The Dirt, la recensione: il film Netflix sui Motley Crue è l'anti-Bohemian Rhapsody?

La recensione di The Dirt: un film Netflix divertente, doloroso, ironico, un interessante affresco del rock losangelino degli anni '80.

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The Dirt: Mötley Crüe, una scena del film

È finalmente arrivato, in streaming su Netflix dal 22 marzo, The Dirt, il biopic di Jeff Tremaine che racconta la storia dei Motley Crue,la band losangelina che negli anni Ottanta fu uno dei gruppi di punta di quello che fu definito glam metal, o hair metal. Si tratta di un film piuttosto atteso, non solo dagli appassionati del genere, ma un po' da tutti, sull'onda del rinato interesse per i film che raccontano il mondo del rock scoppiato dopo il clamoroso successo di Bohemian Rhapsody, che racconta la vita di Freddie Mercury e dei Queen. Fare un confronto con quel film è qualcosa che viene spontaneo, ma è più che altro un modo per capire come si fa oggi, e come si potrebbe fare, un biopic rock. Ma va fatto tenendo conto che tra i Queen e i Motley Crue, e tra i due film, a livello produttivo e di cast, siamo in due campionati diversi. Nella recensione di The Dirt cercheremo di spiegare tutto questo. La prima cosa da dire è che The Dirt è un film divertente, a tratti doloroso, a tratti ironico (per il genere è una novità, ma gli artisti raffigurati si prestano), che una volta visto si scorda abbastanza facilmente. È soprattutto un interessante affresco di un mondo, quello del rock loasangelino degli anni Ottanta, che per qualche anno dominò il mondo dettando la via del rock, prima di essere sepolto dall'ondata grunge. Una scena che è passata alla storia più per altri aspetti che per la musica. E una scena che è stata finora poco raccontata, il che dà al film una sua freschezza e una certa novità.

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La trama: i Mötley Crüe, una 'gang di idioti'

Non eravamo una band. Eravamo una gang. Una gang di idioti. Inizia così The Dirt: Mötley Crüe, dalla voce narrante di Nikki Sixx: ma il punto di vista del narratore cambierà spesso, nel corso del film. Nel racconto dei Motley Crue, la trama di The Dirt parte da lontano: dall'infanzia disastrata di Nikki Sixx (Douglas Booth), che cambia il suo nome proprio per non portare quello del padre, alla cornice borghese da cui viene Tommy Lee (Machine Gun Kelly), un ragazzo tranquillo dall'innamoramento facile per le ragazze. L'arrivo nella band del "vecchio" del gruppo, Mick Mars (Iwan Rheon), un ragazzo che soffre di spondilite anchilosante, una malattia degenerativa che gli porta dolori alle ossa, cambia le cose. Manca un cantante: i nostri vogliono un David Lee Roth con il carisma di David Bowie, e sintetizzano la cosa in un cantante biondo che piaccia alle donne: trovano Vince Neil (Daniel Webber) in una cover band e, dopo un briefing sul nome, scelgono Motley Crue. Come nelle leggende, il primo concerto è quasi vuoti, sfocia in rissa, ma in breve tempo la band mette a ferro e fuoco il mitico Sunset Stip, la via dei locali rock che vide esplodere i Doors, e vengono messi sotto contratto proprio dalla loro casa discografica, la Elektra Records. La storia dei Crue procede tra concerti e vita privata, il matrimonio di Tommy Lee con Heather Locklear, l'incidente e il lutto familiare di Vince Neil, il suo abbandono della band, e il suo ritorno, i fantasmi di Sixx, e il vuoto colmato dall'eroina, che lo porta quasi alla morte, dalla quale torna con la famosa iniezione di adrenalina, che, dopo Pulp Fiction, tutti conosciamo.

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The Dirt: Mötley Crüe, una scena del biopic

Bohemian Rhapsody e l'effetto Vinyl

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The Dirt: Mötley Crüe, una sequenza del film

E allora torniamo alla domanda del nostro titolo. The Dirt è l'anti-Bohemian Rhapsody? Si verrebbe tentati di dire che è la prima ipotesi: perché chi ha definito quello sui Queen un film edulcorato, che ha sorvolato su molti degli eccessi di Freddie Mercury e ha, comunque, santificato un po' gli altri, limitando al minimo l'apporto di John Deacon, in questo caso potrebbe essere soddisfatto. Sesso, droga e rock'n'roll in questo film Netflix non mancano, anche se i primi due elementi hanno la prevalenza sul terzo. Gli eccessi dei Motley Crue non mancano, e in un momento spassoso del film vediamo anche quelli del loro "zio", Ozzy Osbourne, che vanno anche al di là dei loro. In particolare, è interessante la sequenza in cui viene ricreata una giornata tipo in tour: sveglia alle cinque di pomeriggio, bevute, concerto, post concerto, trasferimento nella nuova città con sbarco immediato nello strip club, sballo. E sveglia il giorno dopo alle cinque.

Rispetto a Bohemian Rhapsody, per forza di cose sbilanciato su Mercury, The Dirt cerca di raccontare tutti e quattro i Crue dando loro uguale spazio. Quello che esce dal film è però un po' quell'effetto Vinyl che sembra caratterizzare tutti le storie rock su grande e piccolo schermo, e alla quale Bohemian Rhapsody, seppur ad alti livelli, non sfugge: detto che la serie di Scorsese era ottima, la rappresentazione delle rockstar, lì come in questo film, sfiora sempre un po' l'imitazione, la caricatura, la maschera. Siamo lontani, insomma, da grandi del rock che diventano personaggi con un'anima, somiglianti ma brillanti di luce propria, come il Jim Morrison di Val Kilmer in The Doors di Oliver Stone e lo Ian Curtis di Sam Riley in Control di Anton Corbijn.

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Realtà, finzione, e quarta parete

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The Dirt: Mötley Crüe, la band si esibisce sul palco in una scena del film

Pur essendo, per certi aspetti, opposto a Bohemian Rhapsody, The Dirt finisce poi per esserne un film omologo, una sua versione heavy metal. Perché non sfugge a quel tentativo di drammatizzazione della storia, di inserimento delle vicende in quel canovaccio di salita, dolore, caduta e risalita che, anche forzatamente, era quello del film sui Queen. The Dirt lavora così, e tiene due canzoni chiave, come Home Sweet Home e Kickstart My Heart per il crescendo finale. C'è da dire che la "rinascita" dei Motley Crue non è stata paragonabile a quella dei Queen al Live Aid: mentre i Queen dominarono poi la scena per almeno sette anni, fino alla scomparsa del loro leader, la band di Lee e Sixx continuò a suonare, a riempire i concerti, ma non fu assolutamente più rilevante nella scena del rock, che ormai era cambiata. Lo scioglimento e la reunion, tra l'altro, vengono raccontate in maniera piuttosto frettolosa. Ma quello che è interessante è l'ironia con cui, in alcuni momenti, il film ammette di essere una finzione. Anche se non è possibile, sembra quasi che gli autori abbiano ascoltato le polemiche su tutte le "forzature" presenti nella trama di Bohemian Rhapsody e volessero mettere le mani avanti sul rapporto tra realtà e finzione nella loro storia. Quando il manager dei Motley Crue fa l'apparizione sedando una rissa ad una festa, Nikki Sixx ferma tutto, guarda in macchina e parla con noi, avvisandoci che le cose non sono andate così, e che c'era anche un altro manager, un brav'uomo, che per semplificazione non sarà nella storia. Più tardi Sixx ci parlerà della riabilitazione dalla droga, avvisandoci che è una cosa noiosissima e non avremo voglia di "vedere quella m..da", tagliando tutta questa parte del film. Questa rottura della quarta parete, quella che siamo abituati a vedere in House Of Cards, è qualcosa di inedito in un biopic rock, rompe con la tipica seriosità di questo genere di pellicole, ed è coerente con l'ironia che contraddistingue il film.

Non c'è una The End...

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The Dirt: Mötley Crüe, un momento del film

Se l'ironia è una buona idea per raccontare questa storia, The Dirt cade in uno dei difetti più comuni in questo tipo di film, il lasciare indietro la musica, l'ispirazione, la scintilla creativa. Le scene in studio, quelle che spiegano come nasce una canzone, sono al minimo, ancor meno che in altri film. La musica sembra passare piuttosto in secondo piano. Ma è anche vero che, da quel punto di vista, i Motley Crue non hanno fatto la storia. Non c'è, nel loro repertorio, una The End da drammatizzare e trasformare in immagini come in The Doors. Però The Dirt, uno dei tanti film da vedere su Netflix in questo periodo, ha il pregio di renderci simpatici, rendere umani questi quattro ragazzi dai capelli cotonati, dagli occhi truccati come i pellerossa e vestiti come i Guerrieri della notte. La loro è stata una stagione folle, vissuta a cento all'ora, e finita bruscamente. Nel 1991 MTV trasmetterà il video di una band vestita in modo trasandato, con un suono ruvido. Smells Like Teen Spirit dei Nirvana cambierà tutto, ma proprio tutto.

Conclusioni

Dalla recensione di The Dirt esce il ritratto di un film divertente, a tratti doloroso, a tratti ironico, che per il genere è una novità. Una volta visto si scorda abbastanza facilmente. Ma il film una sua freschezza e ci piace per come sfonda la quarta parete, facendo rivolgere i protagonisti direttamente a noi, spiegandoci anche quando qualcosa nel film non è come è andata veramente.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • È un interessante affresco di un mondo, quello del rock losangelino degli anni Ottanta, che è stata finora poco raccontato.
  • L'ironia con cui, in alcuni momenti, il film ammette di essere una finzione, come se i narratori volessero mettere le mani avanti sul rapporto tra realtà e invenzione.
  • Ha il pregio di renderci simpatici, rendere umani questi quattro ragazzi dai capelli cotonati, dagli occhi truccati come i pellerossa e vestiti come i guerrieri della notte.

Cosa non va

  • Quell'effetto Vinyl che sembra caratterizzare tutti le storie rock su grande e piccolo schermo: si sfiora sempre un po' l'imitazione, la caricatura, la maschera.
  • Il film cade in uno dei difetti più comuni in questo tipo di film, il lasciare indietro la musica: le scene che spiegano come nasce una canzone sono al minimo.
  • Il film non sfugge a quel tentativo di drammatizzazione della storia, quel canovaccio di salita, dolore, caduta e risalita che era quello del film sui Queen.

Movieplayer.it

3.0/5