Recensione 36 quai des orfevres (2004)

Parigi anni'80. Leo Vrinks e Denis Klein sono due poliziotti in competizione per sgominare una banda di criminali. Una volta erano amici. Una volta. Oggi la loro, è una sfida personale fra odio e romanticismo.

Polizia alla francese

A Parigi, passeggiando sul lungo Senna, può capitare di percorrere Quais des Orfèvres, e per chi ama la letteratura e il cinema francese, è una sorta di tuffo al cuore. Quel luogo, che non si differenzia dagli altri, se non per la bruma delle sere autunnali, ha un'evocatività particolare, quasi mistica. In Quais des Orfevres si trovava l'ufficio del Commissario Maigret, il protagonista dei gialli di Simenon; In Quais des Orfevres il grande Henri George Clouzot aveva ambientato il meraviglioso Legittima difesa (che in originale è appunto Quais des Orfevres).
Con questi presupposti il film di Olivier Marchand guarda inevitabilmente al passato e al Polar, il genere poliziesco francese ("Polar" è una contrazione dei termini policier e literature) caratterizzato da una profonda analisi umana dei personaggi, siano essi rappresentanti della giustizia o malviventi.

Il film è ispirato a un fatto reale accaduto nel 1985. Nella capitale d'oltralpe, da diverso tempo, una banda di criminali compie rapine ed efferati crimini, senza che la Polizia riesca ad intervenire. Il direttore della Polizia Giudiziaria, insoddisfatto della situazione e sul punto di trasferirsi, comunica ai suoi più diretti collaboratori, Leo Vrinks (Daniel Auteuil) capo della squadra anticrimine, e Denis Klein (Gerard Depardieu) capo della squadra investigativa, che chi riuscirà a sgominare la temibile gang diventerà il responsabile del commissariato al 36 di Quais des Orfevres. Vrinks e Klein sono ex grandi amici per colpa dell'amore di una donna, e la sfida lanciata ai criminali è solo un pretesto per un confronto molto più profondo.
L'inizio è emblematico. Due uomini in motocicletta rubano la targa stradale del Quais, affissa nelle vicinanze del commissariato, come a dire "è finito il mito di un luogo che ha fatto la storia della Francia". Marchand vuole fare un omaggio al genere, con un film in un certo senso vecchio stile, aggiornato ai nostri tempi. Non c'è violenza gratuita, né particolari spargimenti di sangue, ci sono solo due uomini, paradossalmente soli, sebbene con una famiglia, che si affrontano. Dapprima in parallelo, in seguito personalmente (rapporto espresso anche nello stile di montaggio).

E' l'umanità interpretata visceralmente dai due grandi attori, a dare vita alla storia. Il dolore interiore, l'insoddisfazione, la vendetta, la solitudine, sono temi universali che si intrecciano con le vicende criminali e si manifestano nei pensieri e nelle azioni dei due poliziotti.
36 è un film romantico e imperfetto, e lo spettatore lo può annusare e respirare, allo stesso modo di quel fumo delle sigarette che Auteuil non abbandona mai. In fin dei conti un'emozione, positiva o negativa che sia, è sempre un segno di vita. Non passa mai di moda.