Nicole Kidman, Hugh Jackman e Baz Luhrmann presentano Australia a Roma

Le tre star australiane hanno presentato nella Capitale il kolossal da 130 milioni di dollari della 20th Century Fox, un'epica avventura sentimentale - un po' western, un po' dramma e anche un po' commedia - ambientata nel continente dei canguri poco prima della Seconda Guerra Mondiale.

Cos'hanno in comune Baz Luhrmann e Nicole Kidman oltre a Moulin Rouge? L'Australia, che non è solo il loro Paese natale ma anche il titolo del nuovo blockbuster che li vede ancora una volta al fianco l'uno dell'altra in una magica e meravigliosa avventura cinematografica. Un film per sviscerare i legami con il proprio passato, per ricongiungere il corpo e lo spirito con la terra natia e con la sua storia, un film fortemente voluto dal regista che sognava sin da bambino di riuscire a portare sul grande schermo un'opera che la gente non avrebbe dimenticato facilmente, un film romantico, appassionato e avvincente come quelli che tanti anni fa suo padre proiettava nella sala cinematografica che gestiva nel piccolo villaggio del Nuovo Galles del Sud. Protagonista di Australia una splendida Nicole Kidman nei panni di un'elegante aristocratica inglese catapultata da molto, molto lontano fino nel continente australe per difendere la proprietà ereditata dal marito. A contatto con la natura magnifica dell'outback australiano, con mandrie, cavalli, possedimenti terrieri, aborigeni ed una guerra imminente quanto devastante, la donna scoprirà l'amore materno per un ragazzino mezzosangue (il film parla anche di un argomento scottante come le cosiddette 'generazioni perdute', i bambini nati da unioni di coppie miste tra caucasici e aborigeni) e quello per un uomo completamente diverso da lei, un mandriano sexy e selvaggio che l'accompagnerà nel viaggio più straordinario della sua vita. E chi se non un altro splendido australiano doc come Hugh Jackman nei panni del rude cowboy Drover?
A presentare il film nella splendida cornice dell'Ambasciata australiana, un edificio immerso nel verde del quartiere Parioli di Roma, sono arrivati il regista Baz Luhrmann affiancato da una Nicole Kidman in nero, da un elegantissimo Hugh Jackman e dalla costumista e scenografa del film Catherine Martin, nonché co-produttrice e sua consorte. Australia sarà nelle sale italiane a partire dal 16 gennaio distribuito da 20th Century Fox.

Signor Luhrmann, ci spiega il perché della scelta di usare nel film una canzone come Over the Rainbow tratta dal Mago di Oz?
Baz Luhrmann: La scelta è insita nel cuore della storia, nel personaggio di Lady Ashley (quello della Kidman ndr) e del suo percorso sentimentale e di vita. Come Dorothy, anche Lady Sarah fa un lungo viaggio in una terra lontana e piena di misteri, incontra personaggi bizzarri, si rende protagonista di un grande cambiamento, affronta tante difficoltà e numerosi ostacoli per lei fino a quel momento impensabili, fino ad arrivare a scoprire sentimenti ed emozioni che in realtà aveva sempre avuto nel cuore. E poi è una canzone che fa sognare: questa musica, insieme all'elemento umano in essa racchiuso, è l'anello di congiungimento tra la mitologia occidentale e la cultura aborigena.

Come stile e caratterizzazione dei personaggi Australia è stato soprannominato il Via col vento australiano, come vede questo paragone?
Baz Luhrmann: Ho sempre amato questo tipo di film, nei quali confluiscono generi vari come il dramma, la commedia, il western, la love-story e l'action. Erano film proprio come Via col vento, Casablanca e Ben Hur che riuscivano a riunire in una sola stanza tutta la piccola comunità in cui sono cresciuto e che ci permettevano di vivere un'esperienza collettiva di grande partecipazione, come un grande 'banchetto' cinematografico.

Da dove nascono l'idea e la voglia di fare un film così importante per l'Australia?
Baz Luhrmann: Dopo il successo di Moulin Rouge! avevo in cantiere un grandissimo progetto, quello di realizzare un kolossal come un nuovo Lawrence d'Arabia insieme a Dino De Laurentiis, che però non è mai decollato. In quel momento vivevo a Parigi e io e mia moglie abbiamo deciso di dedicarci a noi e di mettere su famiglia. Quando sono nati i miei due figli (entrambi a Sydney ndr) ho incominciato a pormi delle domande su quale fosse la loro casa, la loro vera patria, se noi stessi come genitori la conoscevamo veramente a fondo. Avere le ali è inutile se non hai delle radici ben salde ed allora abbiamo deciso di tornare a vivere in Australia per ricongiungerci con le nostre origini e fare un viaggio alla scoperta di una terra che era un mistero anche per noi che ci siamo nati.

Cosa pensa che possa insegnare a noi europei, questo film, sul suo Paese?
Baz Luhrmann: Sin dall'inizio della produzione abbiamo preso i paesaggi della nostra terra e li abbiamo usati come una tela da pittore per dipingere un continente sconosciuto, remoto, incontaminato. Partite poi dal presupposto che tutto quel che vedete nel film ha una base di verità su cui poggiare. Tutti voi siete un po' come la Lady Ashley che arriva in questi luoghi misteriosi al limite immaginario del famoso arcobaleno della canzone. Quel che mi emoziona di più come regista e come australiano è capire se il film riuscirà o meno a scatenare nel vostro cuore delle emozioni, se certi paesaggi e certe storie riusciranno a provocare in voi la stessa magia che si è creata nel cuore di questa rigida donna inglese.

Il momento più sentimentale del film è senz'altro quello in cui c'è l'incontro-scontro tra il selvaggio Drover e la romantica e sofisticata Lady Sarah. Sono questi i due aspetti principali che caratterizzano la cultura e l'interiorità del popolo australiano?
Baz Luhrmann: E' esattamente così, l'essenza dello spirito australiano come del film è esattamente questo. In noi convivono speranza, amore e tradizione, ma anche una travolgente voglia di libertà che ci rende unici.

C'è qualcosa che i due attori protagonisti hanno scoperto a proposito del loro Paese d'origine e che prima di lavorare al film non sapevano?
Nicole Kidman: Ho scoperto moltissime cose che ignoravo sulla cultura della popolazione aborigena, sulle famose generazioni rubate. Grazie anche al rapporto con il bambino del film (Brandon Walters, al suo esordio cinematografico ndr), che è originario di quei luoghi, ho scoperto tradizioni e riti tramandati di generazione in generazione. Senza contare che sapevo poco e niente della guerra e delle sue ripercussioni sulla storia dell'Australia e in particolare su quella della città di Darwin.
Hugh Jackman: Della storia dei bambini mezzosangue che venivano sradicati dalle loro famiglie dai bianchi australiani e affidati a comunità di 'recupero' governative non ho saputo niente fino a che non ho messo piede all'università. E' stata questa stupenda esperienza vissuta in loco a contatto con persone e luoghi incantevoli a farmi aprire gli occhi su certe realtà del passato. Realizzando questo film, Baz ha fatto una cosa importantissima sia per noi che per le popolazioni aborigene: ha trasformato la Storia in un romanzo pieno di sentimenti capace di toccare il cuore e diffondere un messaggio universale.

Cos'ha significato per Hugh Jackman recitare in un film così fortemente ancorato alla storia antica?
Hugh Jackman: Sono sempre stato un appassionato di storia antica. Ricordo quando a 18 anni arrivai per la prima volta a Roma, era il 1986 e sono quasi svenuto dall'emozione. Tornare qui ieri è stato per me straordinario perché in questi luoghi si ha il senso del passato, qui ogni cosa antica viene restaurata e vissuta, vibra nuovamente anche a distanza di migliaia di anni. Girare in Australia in quei luoghi desertici così remoti è stato un po' come girare nel centro storico di Roma, un'immersione in un'altra dimensione, più o meno come girare sulla Luna o su Marte.

Come ha lavorato Nicole Kidman per riuscire a rendere al meglio nei panni e negli atteggiamenti di questa sofisticata e severa donna inglese?
Nicole Kidman: Il bello di lavorare con Baz e Catherine è che attraverso scenografie, costumi, inquadrature e situazioni riescono a ricostruire intorno all'attore un mondo in cui è facilissimo entrare e sentirsi a proprio agio. E' tutto questo che ci aiuta a veicolare i personaggi che interpretiamo verso il pubblico, a far trasparire il loro carattere. Poi curare nei dettagli il modo di parlare, di muoversi e di camminare sono esercizi che spettano a noi. Tutto, ogni singola smorfia, ogni singola parola o sguardo è studiato e ponderato sin nei minimi dettagli, è così che sono riuscita a trasformare la mia Lady Sarah da perfetta damigella tutta d'un pezzo in un ragazzaccio dalla mente molto aperta.

Il grande merito del film è che riesce a parlare di cose orribili come la guerra e le 'generazioni rubate' che con un tono quasi favolistico e non polemico. Una scelta di stile o più diplomatica?
Baz Luhrmann: E' questo che speravo di trasmettere quando ho deciso di realizzare Australia. Quello delle 'generazioni rubate' è un capitolo oscuro della nostra Storia, che per secoli è rimasto nell'ombra in agguato. Immaginate per esempio il neoeletto presidente Obama: se fosse nato a quei tempi in Australia sarebbe stato strappato alla madre e portato chissà dove, gli avrebbero raccontato che i suoi genitori erano morti e gli avrebbero anche cambiato nome. Sappiamo bene gli enormi danni creati dalla eugenetica (che con l'eliminazione dei mezzosangue tendeva al perfezionamento della razza, che sia bianca o nera) in Europa e poi in Australia. Da qualsiasi angolazione si guardi, la cosa ha avuto effetti devastanti sulle culture degli indigeni. Sono stati fatti molti film al riguardo, opere però troppo piccole per arrivare laddove il mio film vuole arrivare; qui non si punta l'indice contro nessuno, ci sono buoni e cattivi da ambo le parti.

Com'è stato accolto il film in Australia?
Baz Luhrmann: La critica lo ha accolto tiepidamente, mentre negli Usa è andata molto meglio, ho anche ricevuto la prima critica positiva del New York Times, un traguardo! Ma il premio più importante l'abbiamo ottenuto quando il Primo Ministro australiano ha portato alcuni anziani rappresentanti della comunità aborigena in Parlamento. Quel giorno tutto il Paese si è fermato e la politica ha chiesto umilmente scusa. Speriamo che gli incassi ci permettano di recuperare almeno il budget speso, ma per me questo risultato morale è già più che sufficiente per essere felice.