Selezionare cento film italiani, considerando l'età d'oro del nostro cinema ed in particolare l'arco di tempo che va dal 1942 al 1978, per far dialogare la settima arte con i ragazzi delle scuole medie, inferiori e superiori. Era questa la sfida lanciata nel 2006 dalle Giornate degli Autori, rassegna autonoma della Mostra del cinema di Venezia, e raccolta da un pool di esperti che ha provveduto a stilare la lista dei grandi film italiani da salvare dall'oblio. Il progetto, denominato "100+1 - Cento film e un Paese, l'Italia", realizzato dalle Giornate degli Autori con la collaborazione di Cinecittà Holding e il sostegno del Ministero dei Beni Culturali, è stato curato da Fabio Ferzetti, critico cinematografico de Il Messaggero e direttore delle Giornate, che ha radunato una serie di nomi illustri dell'universo cinema per mettere a punto un primo tesoro di celluloide da salvaguardare e diffondere nelle scuole. Tra questi il regista Gianni Amelio, e nomi importanti del giornalismo cinematografico, tra i quali Gianpiero Brunetta, Paolo Mereghetti e Morando Morandini. La lista è stata quindi presentata alla Casa del cinema di Roma, e i selezionatori hanno avuto modo di illustrare il percorso che li ha portati a preferire certi film e ad escluderne altri.
Così sono finiti nella lista non i film più belli o più importanti, ma i più utili ad accorciare la distanza che separa i giovani dal nostro cinema, distanza resa quasi incolmabile dalle colpe di una televisione che ha praticamente eliminato dal suo palinsesto i grandi classici. Ferzetti parla di "lista provvisoria, sicuramente imperfetta, ma aperta" e precisa come "questi film hanno senso nel loro insieme. L'idea era di rivolgersi ai ragazzi delle scuole. Sono loro che hanno perso il contatto con una memoria ancora nostra." Perché il cinema italiano dal secondo dopoguerra agli anni '70 ha contribuito in maniera determinante a formare la nostra memoria e la nostra identità. Sulla scelta del periodo da considerare perciò pochi dubbi. Per Ferzetti si trattava di una scelta obbligata: "Abbiamo discusso a lungo se partire da prima, dai film muti, ma proprio perché volevamo rivolgerci a questo pubblico particolare bisognava restringere il campo, e la scelta è caduta su quel periodo storico anche perché era particolarmente florido di autori e temi." E del target di riferimento si è tenuto conto quindi anche nella scelta dei criteri da seguire nell'individuazione dei film: "Bisognava incrociare criteri diversi, affidandosi anche al buon senso comune. I film sono tessere di un'identità comune e dovevamo spogliarci dei nostri abiti specialistici per avvicinarci alla sensibilità di chi oggi del cinema sa poco, e non per propria colpa."
Per tornare a dare dignità ad un cinema spesso dimenticato Ferzetti propone di considerare i film "beni culturali a tutti gli effetti, garantendo perciò ad essi un'adeguata accessibilità". Tra i "film più adatti per riaprire un dialogo interrotto" la parte del leone la fa certamente Federico Fellini, presente in lista con ben sette titoli: Lo sceicco bianco, I vitelloni, La strada, Le notti di Cabiria, La dolce vita, Otto e mezzo, Amarcord, e Luci del varietà, diretto insieme ad Alberto Lattuada. A seguire Luchino Visconti con sei pellicole (Ossessione, La terra trema, Bellissima, Senso, Rocco e i suoi fratelli, Il gattopardo), Vittorio De Sica con cinque (Sciuscià, Ladri di biciclette, Miracolo a Milano, Umberto D e L'oro di Napoli), così come Francesco Rosi e Mario Monicelli, mentre Roberto Rossellini e Dino Risi devono "accontentarsi" di essere stati citati soltanto quattro volte a testa. Dando una rapida scorsa alla lista sono da rilevare i titoli di Michelangelo Antonioni (Il grido in primis), ma anche le assenze dei suoi film "stranieri" (da Blow-up a Zabriskie Point); gli splendidi Accattone e Comizi d'amore di Pier Paolo Pasolini, i film di Marco Ferreri, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri, Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli, l'indimenticabile Una giornata particolare di Ettore Scola, ma anche commedie più scanzonate come Domenica d'agosto, Un americano a Roma, Divorzio all'italiana, fino al Fantozzi di Luciano Salce.
Presentando la lista dei film, nel convegno-fiume romano durato ben otto ore, Ferzetti tiene a precisare che "il lavoro è appena agli inizi. Non basta scegliere i film e discutere di queste scelte, ma bisogna accompagnare queste opere nelle scuole per aiutare insegnanti e studenti ad accostarsi ad esse". A prendere la parola è quindi Gianpiero Brunetta, insegnante di Storia e critica del cinema all'Università di Padova e apprezzato saggista, che mette a confronto cinema e vita quotidiana. "Il cinema è l'arte del Novecento che ha raccontato meglio la storia italiana - dichiara Brunetta - Il nostro grande cinema è stato il diario della vita quotidiana che nessun altro strumento storico ha descritto altrettanto bene, il cinema è una fonte primaria che racconterà nel tempo la nostra storia più di intere masse di documenti ordinabili da uno storico post-positivista." Brunetta porta l'attenzione sul fatto che uno dei caratteri identitari nel passaggio dalla dittatura alla democrazia era quello di raccontare storie che non fossero di nomi propri, ma di nomi comuni: I vinti, I delfini, I magliari, I vitelloni. "Il cinema - prosegue Brunetta - restituisce il senso della vita quotidiana, della vita materiale, ma anche di quella immaginaria dell'italiano comune, persone qualsiasi che entrano nella macchina da presa e raccontano la propria storia e quindi la storia di tutti noi. Da Roma città aperta sono partiti nuovi modi di comunicare, di registrare quello che prima non veniva registrato, come i piccoli gesti. La qualità delle informazioni che questi film ci trasmettono a tutti i livelli dell'identità italiana ha fatto la grandezza di un sistema che non è stato caratterizzato solo dai capolavori, perché il patrimonio è più ampio e dovrebbe andare ad arricchire le videoteche scolastiche. Ci troviamo di fronte a un grande insieme che documenta per molto tempo grande e piccola storia, e la grandezza di questo cinema rispetto al mondo. Il nostro dopoguerra viene cambiato dall'immagine della Magnani che corre per strada nel film di Rossellini e con essa il cinema diventa il Mondo Nuovo".
Delle scelte effettuate dal comitato selezionatore parla Paolo Mereghetti, che si sofferma sui generi, ma prende le distanze da quella connotazione "tarantiniana" che qualcuno ha voluto leggere nella lista stilata. "Abbiamo cercato di far entrare nella lista anche una serie di film anomali, piccoli, di genere, che ponessero più domande di quante ne aiutassero a rispondere. Pensare quindi a un cinema anche imperfetto, ma che aiuta ad aprire gli occhi e a rompere le regole. Tra i film scelti ci sono opere come La città dolente di Mario Bonnard, un film fino a qualche anno fa dato per scomparso, ma che è l'unico film sulla vicenda di Pola e sugli esuli istriani, un'opera importante perché mescola una struttura melodrammatica con una grande attenzione storica, con un occhio puntato sulla realtà. Altro film poco conosciuto è Febbre di vivere di Claudio Gora, uno dei film che per primi racconta la nascente borghesia, l'immoralità di una classe che dovrebbe essere dirigente e invece non lo è, nonché primo film ad affrontare temi nascosti della nostra realtà sociale come l'aborto. Poi ci sono pellicole come La famiglia Passaguai, che come Domenica d'agosto, racconta una gita al mare di un gruppo di persone. Domenica d'agosto è più interclassista, più moralista, mentre Fabrizi fa un percorso più astratto e più fuori dalle convenzioni, arrivando a raccontare come il sottoproletariato si confronti con i problemi derivanti dal successo. Cito poi tra gli esclusi Una donna libera di Vittorio Cottafavi che ha un soggetto ottocentesco e ultraromantico, con una donna che lascia un uomo perché è vanesio e quando ne trova un altro deve fare i conti col ritorno del primo, un autentico film brechtiano. L'idea, nella scelta dei film, era quella di trovare spazio anche per cinema di genere che gira attorno al melodramma come struttura narrativa preferita dalla gente".
Sono quindi tanti i film inseriti a sorpresa nella lista, tra i quali Chi lavora è perduto, il primo film di Tinto Brass, ma altrettanto numerosi sono i nomi illustri esclusi come Sergio Leone, Mario Camerini, Nanni Loy, e le registe donne completamente ignorate, come Lina Wertmuller e Liliana Cavani che pure avrebbero meritato di essere citate. "In verità sono molti i film dimenticati- confessa Mereghetti - Tra questi si potrebbero citare anche Noi due soli di Marino Girolami, primo film di fantascienza; Mai ti scorderò di Giuseppe Guarino che riflette sulla finzione neorealista con grande lucidità; Il grido della terra, che racconta il viaggio degli ebrei italiani verso la Palestina, alla ricerca di una terra; Donne senza nome, film sugli esuli jugoslavi in Italia reclusi nei campi di concentramento. Inoltre c'è poco cinema di cappa e spada". A mancare è anche il cinema d'animazione, anche se come fa notare Ferzetti "all'epoca quel tipo di cinema era davvero raro", mentre l'unico musical ufficiale inserito in lista è il Carosello napoletano di Ettore Giannini.
Tra i selezionatori invitati a prendere la parola nel corso del convegno romano c'è anche Giovanni De Luna, insegnante di Storia contemporanea all'Università di Torino, che si concentra su cinema e identità nazionale per spiegare cosa dice e come cambia un film letto con gli strumenti dello storico. "La sfida insita nella lista - spiega il professor De Luna - riguarda la trasmissione della nostra conoscenza storica ad oggi. Il rischio è che questa conoscenza storica si appiattisca sul senso comune che rifiuta l'argomentazione e si basa sugli slogan. La scuola fa fatica a confrontarsi con questo senso comune e il cinema può intervenire qui in modo strategico: la narrazione cinematografica ha grandi capacità di transizione. Il cinema è abbondantemente frequentato nelle nostre scuole, soprattutto in riferimento alla storia, ma non c'è consapevolezza critica. Questa lista ci aiuta ad entrare nella storia, a costruire una proposta culturale complessiva sulla narrazione della stessa. Il cinema e i mezzi di comunicazione di massa hanno un ruolo fondamentale nel costruire un'identità capace di suggerire mode e scelte".
Nel corso del dibattito sui 100 film italiani da traghettare verso i giovani non mancano le dichiarazioni di chi il cinema lo fa. Durante la mattinata romana arriva, infatti, un comunicato di Marco Bellocchio che si dichiara "ben contento di non essere tra i dimenticati" perché "c'è così tanta bellezza concentrata in quei film, in quella stagione del cinema italiano che era alla ribalta nel mondo più di quanto sia oggi", ma il regista citato per I pugni in tasca, La Cina è vicina e Nel nome del padre, non può non sottolineare come "l'elenco meriterebbe di essere di molto allungato perché andrebbero salvati non 100 ma almeno 1000 film". Inoltre, Bellocchio punta il dito verso la televisione in un passaggio polemico del suo comunicato: "E' chiaro che oggi la televisione ha ridotto la dimensione popolare che aveva il cinema in quegli anni. E in qualche modo ha assorbito via via la funzione di denuncia, dell'informazione sociale che era prima esclusiva del cinema. Il passaggio alla televisione ha reso il cinema più aristocratico ma lo ha anche dissanguato. Gli autori forse sono diventati meno popolari ma contemporaneamente non più originali, e quindi il cinema d'autore è diventato un cinema più privato e più estenuato, più freddo e cerebrale."
Altri protagonisti chiamati a fornire le proprie considerazioni riguardo ai 100 film da diffondere sono Carlo Lizzani e Stefania Sandrelli. Il regista concentra la sua attenzione sul problema dei diritti che impediscono spesso la circolazione delle opere, comprese le antologie cinematografiche (come quella sul Neorealismo da lui curata) o ritratti d'autore che non possono essere proiettati per via delle ingenti richieste dei detentori dei diritti. "Non mettere in circolazione certi film è cecità" dichiara con grande veemenza Lizzani. Stefania Sandrelli, tra le attrici più presenti in questa selezione, definita in passato "il termometro del cinema italiano", si dice "orgogliosa" dei film citati da lei interpretati, perché "rappresentano l'Italia, quindi le italiane, e me stessa, come sono stata nei rapporti coi miei lavori e le scelte che ho fatto". Insieme alla Sandrelli, i nomi degli attori che tornano più spesso in questa lunga lista sono quelli di Anna Magnani, Sophia Loren, Marcello Mastroianni e Totò, ma i volti che sono destinati a non essere dimenticati sono anche quelli della gente comune entrata nella storia del cinema grazie ai film del Neorealismo. Come al solito le liste richiamano critiche e fanno storcere il naso a chi non pensa che un universo talmente grande come il cinema possa essere costretto negli steccati di elenchi chiusi che rispondono a gusti inevitabilmente personali. Certo è che, su banchi di scuola di quegli alunni ai quali sono indirizzati questi cento titoli, manderemmo volentieri anche gli autori di casa nostra che spesso si limitano a "tentare" il cinema senza conoscerlo o amarlo abbastanza. Perché pur formando una lista limitata e per forza di cose incompleta, questi cento film bastano a far tornare la voglia di innamorarsi del cinema e di riscoprire volti, voci ed eventi di una storia italiana che letta sullo schermo acquista tutto un altro fascino.
Di seguito la lista dei cento film selezionati, ordinati secondo l'anno di uscita, a cui vanno ad aggiungersi i documentari di Vittorio De Seta girati tra il 1954 e il 1959 e inseriti come centounesimo tassello di questa identità collettiva modellata dal grande cinema italiano dell'epoca d'oro che si vuole offrire ai più giovani.
Quattro passi tra le nuvole di Alessandro Blasetti (1942)
Ossessione di Luchino Visconti (1943)
Roma, città aperta di Roberto Rossellini (1945)
Paisà di Roberto Rossellini (1946)
Sciuscià di Vittorio De Sica (1946)
L'onorevole Angelina di Luigi Zampa (1947)
Ladri di biciclette di Vittorio De Sica (1948)
La terra trema di Luchino Visconti (1948)
Riso amaro di Giuseppe De Santis (1949)
La città dolente di Mario Bonnard (1949)
Cielo sulla palude di Augusto Genina (1949)
Stromboli, terra di Dio di Roberto Rossellini (1949)
Catene di Raffaello Matarazzo (1949)
Il cammino della speranza di Pietro Germi (1950)
Domenica d'agosto di Luciano Emmer (1950)
Cronaca di un amore di Michelangelo Antonioni (1950)
Luci del varietà di Alberto Lattuada e Federico Fellini (1950)
Prima comunione di Alessandro Blasetti (1950)
Bellissima di Luchino Visconti (1951)
Due soldi di speranza di Renato Castellani (1951)
Guardie e ladri di Steno e Mario Monicelli (1951)
Miracolo a Milano di Vittorio De Sica (1951)
La famiglia Passaguai di Aldo Fabrizi (1951)
Umberto D. di Vittorio De Sica (1952)
Europa 51 di Roberto Rossellini (1952)
Lo sceicco bianco di Federico Fellini (1952)
Totò a colori di Steno (1952)
Don Camillo di Julien Duvivier (1952)
Pane, amore e fantasia di Luigi Comencini (1953)
I vitelloni di Federico Fellini (1953)
La spiaggia di Alberto Lattuada (1953)
Napoletani a Milano di Eduardo De Filippo (1953)
Febbre di vivere di Claudio Gora (1953)
La provinciale di Mario Soldati (1953)
Carosello napoletano di Ettore Giannini (1953)
Il sole negli occhi di Antonio Pietrangeli (1953)
L'oro di Napoli di Vittorio De Sica (1954)
Un americano a Roma di Steno (1954)
L'arte di arrangiarsi di Luigi Zampa (1954)
Senso di Luchino Visconti (1954)
La strada di Federico Fellini (1954)
Una donna libera di Vittorio Cottafavi (1954)
Gli sbandati di Francesco Maselli (1955)
Un eroe dei nostri tempi di Mario Monicelli (1955)
Poveri ma belli di Dino Risi (1956)
Il grido di Michelangelo Antonioni (1957)
Le notti di Cabiria di Federico Fellini (1957)
I soliti ignoti di Mario Monicelli (1958)
Arrangiatevi! di Mauro Bolognini (1959)
La grande guerra di Mario Monicelli (1959)
I magliari di Francesco Rosi (1959)
Tutti a casa di Luigi Comencini (1960)
La dolce vita di Federico Fellini (1960)
Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti (1960)
La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini (1960)
La lunga notte del '43 di Florestano Vancini (1960)
Il bell'Antonio di Mauro Bolognini (1960)
Una vita difficile di Dino Risi (1961)
Divorzio all'italiana di Pietro Germi (1961)
Il posto di Ermanno Olmi (1961)
Accattone di Pier Paolo Pasolini (1961)
Leoni al sole di Vittorio Caprioli (1961)
Il sorpasso di Dino Risi (1962)
Salvatore Giuliano di Francesco Rosi (1962)
L'eclisse di Michelangelo Antonioni (1962)
Mafioso di Alberto Lattuada (1962)
I mostri di Dino Risi (1963)
Le mani sulla città di Francesco Rosi (1963)
Otto e mezzo di Federico Fellini (1963)
Il Gattopardo di Luchino Visconti (1963)
La donna scimmia di Marco Ferreri (1963)
Chi lavora è perduto di Tinto Brass (1963)
La vita agra di Carlo Lizzani (1964)
I pugni in tasca di Marco Bellocchio (1965)
Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli (1965)
Comizi d'amore di Pier Paolo Pasolini (1965)
Signore & signori di Pietro Germi (1966)
Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini (1966)
La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo (1966)
La Cina è vicina di Marco Bellocchio (1967)
Dillinger è morto di Marco Ferreri (1968)
Banditi a Milano di Carlo Lizzani (1968)
Il medico della mutua di Luigi Zampa (1968)
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri (1970)
Il conformista di Bernardo Bertolucci (1970)
L'udienza di Marco Ferreri (1971)
Diario di un maestro di Vittorio De Seta (1972)
Il caso Mattei di Francesco Rosi (1972)
Lo scopone scientifico di Luigi Comencini (1972)
Nel nome del padre di Marco Bellocchio (1972)
Amarcord di Federico Fellini (1974)
C'eravamo tanto amati di Ettore Scola (1974)
Pane e cioccolata di Franco Brusati (1974)
Fantozzi di Luciano Salce (1975)
Novecento di Bernardo Bertolucci (1976)
Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi (1976)
Una giornata particolare di Ettore Scola (1977)
Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli (1977)
Padre padrone di Paolo e Vittorio Taviani (1977)
L'albero degli zoccoli di Ermanno Olmi (1978)
I documentari di Vittorio De Seta (1954-59)