Recensione White Noise (2004)

Un film che, se curato dal punto di vista della sceneggiatura, avrebbe potuto non farvi guardare mai più con serenità ad un segnale televisivo disturbato, ma che finisce per naufragare completamente a causa delle troppe scelte narrative prevedibili e di una costruzione della tensione incredibilmente inefficace.

Tanto rumore (bianco) per nulla

Questo White Noise è indubbiamente un thriller dalle ottime premesse: un protagonista forte come Michael Keaton; una trama stuzzicante che coniuga tecnologia e soprannaturale; una imagery mutuata dagli influenti horror giapponesi degli ultimi anni (Ringu con le sue videocassette dall'aldilà, ma soprattutto il superiore Kairo di Kiyoshi Kurosawa, con i suoi agghiaccianti trapassati digitali). Quello di Geoffrey Sax era un film che, se sufficientemente curato dal punto di vista della sceneggiatura, avrebbe potuto non farvi guardare mai più con serenità ad un segnale televisivo disturbato, ma che finisce per naufragare completamente a causa delle troppe scelte narrative prevedibili e di una costruzione della tensione incredibilmente fiacca e inefficace. Difficile, pertanto, che questo film regali brividi allo spettatore medio comunque abbastanza navigato da aver visto due o tre thriller in vita sua; difficile anche che l'appropriazione delle suggestioni creative di opere altrui a scopo dell'edificazione di un florilegio di cliché soddisfi l'appassionato del genere.

Tuttavia, l'esperienza insegna che i gusti personali riservano meravigliose sorprese, e per questo chi scrive non esclude che qualcuno possa appassionarsi alle gesta di Jonathan Rivers (Keaton), che si vede strappare la moglie, giovane e splendida autrice di successo, per di più incinta, per mano di un serial killer. La parte iniziale è la migliore del film; Keaton non è al suo meglio ma la sua aria assorta, melanconica e pensierosa ben si adatta a caratterizzare il neo-vedovo, e le prime intrusioni del "rumore bianco" (definizione data ai segnali indecifrabili captati dagli apparecchi televisivi) nella sua esistenza distrutta sono effettivamente inquietanti. Quando scopriamo che si tratta dello spirito della sua Anna che tenta di mettersi in contatto con lui, siamo ancora moderatamente interessati; ma più il nostro eroe si va a impelagare nella sua indagine oltremondana (che naturalmente finirà per condurlo all'assassino dell'amata) più la pellicola diviene scontata, irritante e soporifera. Il "mistero" dietro il rumore bianco si rivela meccanicamente, senza patemi e senza incuriosire a riguardo di un fenomeno che sparuti gruppi di studiosi considerano realmente di origine soprannaturale; la minaccia rappresentata dagli "spiriti cattivi" è semplicemente ridicola nella sua forza filmica. Il risultato è un lento e inesorabile intorpidirsi dell'interesse, cui né il carisma di Keaton né la cura degli aspetti tecnici (soprattutto la scenografia, d'altronde Mr. Rivers è un rinomato architetto) possono porre un freno.
Per chi resista fino alla fine, non manca un sottofinale atrocemente stucchevole e nauseabondo, degno suggello di un increscioso spreco di potenziale.

Movieplayer.it

1.0/5