Recensione Albakiara (2008)

Si presenta così il personaggio di Albakiara con la kappa, versione aggiornata della teenager di un tempo, persa ormai in un mondo privo di valori, futile, effimero, popolato di figure grottesche nella loro ostentata ignoranza, votato quasi esclusivamente all'esigenza di apparire.

Shakespeare on Drugs

Era il 1979 quando la canzone del giovane e lanciatissimo Vasco Rossi, Albachiara, calamitò l'attenzione di tutti diventando in breve autentico inno generazionale. Da allora sono trascorsi quasi trent'anni. Il regista Stefano Salvati, che del cantante ha diretto diversi video tra i più significativi (davvero lunga la lista, dalla collaborazione con Roman Polanski per Gli angeli, fino all'esperimento creativo rappresentato da È solo un Rock'n'Roll Show, singolare "movieclip" realizzato utilizzando le canzoni dell'album Buoni o cattivi), deve essersi chiesto quale sia oggi l'eredità di un brano così amato. Altri e più allarmanti interrogativi sono emersi sul conto dei ragazzi, su quanto sia cambiato lo stile di vita delle ultime generazioni rispetto alle semplici, limitate, quasi ingenue trasgressioni cantate da Vasco sul finire degli anni '70. Nasce così il personaggio di Albakiara con la kappa, versione aggiornata della teenager di un tempo, persa ormai in un mondo privo di valori, futile, effimero, popolato di figure grottesche nella loro ostentata ignoranza, votato quasi esclusivamente all'esigenza di apparire.

Apparire a tutti i costi, sacrificando qualsiasi base etica al denaro e al successo facile, ecco la molla delle azioni che si intrecciano in Albakiara di Stefano Salvati. Il palcoscenico ideale di simili esibizioni può essere il classico "rave" come anche un'aula scolastica, tanto poi a infiocchettare il tutto ci pensa YouTube, se non addirittura qualche sito porno allestito per l'occasione. Il sospetto, però, è che limitarsi a descrivere impulsi così radicati in un universo giovanile allo sbando, replicando per giunta la miseria (verbale e visiva) del linguaggio corrente, più che avere l'effetto deterrente auspicato dagli autori sia atto di eccessiva accondiscendenza. Si vorrebbe infatti focalizzare l'attenzione sulla brutta fine riservata a quei ragazzi che trascinano le loro esistenze senza alcun rispetto per gli altri, ignorando o sottostimando gli studi, tuffandosi a capofitto in un mondo di sostanze proibite e rapporti umani pericolosi; ma il risultato è che allo squallore non vi sono alternative plausibili, tant'è che la cura riposta nel confezionare questo giocattolone ultra-pop, mutuato sugli eccessi peggiori di internet e sul vivere col cellulare incorporato, rivela non poco compiacimento.

Il coloratissimo ma letale (per il cervello, in primis) universo che ruota intorno alla nostra Chiara, lolita moderna che con fare svampito trascorre le proprie giornate tra sniffate di coca e pompini in discoteca, è qui descritto con gaia euforia: tra una citazione di Shakespeare e l'altra, c'è pure il bidello che spaccia nei corridoi della scuola (uno dei personaggi più riusciti, grazie alla verve genuina del comico Vito), mentre il soggetto incaricato di catalizzare i sentimenti più veri della ragazza è un giovane Dj, Nico, che per arrotondare lo stipendio si esibisce in performance erotiche con le amiche comuni, all'insaputa di lei, facendosi riprendere con una webcam e unendo l'utile al dilettevole, visto che tutto finirà on line su un sito a pagamento.
Se ad interpretare Nico è stato chiamato (puntellando così l'intera operazione) proprio Davide Rossi, il rampollo di Vasco, non mancano nomi importanti anche in quella sottotrama gialla, con tanto di poliziotti corrotti, su cui si innesta l'intera vicenda; da Alessandro Haber all'emergente (e assai bravo) caratterista Dario Bandiera, da Ivano Marescotti a un Raz Degan quasi invasato, nel dare vita al poliziotto spietato e perverso che, per mettere le mani su una partita di coca sequestrata a suo tempo dai colleghi, ammazza chiunque gli capiti a tiro. Sì, a "tiro", e se nel caso specifico il termine dovesse rivelarsi ambiguo, chiedere lumi agli sceneggiatori.

Ecco, oltre ai pur legittimi dubbi di natura etica, Albakiara lascia infinitamente perplessi per quel miscuglio di generi gettato in pasto allo spettatore con modalità spesso incoerenti, prendendo magari qualche sequenza truce alla Hostel, da spiaccicare poi sul taglio giovanilista di cui sono impastate le scene più leggere del film; ed è comunque una pellicola che ha la pretesa, nell'essere meno edulcorata e buonista dei prototipi, di ribaltare quella

visione soft della realtà giovanile continuamente proposta, ai livelli più bassi, da un Federico Moccia o da un Silvio Muccino. Il regista, purtroppo, appare ben lontano dall'ottenere il risultato sperato.
Salvati, che ha una lunga e apprezzabile esperienza nel settore del videoclip, ha già realizzato un lungometraggio a sfondo musicale: Jolly Blu, con protagonista Max Pezzali degli 883. Meglio soprassedere. Albakiara conferma semmai che un professionista capace di giocare bene sul ritmo, sul felice accostamento di immagini e musica (i grandi successi del Blasco alternati ad altri brani, cui ha lavorato il solito Gaetano Curreri in collaborazione con Frank Nemola, si fanno come sempre apprezzare) non possiede ancora la maturità per creare un prodotto cinematografico coerente, almeno sul piano narrativo.