Recensione Il verdetto: Tra legge e morale

La recensione de Il verdetto, l'adattamento del romanzo di Ian McEwan, firmato da Richard Eyre con Emma Thompson in stato di grazia.

C'è una linea di confine oltre la quale le certezze non valgono e dove i concetti di giusto e sbagliato, bene e male, percepiti secondo il sentire più comune, si dissolvono per fare spazio alla dimensione del dubbio. Come nel caso della conflittuale e irrisolta relazione tra laicità della legge e morale dell'individuo.
"Quando una corte di giustizia delibera in merito all'educazione di un bambino, il benessere del bambino stesso deve essere considerato come prevalente e prioritario", recita il Codice dei minori che nel 1989 rivoluzionò la legislazione britannica in materia di diritto dei minori.
A quel The Children Act si richiama il romanzo di Ian McEwan 'La ballata di Adam Henry' che oggi, sulla base di una sceneggiatura firmata dallo stesso scrittore, diventa Il verdetto, adattamento diretto da Richard Eyre che nel titolo originale riecheggia palesemente quell'atto.

Il Verdetto Emma Thompson Stanley Tucci
Il verdetto: Stanley Tucci ed Emma Thompson in un momento del film

Lui è il regista del celebre e apprezzato Diario di uno scandalo, che nel 2006 ci aveva già dato prova della sua innata abilità nel dirigere gli attori e cadenzarne tempi e ritmi all'interno di un ordito rigoroso ed equilibrato. Qui Richard Eyre si muove dentro le regole classiche del legal drama, ma riesce anche questa volta a porre al centro del film la grazia delle relazioni umane. Un gigantesco e rigoroso affresco delle questioni etiche più contemporanee che spesso si agitano nelle aule di tribunale. Eyre, ma prima di lui lo straordinario McEwan, sospende il giudizio e lascia allo spettatore il compito di decidere.

Tra legal movie e dramma privato

Il Verdetto Emma Thompson
Il verdetto: Emma Thompson in una scena del film

"In un'aula di tribunale si esercita la legge e non la morale" tuona il giudice Fiona Maye (Emma Thompson), poco prima di pronunciare la sentenza che costringerà un giovane Testimone di Geova affetto da leucemia, Adam (Fionn Whitehead), a sottoporsi a una trasfusione di sangue che potrebbe salvargli la vita e che il ragazzo rifiuta obbedendo ai principi della propria fede religiosa. Decisione alla quale il giudice arriverà dopo aver scelto di andare a fare visita ad Adam in ospedale: comportamento poco ortodosso, che complice i versi di Yeats, cambierà per sempre le vite dei due personaggi. La vicenda pubblica si intreccia senza retorica e inutili ridondanze a quella privata di Fiona, prigioniera del proprio ruolo e causa di un matrimonio anestetizzato che il marito (Stanley Tucci) mal sopporta, fino ad imbastire un provocatorio e surreale monologo in cui denuncia il bisogno di un'amante.

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Una sceneggiatura al servizio degli attori

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Il verdetto: Emma Thompson in un momento del film

La forza dirompente del film è nella scrittura composta e austera che si trasferisce quasi naturalmente alle prove misurate e straordinariamente dense di umanità del cast; la Emma Thompson glaciale, anche se solo in superficie, si fa quasi totem in una delle sue interpretazioni più potenti e tormentate, costruita attraverso un lavoro di sottrazione e rigore che commuove e scuote.
Stanley Tucci e il giovanissimo Fionn Whitehead non sono da meno: sguardo mite e accusatore il primo, malinconico e straziato da sentimenti contrastanti il secondo. Nel giudice Maye, Adam troverà un nuovo punto di riferimento, riscoprirà un candido innamoramento della vita e si lascerà travolgere dai deliri visionari del giovane eroe romantico appassionato e inquieto.

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Il verdetto: Fionn Whitehead in un momento del film

Ognuno dei personaggi lascerà in questa storia la propria firma e non lesina momenti altrettanto indimenticabili Jason Watkins nei panni dell'operoso e discreto segretario di Fiona, che in molte scene funziona da contraltare comico. Encomiabile la capacità del regista britannico di passare organicamente dai toni grigi e compassati del courtroom drama ad alcuni più leggeri, che trovano una naturale collocazione nello spazio della dimensione privata e intima.

Movieplayer.it

3.5/5