Sergio Leone - L'italiano che inventò l'America, la recensione: documentare il genio

La recensione di Sergio Leone - L'italiano che inventò l'America: un documentario a prima vista semplice, ma invece profondo e accattivante per il modo in cui viene tratteggiato non solo il regista di C'era una volta il West, ma anche il mondo che è andato a rappresentare: il cinema.

Sergio Leone - L'italiano che inventò l'America, la recensione: documentare il genio

"Il cinema è uno spettacolo immenso che ripropone fatti di vita rimescolata". Non poteva che iniziare così un documentario come Sergio Leone - L'uomo che inventò l'America, prodotto da Sky Italia e Sky Studios con Leone Film Group e scritto e diretto da Francesco Zippel. Un'opera che attraverso la produzione specifica di un autore così indimenticabile si eleva a indagare la bellezza dello spettacolo più bello del mondo: il cinema.

Come sottolineeremo in questa recensione di Sergio Leone - L'italiano che inventò l'America, il documentario disponibile dal 20 ottobre al cinema, non vuole solo trattare la figura di Leone, ma quantificare la potenza di un'eredità sconfinata lasciata nei meandri di produzioni nuove e passate, tra i raccordi di opere realizzate da bambini ora diventati creatori di nuovi mondi. Da spugna pronta ad assimilare ogni stimolo esterno per tradurlo in opera d'arte, Sergio Leone si eleverà lui stesso a padre putativo e maestro imprescindibile di altri mille mondi immaginifici. E così, nello scorrere di infinite inquadrature firmate da altri maestri, si ritrovano più o meno nascosti riferimenti a quel costrutto filmico, a quello stile riconoscibile dove gli sguardi in camera colpiscono più delle pistole, e le riprese dall'alto si sostituiscono allo sguardo divino. Lo sguardo di un uomo che tutto prende e crea, arrivando a reinventare anche l'America.

C'era una volta il cinema

Una sequenza di C'era una volta il West di Sergio Leone ©Angelo Novi /Cineteca di Bologna
Una sequenza di C'era una volta il West di Sergio Leone ©Angelo Novi /Cineteca di Bologna

C'era una volta un gruppo di bambini che, nel buio della sala, si lasciavano accecare dalla luce di proiezione, entrando in mondi fantastici, e realtà sconosciute. C'era una volta un gruppo di bambini diventati adulti; ma se i loro corpi sono cresciuti, i loro occhi e la loro mente sono ancora dominati da quell'eterno fanciullo sognatore, pronto a lasciarsi sorprendere da uno schermo cinematografico in perenne azione. Quei bambini adesso sono nomi altisonanti, maestri della Settima Arte, sono personalità come Martin Scorsese, Steven Spielberg, Quentin Tarantino che oltre a un talento sopraffino, hanno trasformato ricordi e le visioni dei capolavori di Sergio Leone, in base preparatoria per i loro di cult. È il talento che parla al talento, e le cui testimonianze sono adesso riprese e raccolte da Francesco Zippel per comporre il suo documentario, manifesto del genio cinematografico di Leone intervallandolo da spezzoni di tutte le sue opere: si parte da Il Colosso di Rodi e si finisce con il progetto de L'assedio di Leningrado interrotto precocemente dalla morte del regista avvenuta il 30 aprile del 1989, a soli 60 anni. Ma l'eredità di Leone non si limita solo al campo della regia. La sua presenza rivive in ogni aspetto della Settima Arte, ed ecco che a sedersi di fronte alla cinepresa sono attori, critici cinematografici, famigliari e artigiani del cinema, che toccati con mano, o con la forza delle inquadrature, sono pronti a rivelare ogni segreto di questa personalità rivoluzionaria.

C'era una volta in America: i 30 anni del capolavoro di Sergio Leone

Inserti di artigianalità

Buono4
Il buono, il brutto, il cattivo: Clint Eastwood in una scena del film

Per raccontare una mente devota all'immaginazione c'è bisogno di tanta di fantasia. Ecco allora che a fare da ponte visivo a ogni argomento, o tematica trattata, il regista inserisce personaggi in stop-motion, o piccoli modellini di oggetti, mezzi di trasporto, o ambienti che replicano in scala ridotta dei leitmotiv tipici della produzione di Sergio Leone. Non solo allegri espedienti che rimandano a un fervore fanciullesco che bruciava nell'animo di Leone, questi inserti rivelano un'importanza particolare, perché compaiono sullo schermo nelle vesti di associazioni simboliche a un modo di fare cinema di fattura artigianale. Lontano dallo sfruttamento tecnologico di effetti speciali e di CGI, tutto nell'universo di Leone sa di mani che compongono e costruiscono. Nulla è artificiale, ma vive di una manualità che li rende unici e irripetibili, come un capo d'abito fatto a mano e su misura. Stazioni intermedie di un viaggio alla scoperta di una filmografia in bilico tra un passato personale, e un futuro che vivrà all'ombra di opere altrui, questi inserti aprono un nuovo capitolo di una lettera d'amore elevatasi a saggio sentito e mai retorico tanto su Sergio Leone, quanto su quel mondo che quest'ultimo è andato a rappresentare: il cinema.

C'era una volta Sergio Leone: 10 scene indimenticabili dai suoi film

Mondi noti in ricordi nuovi

Once Upon A Time In America Robert De Niro
C’era una volta in America: Robert De Niro nel finale del film

Sergio Leone - L'italiano che inventò l'America a livello nozionistico può sembrare non aggiungere alcun materiale inedito a quanto già tramandato negli anni. Ma è nel modo in cui tali aneddoti e curiosità vengono condivisi (dal rapporto con Robert De Niro e Clint Eastwood, alla simbiosi magica con Ennio Morricone, fino alla detonazione del ponte de Il buono, il brutto, il cattivo) che si ritrova la bellezza di questo documentario. Attraverso la testimonianza di chi Sergio Leone l'ha conosciuto, o di coloro che hanno fatto tesoro dei suoi insegnamenti, tutto ciò che è già noto diventa magicamente inedito, nuovo materiale da (ri)scoprire come se fosse la prima volta. Sergio Leone - L'italiano che inventò l'America va pertanto oltre il semplice tributo ad un artista che ha saputo dar vita a un nuovo e personale universo immaginifico, per elevarsi anche e soprattutto a manifesto storico su una certa idea di Cinema. Un cinema che vive dei retaggi del passato (soprattutto americano), per mescolarli a una visione personale della Settima Arte, influenzata da ricordi di infanzia, e da una cultura prettamente italiana.

Festa Del Cinema di Roma 2022: i 15 film (e serie tv) che aspettiamo di più

Il nuovo vernacolo del cinema

Sergio Leone e Robert De Niro sul set di C'era una volta in America ©Angelo Novi /Cineteca di Bologna
Sergio Leone e Robert De Niro sul set di C'era una volta in America ©Angelo Novi /Cineteca di Bologna

È un Dante del cinema, Sergio Leone. Ed è qui che si ritrova il suo processo di decostruzione e rivoluzione del genere primigenio, rappresentante la società americana: il western. Leone ha infatti saputo comprendere, apprendere, assimilare ogni segreto di questo genere, fino a nobilitarlo facendolo parlare un linguaggio più vernacolare e per questo accessibile a tutti. Non più genere identificativo di un popolo, con Leone il Western diventa di tutti, vestendosi di icone e stilemi riconoscibili e da replicare. Con Leone nasce lo Spaghetti Western, e con esso una nuova mitologia, un pantheon abitato da nuove divinità con la pistola in mano e il sigaro in bocca. Quelle di Leone sono però divinità umanizzate, costruite a immagine e somiglianza dei propri proseliti, perché imperfetti e pieni di difetti. Ma quello che Zippel rintraccia e restituisce allo spettatore non è solo il Sergio Leone che crea universi e infonde vita alle proprie creature come una divinità del cinema, ma anche e soprattutto il Sergio Leone intimo, papà di famiglia e amico giocherellone. Un aspetto che forse sarebbe stato interessante approfondire, ma dopotutto con un titolo del genere, era inevitabile che l'opera di Zippel si concentrasse soprattutto sull'aspetto creativo di Leone. Ne consegue così un ritratto compiuto con il pennello intinto nel calamaio dei ricordi, e colorato dalle testimonianze di collaboratori, amici e colleghi, qui elevati a co-autori privilegiati di un'opera da non perdere.

Morricone Leone
Una foto di Ennio Morricone e Sergio Leone

Una nuova scrittura biografica, quella compiuta da Francesco Zippel, priva di didascalismi e slanci agiografici, ma calorosa, elegante, dove l'ammirazione e la chimica che legava Leone con chi ha avuto la fortuna di condividere con lui il set, supera i confini dello schermo per investire lo spettatore. Dalla musica, agli effetti visivi, passando per la recitazione, ogni aneddoto va a braccetto con le risate che il ricordo scaturisce, creando un'atmosfera famigliare, conviviale, di un uomo che dal suolo italiano ha saputo creare un nuovo volto per l'America e una nuova anima per il cinema.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Sergio Leone - L'italiano che inventò l'America sottolineando come il documentario di Francesco Zippel tenti - riuscendoci - di tratteggiare con nuova linfa il volto e l'anima di una mente geniale attraverso non solo materiale di archivio, ma anche attraverso la voce di chi quell'arte l'ha vista nascere, oppure ne ha fatto tesoro.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.3/5

Perché ci piace

  • La raccolta di interviste mai banali, ma interessanti.
  • L'inserto di modellini e personaggi in stop-motion.
  • Il montaggio che rende tutto nuovo, sebbene molte nozioni sono già note al grande pubblico.

Cosa non va

  • La mancanza di approfondimento del Leone intimo e personale.
  • Il fatto che ci ricordi della perdita che ha subito il cinema mondiale.