i miei film lo dicono e ultimamente hanno cominciato a prendere in giro il mio modo di ballare. I figli rappresentano il mio equilibrio interiore".La carriera di Shahrukh Khan nel mondo dell'arte inizia con la pubblicità. Da principio l'attore vuole girare spot, poi gli viene offerta la possibilità di lavorare in TV e accetta. Nel 1990, quando la madre muore, l'attore riceve l'offerta per girare un film a Mumbai. "Ho avvertito i miei amici dicendogli che sarei tornato a casa dopo un anno. Ora dopo vent'anni i miei amici mi dicono ancora: "Avevi detto che saresti tornato dopo un anno. Che fai?" Io sono nato a Delhi, ma a Mumbai ho trovato grande calore, grande sicurezza e continuo a lavorarvi. In India mi sento protetto, Non so se mi recherei a lvorare in Occidente, Per un regista occidentale è difficile scrivere un film che vada bene per me, Non sono un grande ballerino come John Travolta, non mi sento poi così bello e non credo di avere molto da offrire a Hollywood. La mia pelle è scura, non so che film mi potrebbero offrire all'estero, perciò mi interessa di più lavorare nel mio continente. Non voglio lasciare l'India, voglio che il resto del mondo venga a vedermi lì, a casa mia".