Ambientata alla fine dell'Ottocento tra Africa e Italia, La meravigliosa storia di Suor Bakhita racconta la storia di una donna sudanese nata in un villaggio del Darfour che da bambina viene rapita e razziata da un gruppo di negrieri per poi essere salvata e portata in Italia da uno spregiudicato commerciante italiano (nella storia vera era il console italiano) che vive da solo con sua figlia. Nonostante le difficoltà d'integrazione con la popolazione del luogo e gli scontri con il suo padrone, Bakhita (in arabo significa fortunata e felice, la chiamarono così ironicamente alcuni schiavisti arabi) riesce a farsi voler bene da tutti e a fare amicizia con il parroco di Zianigo. Grazie a questa loro vicinanza i due riscopriranno la propria missione e in particolar modo Bakhita rientrerà in contatto con la fede cristiana e deciderà di affrancarsi attraverso un percorso spirituale lungo e doloroso, fino alla decisione di entrare in convento delle Canossiane e di dedicare il resto della sua vita a Dio. La decisione però turberà nel profondo il suo padrone che, convinto di essere nella ragione e di poter disporre della vita della donna a proprio piacimento, citerà in giudizio l'Ordine religioso perdendo però la causa. Una storia che i giornalisti hanno accusato essere tanto troppo lontana dalla realtà, da quella che fu veramente la vita di Suor Giuseppina Bakhita. Protagonisti della fiction Rai - liberamente tratta da vari romanzi tra cui quello di Roberto Italo Zanini Bakhita, inchiesta su una Santa per il 2000 (ed. San Paolo) - Stefania Rocca, Fabio Sartor, Francesco Salvi ed Ettore Bassi, al fianco della bellissima protagonista Fatou Kine Boye che nella vita fa la commessa in un negozio di Roma ed ha recitato per la prima volta davanti ad una macchina da presa.
La vita di una donna che è stata capace di abbattere ogni barriera con la dedizione e l'amore, ma anche il racconto dell'Italia feudale di fine '800, quella già raccontata da Olmi ne L'albero degli zoccoli e cioè un'epoca di povertà e difficoltà che costringeva i contadini a vivere in condizioni assai precarie. Bakhita, costato circa 4 milioni di euro e girata interamente in Burkina Faso, arriva in un periodo molto particolare in cui si verificano massicce migrazioni di africani verso l'Occidente e i problemi di intolleranza e integrazione razziale sono all'ordine del giorno.
Cos'ha affascinato Ida Di Benedetto di Suor Bakhita e l'ha poi spinta a produrre questa fiction?
Ida Di Benedetto: Mi sono innamorata di Bakhita per tanti motivi, perché è una storia che parla d'amore ma che tocca anche tanti temi universali come la diversità, l'integrazione e il pregiudizio nei confronti degli stranieri. Nella sua vita Suor Bakhita ha portato avanti un cammino tortuoso e difficile amando gli altri senza pretendere nulla in cambio. A tal proposito c'è una battuta nel finale del film in cui lei recita 'ora tu puoi continuare il tuo cammino da solo perché il tuo cuore è aperto'. Spero tanto che il pubblico ci ami e ci segua con passione.
Cos'ha appassionato di più Giacomo Campiotti di questa storia così straordinaria?
Giacomo Campiotti: Trovo che sia giusto che certe storie trovino una collocazione televisiva, che vengano divulgate e portate a conoscenza di tutti. Non si tratta di una semplice storia religiosa ma di un dramma spirituale molto profondo che narra di temi sempre attuali come la solitudine e la diffusa infelicità dell'uomo. Argomenti importantissimi e di grande attualità in particolare oggi nella distratta e superficiale realtà sociale in cui viviamo. Storie come queste aiutano a riprendere contatto con la realtà e a riscoprire valori e sentimenti ormai perduti. Tutti noi abbiamo bisogno di recuperare qualcosa e sono convinto che questa storia, narrata senza retorica ma con tanto sentimento, ci possa aiutare.Fatou Kine Boye, ci racconta com'è stata scelta per il ruolo da protagonista di questa fiction?
Fatou Kine Boye: Mi sono ritrovata casualmente a recitare nella parte di Bakhita, dopo tanti provini e tanti casting alla fine mi hanno scelta. Sono stati tutti molto disponibili con me, mi hanno guidato passo passo e dato sempre consigli utilissimi. Mi sono trovata benissimo a lavorare con Giacomo è stato un grande maestro per me, ci tenevo a fare del mio meglio in una storia come questa che da sempre porto nel cuore. Non è stato facile trasformarmi da commessa in attrice televisiva, ringrazio tutti per l'aiuto e il sostegno.
Un attore comico come Francesco Salvi come si è trovato nei panni drammatici del parroco?
Francesco Salvi: Il mio personaggio inizia in un modo e finisce un po' all'opposto. Potrei dire che inizio come Don Abbondio e finisco come Don Milani, inizio in sordina ma finisco battagliero. Non avevo mai fatto il prete, al contrario di Scarpati che invece è un habitué e direi che mi sono trovato molto bene, il ruolo mi ha aiutato a capire un po' più da vicino certe dinamiche religiose che mi erano assai più lontane.
Se il motivo principale per cui avete realizzato Bakhita è, per vostra stessa ammissione, quello di divulgare storie importanti di cui il pubblico non è a conoscenza perché avete così tanto romanzato una storia già di per sé interessante ed affascinante?
Filippo Gentili (co-sceneggiatore): Per scrivere questa storia ci siamo documentati tantissimo leggendo libri su Suor Bakhita e anche un suo diario personale scritto in età adolescenziale. Variazioni e cambiamenti riguardano soprattutto personaggi collaterali ma in ogni caso i 'tradimenti' alla realtà sono stati commessi con l'approvazione dell'ordine canonico cui Bakhita apparteneva e solo per esigenze di script, per riuscire meglio a distribuire all'interno del racconto quegli elementi che ritenevamo essere fondamentali. Il cuore degli avvenimenti è lo stesso, non ci sentiamo di aver tradito l'esperienza vera di Bakhita.