Nowhere Special, la recensione: lacrime e dolcezza tra padre e figlio

La recensione di Nowhere Special, il nuovo film di Uberto Pasolini con James Norton, presentato alla sezione Orizzonti del Festival di Venezia 2020 e ora in sala.

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Nowhere Special - Una storia d'amore: una scena del film

Lo ammettiamo: abbiamo ancora le lacrime agli occhi mentre stiamo iniziando a scrivere questa nostra recensione di Nowhere Special, l'ultimo bellissimo film di Uberto Pasolini, già regista di Still Life nel 2013. Sette anni dopo, Pasolini si ripresenta al Festival di Venezia 2020, nella sezione Orizzonti, con un dramma famigliare imbevuto di dolcezza, una fiaba moderna capace di affrontare una storia tragica e drammatica con una leggerezza che pochi riescono a padroneggiare. Perché, a ben vedere, ci sarebbero tutti gli elementi necessari per trasformare questo Nowhere Special in uno di quei film sbilanciati, troppo carichi di emotività e che cercano in ogni modo di commuovere lo spettatore, ma Pasolini sa gestire miracolosamente il ritmo e le immagini della storia, sa perfettamente quando fermarsi prima di risultare stucchevole e sfugge dai vari clichés narrativi che avrebbero decisamente reso il film più grossolano e dimenticabile.

Tutto per un figlio

John è un lavavetri che riesce a guadagnare quanto basta per vivere modestamente insieme al figlio di quattro anni di nome Michael. Abbandonato dalla moglie, fuggita in Russia e mai più sentita, poco dopo il parto, John e Michael vivono in totale simbiosi: i due sono molto legati da un forte amore reciproco essendo le uniche persone che fanno parte della loro famiglia. John, però, sta anche cercando una famiglia dove poter lasciare Michael in adozione. Se all'inizio crediamo che sia una scelta dovuta all'impossibilità di crescerlo al meglio per problemi economici, presto veniamo a scoprire che John è un malato terminale di cancro e che sta cercando una nuova famiglia a cui affidare Michael dopo la sua morte. Una lunga ricerca dettata dall'amore e scandita dal tempo che passa inesorabile spegnendo a poco a poco la fiamma vitale di John. Una ricerca non facile perché ogni famiglia interessata all'adozione sembra nascondere scheletri nell'armadio e, nonostante le apparenze, sembra più interessata a riempire un vuoto personale che a prendersi cura di un figlio. Se la trama potrebbe sembrare un po' troppo cupa e il film un po' troppo scontato, vi rassicuriamo subito: concentrandosi sul rapporto tra padre e figlio, su come passano le giornate, restando in una dimensione intima e circoscritta, il film trova il vero punto di forza risultando avvincente ed emozionante in maniera del tutto naturale.

Uberto Pasolini, uno 'Still Life' da applausi

Un piccolo grande attore

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Nowhere Special: una foto dal set

Sembra un'ovvietà ma è meglio precisarlo: il film funziona soprattutto grazie a questa coppia incredibile di attori, capaci di portare su schermo un rapporto padre-figlio totalmente naturale e realistico senza risultare pacchiano e costruito. Se James Norton nei panni di John riesce a essere credibile e capace di mostrare attraverso la pelle, gli occhi sempre più scavati, la magrezza del volto, il modo in cui cammina e si muove, il procedere della malattia, è il giovanissimo Daniel Lamont a catalizzare tutta l'attenzione. Il suo Michael è un bambino come pochi se ne vedono sullo schermo: vero, umano, con uno sguardo che lascia intuire i suoi pensieri (e bravissimo Pasolini a inquadrarlo così spesso in quel modo), credibile in ogni momento. La naturalezza con la quale si relaziona con il padre del film e via via inizia a intuire la verità dei continui incontri con altri adulti ha del miracoloso ed è la base fondante su cui l'intero film si poggia. Perché in una storia del genere, con un alto livello di dramma, i due protagonisti devono saper reggere l'intero film: lo spettatore deve essere interessato prima di tutto dalla vicenda umana, coinvolto dal punto di vista emotivo. In poche parole devono essere i personaggi a parlare e a far evolvere la storia. Clamorosamente, Nowhere Special ci riesce benissimo e in questo modo non si ha mai l'impressione che sia il tema affrontato o la scrittura decisa a tavolino ad emozionare, ma che sia l'emozione stessa a sprigionarsi dallo spettatore, catturato da questa commedia dal finale tragico.

Lo sguardo ad altezza di bambino

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Nowhere Special: il regista Umberto Pasolini

In questo contribuisce anche lo stile scelto da Uberto Pasolini che non si discosta molto dal precedente di Still Life. Allo stesso tempo inserito nel reale, ma filtrato leggermente da un velo fiabesco, come se si volesse in qualche modo rendere universale e "più digeribile" la storia raccontata, lo sguardo del regista è delicato e innocente, come quello di un bambino. Non c'è spazio per eccessivi patetismi o indagini filosofiche sul senso dell'esistenza e sulla paura della morte: Pasolini riesce a donare al film un clima più tenero e raffinato del previsto, solare nonostante il tema plumbeo, capace anche di qualche idea visiva interessante e riuscita (John, con il lavoro che fa, vede tutte le sue speranze o il presagio del suo futuro attraverso i vetri o gli specchi, a volte pure mentre li "pulisce" dalla schiuma). Questo filtro innocente è l'ingrediente segreto della riuscita di un film a cui è impossibile voler male.

Conclusioni

A conclusione della nostra recensione di Nowhere Special non riusciamo a trovare veri e propri difetti a un film che si dimostra delicato, raffinato, dolce e fiabesco nonostante il tema cupo dove l’inevitabilità della morte fa da padrona. Merito di una regia ben dosata e a tratti molto ispirata, ma soprattutto merito dei due attori protagonisti che riescono a dar vita a una coppia credibile, sincera e incredibilmente umana. Non cambierà la storia del cinema, ma è un ottimo film, di quelli che vorremmo vedere sempre più spesso, soprattutto con questa delicatezza nell’affrontare un argomento molto duro.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.2/5

Perché ci piace

  • I due attori protagonisti (il bambino in primis) danno vita a un legame su schermo meraviglioso.
  • Il tatto dolce e delicato, quasi da fiaba, per una storia tragica.
  • Non cerca il patetismo o l’esagerazione per sprigionare emozioni nello spettatore.
  • La regia capace di idee visive che riescono a raccontare molto in poche inquadrature.

Cosa non va

  • Proprio questo tono fiabesco potrebbe risultare stucchevole per qualche spettatore meno coinvolto.