Recensione Delicatessen (1991)

Quello del tandem Jeunet e Caro era un cinema anarchico e inusuale, caratterizzato da uno stile cartoonesco e retrò; fortemente voglioso di non somigliare a nulla.

Quando Jeunet frequentava Caro

Jean-Pierre Jeunet e Marc Caro, nell'arco della loro collaborazione, hanno prodotto due soli film: Delicatessen e La città dei bambini perduti, entrambi diventati veri e propri cult. Ora, Jeunet, si è dato alla carriera solista (Alien: la clonazione; Il fantastico mondo di Amélie; Una domenica di passioni) e Caro ha abbandonato il mondo della celluloide (momentaneamente?). Un vero peccato. Il loro era un cinema anarchico e inusuale, caratterizzato da uno stile cartoonesco e retrò; fortemente voglioso di non somigliare a nulla. Da parte dei due registi, c'era il desiderio di creare un congegno perfetto di unicità. Basta dare un occhiata alla trama di questo loro primo film per rendersene conto...

Parigi, XXI secolo. Gli abitanti di un condominio per sfuggire alla carestia ricorrono al cannibalismo ricomprando gli ex vicini di casa (opportunamente affettati e incartati) dal macellaio del quartiere. Un gruppo di assurdi rivoluzionari vegetariani, conosciuti come Trogloditi, corre in soccorso scatenando il delirio.
Un film dall'inventiva spiazzante e rocambolesca. Capace di creare esilaranti sequenze di puro cinema (la scena dell'amplesso ritmata dai rumori del condominio, impossibile da raccontare). L'atmosfera fascinosa, sospesa in un altrove indefinibile, i personaggi schizzati e deformati e l'estetica da cartoon che in molti casi coglie il film come un raptus improvviso, trascinano lo spettatore in un mondo tanto divertente quanto visionario. Ogni ingrediente è particolare (le luci, le angolazioni, l'ambientazione, le idee di sceneggiatura) e contribuisce a fare, di questo film-fumetto, un crescendo vorticoso verso l'apoteosi del bizzarro.

Insomma, l'insolito è di casa, ma non si compiace mai della sua stramba natura, piegandosi spesso ad un buffo quanto poetico romanticismo dei diversi. Si, c'è spazio anche per l'intimità, grazie ad un cast di attori strepitosi (che facce!), capaci, con apparente naturalezza, di porsi un gradino al di sopra della normalità e della sanità mentale. Un film prezioso, in particolare oggi, dove tutto il cinema sembra appiattirsi e stereotiparsi. Capace di creare un mondo a parte, con le sue leggi e i suoi colori.

Adesso che i due non lavorano più insieme (forse era inevitabile, chi lo sa...), Jeunet sembra voler abbracciare un pubblico più vasto. Le sue storie, per quanto ancora cariche di originalità, hanno perso molto di questo primo periodo, piegandosi spesso ad una confezione più rassicurante e patinata. Qui si aprono due scuole di pensiero, due diverse fazioni. L'una convinta che Jeunet stia meglio da solo, che si sia liberato della zavorra (alleggerendo temi e maniere) e l'altra, invece, che non può far a meno di sentire la mancanza di Marc Caro. Una cosa è certa, non si può dire di conoscere e apprezzare veramente Jeunet se prima non si è visto questo suo film d'esordio, tutto il resto è gusto personale.