(Ri)vivere una favola
E' tra le più celebri fiabe italiane, quella del Pinocchio di Collodi. Il mito del burattino che vuol diventare umano, del naso che si allunga quando dice bugie, della trasformazione in ciuchino ed in generale del profondo moralismo che ha accompagnato la crescita di tutti noi. Una popolarità che non rende facile la trasposizione cinematografica, soprattutto se si tratta di una rivisitazione animata che segue altri adattamenti del passato, più o meno riusciti, uno dei quali proprio realizzato con la tecnica dell'animazione da quello che è a tutt'oggi il suo maggior rappresentante occidentale.
Una sfida che ha visto fallire di recente un caposaldo del cinema toscano come Roberto Benigni, ma che Enzo d'Alò ha deciso di intraprendere e portare avanti nel corso degli anni non senza difficoltà o ripensamenti. Più riscritture, insieme ad Umberto Marino, a partire dal 2000, per trovare quella chiave di lettura adeguata a giustificare questo nuovo adattamento ed a rendere comprensibile il tono moraleggiante dell'opera originale, una chiave di lettura che l'autore toscano ha trovato nel dramma della morte del padre, che l'ha portato a vedere l'opera nell'ottica del rapporto padre/figlio.
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Ma non sembra esserci un equilibrio in questi contrasti, soprattutto dal punto di vista narrativo: la storia scorre fin troppo veloce, per fermarsi nelle sequenze che fanno da sfondo alle canzoni, tutte composte da Lucio Dalla, accompagnate da una messa in scena complessa, originale, dal taglio artistico e momenti onirici. Un'esplosione di creatività che fa storcere il naso in confronto alla frettolosa semplicità su cui sorvola su altri snodi principali della storia, quei momenti che non potevano mancare perchè fanno parte dell'idea che tutti abbiamo della favola del burattino.
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Dal punto di vista di adattamento della storia originale, il progetto di d'Alò non è riuscito, perchè non riesce ad offrire una nuova versione, e visione, dell'opera di Collodi: nei momenti più noti, dai piedi bruciati al ventre della balena, quella che torna alla mente è la messa in scena dell'ormai classico di Comencini e questo vuol dire che la sua rappresentazione di quei momenti resta ancora viva e insuperata nel nostro immaginario collettivo.
Movieplayer.it
3.0/5