Oscar 2020: Greta Gerwig, Piccole donne e le assurde polemiche della mancata nomination alla regia

L'assenza di Greta Gerwig tra i candidati all'Oscar 2020 per la Miglior Regia fa scalpore e solleva polemiche; la regista di Piccole Donne però non è stata affatto 'snobbata' dall'Academy: ecco perché.

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Little Women: Emma Watson e Greta Gerwig sul set

Greta. Ci sarà forse qualcosa in questo nome che ultimamente fa perdere lucidità un po' a tutti, attira antipatie e simpatie all'inverosimile, finendo col distogliere da quelli che sono i reali problemi. Ma tralasciamo i discorsi più propriamente politici e occupiamoci di cinema, o più precisamente di questi Oscar 2020 che ieri hanno annunciato le loro nomination. Tra le tante omissioni - e in un anno così ricco di grandissimi film e sorprese non poteva essere altrimenti - a spiccare c'è quella di Greta Gerwig nella categorie relativa alla migliore regia. È una mancanza che salta subito all'occhio, ma non perché il suo (pur bellissimo) film Piccole donne sia il frontrunner di questa edizione, ma perché si tratta dell'unica regista donna che avrebbe potuto aspirare a quell'importante candidatura.

Ora, sia chiaro fin da subito, chi scrive ritiene che la regia della Gerwig sia stata ottima (come scritto in modo esplicito nella recensione di Piccole donne) e sì, una candidatura non sarebbe stata certamente un regalo; ma, come per tutti i concorsi e le gare, vanno tenuti in considerazione anche e soprattutto i concorrenti. E, in questo caso, erano tutti nomi di primissimo rilievo, tanto è vero che a farne le spese non è stata solo la Gerwig, ma anche altri prestigiosi colleghi tra cui Pedro Almodovar (per Dolor y Gloria), James Mangold (per Le Mans' 66), Taika Waititi (per Jojo Rabbit) e perfino il compagno di vita della Gerwig, Noah Baumbach per il bellissimo Storia di un matrimonio.

Miglior regia, chi sono quelli che hanno "rubato" il posto alla Gerwig

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Piccole Donne: Saoirse Ronan, Emma Watson e Florence Pugh in una scena del film

Insomma se i titoli candidati alla categoria principale, quella per il Miglior film, sono nove, quelli alla Miglior Regia, come da copione, sono solo cinque; e quindi gli esclusi, per quanto eccellenti, sono da mettere in conto. Come prima cosa, quindi, va specificato che non è tanto la Gerwig ad essere stata sconfitta, ma il suo film: per quanto Piccole Donne sia comunque in lizza per il premio principale e altre cinque statuette, nella lista dei film con maggior numero di nomination (e quindi teoricamente più forti) è relativamente in basso. Ricordiamoli insieme: con 11 candidature Joker è il frontrunner; seguono a 10 The Irishman, C'era una volta a... Hollywood e 1917; poi con sei nomination ci sono sia Piccole donne che Storia di un matrimonio, che Parasite, che Jojo Rabbit. Nel caso dei primi quattro posti insomma i registi votanti non hanno fatto altro che votare quelli che tutta l'Academy ha considerato i più forti e più riusciti.

Operazione Zero Dark Thirty: la regista Kathryn Bigelow sul set
Operazione Zero Dark Thirty: la regista Kathryn Bigelow sul set

Già questo ci fa capire che, a differenza di quello che molti dicono e scrivono, Greta Gerwig non è stata "snobbata": avremmo potuto dire così se il suo film fosse stato tra i più forti e soltanto lei, come regista, fosse stata non candidata. Ma non è questo il caso. Fu diverso nel 2013, quando Kathryn Bigelow (Zero Dark Thirty, 5 candidature) si vide soffiare il posto nella cinquina dall'esordiente Benh Zeitlin (Re della terra selvaggia, 4 candidature), ma ieri Piccole donne - così come Jojo Rabbit, Storia di un matrimonio, Le Mans' 66 - ha (momentaneamente) "perso" contro Parasite, vero e indiscutibile film fenomeno/sorpresa dell'anno appena trascorso: un film coreano che ha vinto prima la Palma d'oro, ha incassato centinaia di milioni in tutto il mondo e ha conquistato pubblico, critica e addetti ai lavori in ogni paese in cui è stato distribuito. Certo, Parasite agli Oscar è una (bellissima) novità che è costata cara a tanti altri film, ma in fondo è proprio questo che ancora ci fa appassionare a questi premi.

Parasite: un finale senza speranza per il film più bello dell'anno

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Parasite: Woo-sik Choi con So-dam Park durante una scena

Andando oltre Parasite e il geniale regista Bong Joon-Ho (che, per chi non lo sapesse, non è certo un esordiente, anzi), chi sono gli altri che hanno tolto spazio alla Gerwig? Due registi già premi Oscar come Martin Scorsese (The Departed) e Sam Mendes (American Beauty) che hanno confermato il loro talento e la loro fama con due dei più bei film della loro carriera. In più c'è un certo Quentin Tarantino (due Oscar per la sceneggiatura in bacheca) che spera finalmente di conquistare almeno una delle statuette più prestigiose grazie ad un film (C'era una volta a Hollywood) che sembra davvero avere le caratteristiche per mettere d'accordo tutti. Tre mostri sacri insomma con tre film fortissimi, tutti e tre potenziali vincitori in quasi tutte le categorie.

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Joker: Todd Phillips e Joaquin Phoenix con il Leone d'oro a Venezia 2019

C'è allora chi dice che ad essere stata "regalata" sia stata la candidatura a Todd Phillips, regista con un curriculum molto meno prestigioso (fino ad ora contava solo una candidatura alla sceneggiatura per Borat) e quindi per questo "miracolato". Chi dice questo, lo fa in assoluta malafede, e volutamente omette alcuni dettagli importanti: Phillips è il regista di Joker, ovvero il film che ha ottenuto più nomination in assoluto (11), che ha superato il miliardo di dollari di incasso in tutto il mondo, che ha vinto il Leone d'oro a Venezia. Che piaccia o meno - e sappiamo che soprattutto negli USA le polemiche si sono sprecate - Joker è stato ed è un fenomeno cinematografico senza precedenti, nonché un vero e proprio film di rottura all'interno dell'industria visto che ha contribuito a sdoganare il (sotto)genere dei cinecomic (comic book movie come li chiamano gli americani), tra l'altro proprio nel periodo in cui un grande regista come Scorsese (e con lui altri esimi colleghi) li stava attaccando.

Il paradosso Greta: da "snobbata" a vincitrice morale di questi Oscar 2020

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Little Women: Saoirse Ronan e Timothée Chalamet in una foto del film

Parlare quindi di esclusione ingiusta per quanto riguarda Greta Gerwig non ha senso. Al massimo possiamo dire che sia stata sfortunata, è che sia incappata in un'annata fin troppo ricca di grandi film. E come lei è successo a tantissimi altri grandi registi prima, compresi alcuni avversari di quest'anno come Scorsese e Tarantino. L'errore più grande che si può fare, però, è guardare solo a questa mancata candidatura in una categoria e non a tutto il resto. Piccole donne è un film bellissimo, ma è anche l'ennesima trasposizione di uno dei romanzi più famosi della letteratura inglese e uno dei più adattati sul piccolo e grande schermo. Nonostante questo, il film di Greta Gerwig è riuscita comunque a conquistare sei importantissime candidature in un'annata difficilissima, in cui quasi tutti i film avversari erano (almeno sulla carta) molto più forti, più "originali" e più coraggiosi. È stata proprio la mano della Gerwig (tanto alla regia quanto alla sceneggiatura) a trasformare un film in apparenza molto più convenzionale in qualcosa di fresco, attuale e molto più riuscito di quanto si potesse immaginare dalle premesse.

Manca la candidatura alla regia? Vero, ma per Piccole donne ci sono sei candidature di prestigio: miglior film, migliore sceneggiatura non originale, migliore attrice protagonista (Saoirse Ronan), migliore attrice non protagonista (Florence Pugh), migliori costumi (Jacqueline Durran) e migliore colonna sonora (Alexandre Desplat). Questi non sono dei semplici contentini, ma conferme che Piccole donne è davvero tra i favoriti di questi Oscar 2020, e certamente tra i film più amati e votati dall'Academy. E per capire quanto sia importante questo traguardo, segnaliamo che Greta Gerwig è al momento l'unica regista donna insieme a Kathryn Bigelow ad avere avuto ben due pellicole candidate come miglior film: prima Lady Bird, ora Piccole donne. E che il suo film, seppur senza aver ancora vinto nessun premio significativo, si avvia comunque ad incassare oltre 100 milioni di dollari solo negli USA. Tutto questo alla sua seconda regia, a soli 36 anni.

Lady Bird: Saoirse Ronan in una scena del film
Lady Bird: Saoirse Ronan in una scena del film

E a che dice che questa mancata nomination non faccia altro che ricordare a tutti che la categoria della regia è la più maschilista di tutte, o che ad ogni votazione non faccia altro che confermare che "la regia di un film è un lavoro serio e da uomini", è bene ricordare che proprio l'Academy solo tre anni fa candidò Greta Gerwig per Lady Bird al suo esordio dietro la macchina da presa. Facendone così non solo la prima donna ad essere candidata alla regia al suo debutto, ma anche la quinta in assoluto nella storia. Certo, cinque donne soltanto (la nostra Wertmuller, Jane Campion, Sofia Coppola, la Bigelow e, appunto la Gerwig) in oltre 90 anni di storia sono niente e infatti non c'è dubbio che il problema sia reale, ma sarebbe sbagliato scaricare le colpe sull'Academy che, parlano i fatti, le cose le sta effettivamente cambiando. Ma, per fortuna, in modo naturale e non forzato.

Non solo Greta, che chance hanno le altre "piccole donne" di Hollywood?

La verità è che oggi Greta Gerwig è già un simbolo: per la sua giovane età e per il modo in cui ha saputo cogliere al meglio le opportunità che ha avuto. Al momento sopra di lei nella storia dell'Academy c'è solo la Bigelow, l'unica regista donna ad aver vinto sia un Oscar per la regia che per il miglior film, ma la Gerwig è giovanissima, lanciatissima e molto più benvoluta dall'intera industry, è evidente che in questo momento sia lei il faro per tutte le donne che ad Hollywood auspicano ad un cambiamento reale e magari definitivo. E, se tutto va bene, così sarà, perché con Piccole donne e queste sei nuove nomination l'autrice ha acquisito ora un peso e un'importanza ancora maggiore che non potrà che aiutarla nel prosieguo della carriera. Paradossalmente, forse ancor di più di un'eventuale vittoria. Greta Gerwig è in questo momento una regista e un'autrice importante per Hollywood, un nome che non si può ignorare.

The Farewell Una Bugia Buona 1
The Farewell - Una bugia buona: una sequenza

Ce ne sono altre come lei? Certamente, ma non è detto che la loro crescita possa essere altrettanto immediata, perché non è automatico e non è facile. Chi cita per esempio l'assenza agli Oscar 2020 della regista Lulu Wang e del suo film di grande successo The Farewell, sembra dimenticare che le commedie (per quanto dal tono anche drammatico) non sono mai particolarmente ben viste agli Oscar, a prescindere dal sesso dei protagonisti e degli autori. E che un eventuale successo ai Golden Globes non vuol dire proprio nulla, sia perché lì le commedie hanno categorie separate sia perché i metodi di votazioni sono molto differenti. Così come i giurati: invece che oltre gli 8000 professionisti dell'industria degli Oscar, ai Globes votano solo 100 giornalisti... magari gli stessi che tutto l'anno fanno titoloni sensazionalistici sulla mancanza di registe donne. Quindi è ovvio che non tutto automaticamente e magicamente coincida tra premi e situazioni molto differenti. L'errore sta proprio nel paragonarle.

Questo non vuol dire che il problema non vada affrontato, le registe donne sono effettivamente ancora troppo troppo poche, anche se, grazie a successi quali Captain Marvel o Frozen 2, il boxoffice "femminile" del 2019 è stato da record. Il punto però è che non si può pensare di risolvere il problema partendo dalla fine, ovvero da quegli Oscar che arrivano quando ormai l'anno cinematografico e l'intero processo produttivo/distributivo si è concluso. Il problema va affrontato e risolto in seno agli Studios, quando il film deve essere ancora prodotto. Al massimo - ma anche qui ci sarebbe molto da discutere - può diventare un problema dei premi minori e dei festival cinematografici che precedono, a volte di mesi, gli Oscar. Ma arrivare alla fine della corsa e lamentarsi di come si è conclusa, non ha molto senso e non aiuta nessuno. Semmai rischia solo di distogliere l'attenzione su quanto effettivamente di buono (e, se vogliamo, anche epocale) sia realmente accaduto. Come nel caso di Greta Gerwig, non "grande esclusa", ma nuova grande conferma del cinema americano.